Leggi la recensione del quarto episodio di ZeroZeroZero, in onda ogni venerdì alle 21.15 su Sky Atlantic. - ZeroZeroZero, scopri tutto nello speciale sulla serie
ZeroZeroZero, episodio 4: il recap
Un nuovo ordine
Il quarto episodio di ZeroZeroZero si apre in un quartiere povero e decisamente disagiato di Monterrey, con una scena che non può non ricordare almeno in parte Gomorra. Ci riferiamo ovviamente all’arrivo di quel camion carico di sabbia che, in realtà, nasconde svariati zaini pieni di cocaina. A recuperare il primo di questi è un ragazzino, che “lavora” per il (tamarrissimo) boss del quartiere. Segue la consueta e immancabile scena del taglio della roba – operazione effettuata da alcune ragazze, perché evidentemente, come mostratoci anche nel primissimo episodio della serie, a maneggiare e a impacchettare la merce sono le donne –, e poi via, è tutto pronto per la vendita al dettaglio.
Peccato che le cose stiano per cambiare, e in maniera decisamente radicale. Il ragazzino di cui sopra, infatti, la sera, mentre è per strada, si accorge di essere seguito. Ma da chi? Da un gruppo di persone armate. Il gruppo di (ex) soldati capitanati da Manuel. E’ tempo di mandare un messaggio ai piccoli spacciatori della città, un messaggio inequivocabile: se non collaborerete con “l’Impresa” vi sfonderemo la gabbia toracica con un maglio. Più chiaro di così si muore, e infatti il tamarrissimo boss del quartiere citato poco prima ci lascia le penne. Il video della sua esecuzione verrà caricato online, così il messaggio arriverà a tutti i diretti interessati: chi non obbedirà alle nuove regole farà quella fine. Che poi, in fondo, loro sono i buoni: vogliono la pace e vogliono un lavoro equamente retribuito per tutti. Non hanno fatto altro che sacrificare un’anima per salvarne molte altre. E’ Dio che lo vuole?
Dopo una breve scena con i Leyra, a quanto pare soddisfatti di questa nuova e proficua collaborazione, il personaggio di Torres si reca a casa della moglie del suo sottoposto ucciso e fatto passare per spia. Lei ovviamente è distrutta dal dolore, non può e non vuole credere a quanto le è stato detto. Manuel estrae dal giubbotto una busta di carta che contiene del denaro che, evidentemente, non è frutto di una colletta, ma tant’è. La ragazza è spiazzata: il suo “cucciolo” non si sarebbe mai messo in combutta con i narcos. Quei soldi, comunque, le servono, ora più che mai, dunque sono ben accetti.
E' sufficiente a placare il senso di colpa di Manuel, ammesso e non concesso che il soldato di Dio si senta colpevole per quanto fatto? In fondo lui è solo uno strumento del Signore, come ben ricorda l’infoiato predicatore che rivediamo in questo episodio. Ma basta tutto questo a giustificare certe atrocità commesse in teoria in nome di un ipotetico “bene più grande”?
Non so di cosa stai parlando
La seconda parte di questo quarto capitolo, decisamente più corposa della prima, è interamente dedicata ai fratelli Lynwood e alle loro tribolazioni. Apriamo con Chris, rimasto tutto solo a bordo della Miranda, in avaria dopo il sabotaggio messo in atto dal capitano, corrotto da Stefano La Piana. Eppure non tutto sembra perduto. Ci sono delle luci all’orizzonte, dunque c’è una nave! Chris non perde tempo, carica la pistola con un razzo e spara. Viene recuperato da un rimorchiatore e portato fino al porto di Dakar, in Senegal. Appena sbarcato, è interrogato da alcuni ufficiali, che però non sembrano credere alla sua storia: a quanto pare, infatti, non è stata ricevuta nessuna richiesta di soccorso da nessun equipaggio naufragato. Strano, molto strano. Ovviamente ci sarà bisogno di fare delle indagini per capire cos’è successo, dunque per adesso di ripartire non se ne parla proprio.
Con la Miranda bloccata in porto e con i container scaricati, al personaggio di DeHaan non resta altro da fare se non chiamare sua sorella e aspettare il suo arrivo. Intanto, però, gli spasmi si sono fatti sempre più frequenti. Chris prova a farsi dare le agognate medicine in una farmacia, ma il farmacista non può vendergli niente senza ricetta. Allora, preoccupato, accetta l’aiuto di un tizio del luogo, che lo porta dal boss del quartiere, un certo Mongo, che gli vende dell’erba e un boccettino con dentro un liquido verde. Basterà a tenere a bada i sintomi della malattia, o è solo un placebo?
L’arrivo di Emma – che nel frattempo si è già messa in contatto con Omar, il miglior mediatore del Paese – è una boccata d’ossigeno, ma l’entusiasmo dura poco: il responsabile della sicurezza del porto, infatti, accetta la corposa mazzetta che gli viene offerta, ma si rifiuta di dare il permesso ai Lynwood di rimettersi in viaggio con il loro carico. La sera, sulle sedie a sdraio di fronte alla piscina dell’hotel, la nostalgia ha, anche se per poco, il sopravvento: “Papà saprebbe cosa fare,” dice Emma, mentre Chris confessa che sta iniziando a dimenticare il suono della sua voce. Lei gli racconta un aneddoto sulla madre – racconto che fa chiaramente trasparire un discreto grado di rabbia e di rancore repressi, ma d’altronde parliamo di una bambina che evidentemente ha sofferto per la mancanza di un rapporto vero con la donna che l’ha messa al mondo e per il fatto aver dovuto crescere troppo in fretta per diventare la vice e la complice di un padre ingiustamente idolatrato –, e lui, dopo un momento di silenzio, le dice che non si fida di Omar. Emma, però, è perentoria: “Vai a dormire, ci penso io.”
E infatti il giorno dopo Emma si reca insieme a Omar al porto. Chris non c’è, è rimasto in hotel per riposare, o quantomeno questo è quello che le dice. Questa volta a chiedersi il perché di tutta quell’urgenza per far ripartire un carico di peperoncini piccanti è un alto ufficiale militare. Ufficiale che, tra l’altro, chiede, pretende e ottiene come pegno la stessa Miranda, che da quel momento appartiene al Senegal. Omar prova a far ragionare il Generale, ma in tutta risposta gli viene comunicato che la mattina del giorno seguente verrà effettuato un controllo del carico. Si mette male. Durante la notte, poi, succede qualcosa di strano: Emma viene svegliata all’improvviso da Chris, che le dice che devono andarsene immediatamente, perché sta arrivando la polizia. Ma cosa sta succedendo?
Come già successo nei precedenti episodi, ZeroZeroZero ci spiazza, e con un sapiente utilizzo del flashback ci riporta indietro, precisamente al giorno prima. Scopriamo così che Chris, diffidente nei confronti di Omar, non è andato al porto insieme a sua sorella perché in realtà si è incontrato con Mongo, al quale ha chiesto aiuto per recuperare la merce. E infatti il boss locale, che ha molti amici sparsi per la città, effettivamente, anche se non senza qualche difficoltà, riesce a mettere le mani sulle latte di peperoncino che stanno facendo dannare i Lynwood e a lasciarsi alle spalle le forze dell’ordine. Però non c’è tempo da perdere: bisogna che Emma e Chris lascino Dakar quanto prima.
Ci ricolleghiamo così al momento in cui il personaggio di Riseborough viene rumorosamente svegliato da quello di DeHaan. Emma riempie un borsone in fretta e furia e lascia l’hotel insieme al fratello. Vuole sapere cosa diavolo sta succedendo, e lui, una volta arrivati nel covo di Mongo, le spiega tutto. Ovviamente lei, è furiosa, e non solo per il fatto che Chris ha fatto ciò che ha fatto tenendola all’oscuro di tutto, ma anche perché Mongo come pagamento ha chiesto che gli venisse regalata certa quantità di roba. La lite è inevitabile, e volano parole pesanti. “Sai cos’ha detto papà prima di morire? Di tenerti fuori dai nostri affari!” sputa in faccia Emma al fratello, e Chris, offeso e amareggiato, reagisce nel peggiore dei modi: con uno schiaffo.
L’arrivo di Omar, che nel frattempo è stato avvisato di quanto successo, costringe i due Lynwood a mettere temporaneamente da parte le ostilità: devono partire. Attraverso il Mali fino a Casablanca, dove Emma ha un contatto, e poi su una nave fino a Gioia Tauro. In auto, durante il tragitto che li porterà a ricongiungersi ai camion dove sono state stipate le preziose “latte con sorpresa”, Emma chiede al fratello quando sono iniziati gli spasmi. Lui prima la ignora, ma lei non demorde, e alla fine la risposta è secca e definitiva: “Non so di cosa stai parlando.”
ZeroZeroZero, episodio 4: la recensione
Il quarto episodio di ZeroZeroZero schiaccia l’acceleratore e fa fare alla storia un bel salto in avanti: da una parte, infatti, la violenta missione di Manuel e compagni – l'inseguimento tra le viuzze più povere di Monterrey e la brutale esecuzione dello spacciatore –, poi tutta la parte ambientata a Dakar, in un crescendo di tensione che termina con un bel litigio tra i fratelli Lynwood, ora ufficialmente ricercati. Sì, insomma: da qui non si torna più indietro.
E’ sempre prepotentemente in primo piano una delle tematiche centrali della serie: la famiglia. Quella di sangue in senso letterale (la famiglia biologica, di origine e di discendenza) e quella di sangue in senso metaforico (la famiglia “scelta,” composta da persone di diversa provenienza ma che si sono trovate a condividere certe situazioni-limite): nella prima categoria rientrano i La Piana e i Lynwood, nella seconda la squadra di Manuel.
A tal proposito, è interessante notare come sia solo la famiglia scelta a non litigare. Quella biologica, infatti, sembra non poter fare a meno di affogare in un calderone di risentimento, rancore, frustrazione e insoddisfazione. I La Piana sono praticamente in guerra (è evidente che Stefano ha intenzione di togliere di mezzo suo nonno, e non solo per regnare sul suo impero, ma anche, soprattutto, per vendicare l’omicidio del padre); i due Leyra tutto sommato vanno d’accordo, ma se non ci fosse Enrique a tenere a bada quella testa calda di Jacinto sarebbero già morti entrambi; i due Lynwood, rimasti soli, sono obbligati ad affrontare tutto ciò che finora era rimasto nascosto sotto la superficie poiché sotto il controllo di un padre decisamente padrone, se non all’apparenza sicuramente nella sostanza.
Del rapporto tra Stefano e Don Minu abbiamo già parlato in riferimento al terzo episodio, mentre qui spendiamo qualche parola in più relativamente al cambio di dinamica tra Chris e Emma – con lui che, volutamente, decide di agire alle spalle di lei –, che è molto interessante perché presuppone un conflitto che, semmai sarà appianato, richiederà parecchio lavoro da entrambe le parti. E il tempo, però, è proprio ciò che manca ai fratelli Lynwood in questo momento.
Infine un appunto riguardo Emma, la scena in cui racconta a Chris un ricordo della sua gioventù relativo ai genitori. Per il personaggio di DeHaan la perdita della madre è stata sicuramente fonte di sofferenza, ma è il personaggio di Riseborough che ha dovuto veramente fare i conti con le conseguenze di quella tragedia personale: è toccato a Emma diventare la confidente e la vice operativa del padre, ruolo di cui molto probabilmente avrebbe fatto a meno.
Chris, intanto, sente fortissimo il ticchettio delle lancette: gli spasmi aumentano, e ciò significa che la malattia sta facendo dei passi in avanti. Il suo unico desiderio è essere all’altezza del suo cognome e portare a termine quel compito che, così pensa, gli è stato affidato dal padre prima di morire, ed è per questo motivo che la rivelazione di Emma fa così male. Riusciranno i fratelli Lynwood a mettere da parte il dolore e le incomprensioni e a fare squadra in un momento così delicato? Possono ancora fidarsi l’una dell’altro?