Watchmen, la recensione del sesto episodio della serie tv

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Paolo Nizza

Grazie al farmaco chiamato Nostalgia, Angela Abar (Regina King) scopre finalmente l'identità di suo nonno Wll. Ma la sesta puntata di Watchmen è soprattutto un suggestivo viaggio nel passato, tra il Ku Klux Klan e i Minutemen: leggi la recensione.

Giustizia Mascherata, Giustizia rivelata

“Nessuno può darti la libertà. Nessuno può darti l'uguaglianza o la giustizia o qualsiasi altra cosa. Se sei un uomo, te le prendi”, così diceva Malcolm X. E le parole del leader nero sono la chiave per entrare nel mondo rappresentato nel sesto episodio della serie Watchmen. Diretta da Stephen Williams e scritta da Damon Lindelof e Cord Jefferson, è un viaggio nel passato della storia americana. Un trip raccontato attraverso la visione di Angela. Come abbiamo visto nel quinto episodio, Sister Night ha ingerito un intero flacone di un farmaco chiamato Nostalgia e prodotto dall’azienda farmaceutica di Lady Trieu. Grazie al medicinale, la donna può rivivere i ricordi di suo nonno Will. Scopriamo quindi chi è davvero quel vecchio signore sulla sedia a rotelle interpretato da  Lou Gosset Jr.

Ma prima di tuffarci alla ricerca del Tempo perduto, il sesto episodio ci offre un altro spezzone di American Hero Story. Questa volta lo show ci mostra Giustizia Mascherata alle prese con due agenti federali. Come sanno bene i lettori della saga a fumetti creata da Alan Moore, Hidden Justice è stato il fondatore dei Minutemen ed è l’unico vigilante di cui non si è mai scoperta l’identità. Tra una battuta sul capo del FBI Edgar Hoower e i riferimenti all’omosessualità del vigilante, ancora una volta il programma televisivo si rivela un concentrato di bugie, una porcheria, per usare un termine caro all’agente Dale Petey.

Niente di quello che ci ha mostrato "America Hero Story". Come diceva Wim Wenders: “lIl mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero.” Cosi, avvolti in una nostalgica e suggestiva fotografia black and white veniamo trasportati nella New York del 1938. Il giovane William Reeves (interpretato da Jovan Adepo) è un cadetto della polizia. Si sa, l’uniforme che un uomo indossa lo cambia, e la speranza è che lo cambi in meglio. Ma non è facile per un nero vestire i panni del tutore della legge. Non a caso l’episodio ci mostra un cameo di Samuel J. Battle, il primo ufficiale di polizia afroamericano assunto nel distretto di New York City. Ma per il futuro nonno di Angela, la strada non sarà costellata di stelle e successi.

Nonostante una moglie innamorata (interpretata da Danielle Deadwyler) e un figlio adorabile, Will deve fare i conti il razzismo dei suoi colleghi poliziotti e con il Ku Klux Klan. I suprematisti bianchi, infatti, attraverso un piano denominato Ciclope cercano di ipnotizzare i neri, per metterli uno contro l’altro. Reeves capisce quindi che deve trasformarsi in un vigilante mascherato e farsi giustizia da solo. Nasce così Hidden Justice, il primo Watchmen con quel cappuccio e quel cappio al collo, originati proprio dall’immaginario razzista del Klan. Ma questo sesto episodio ci svela anche il primo incontro fra Giustizia mascherata e Capitan Metropolis, ovvero Nelson Garner. Assistiamo quindi alla nascita dei Minutemen e all’inizio della storia d’amore tra Will e Nelson. Ma si tratta di una relazione che deve rimanere segreta, al pari dell’identità di Will. Infatti, non tutti gli altri componenti dei Minutemen accetterebbero di combattere insieme a un supereroe nero. Insomma, ancora una volta è la maschera a vincere sul volto.

Smoke Gets In Your Eyes

Il fumo negli occhi, cantato da Eartha kitt, è la canzone che ci introduce a questa puntata in cui niente è come sembra. Nelle edicole esce il primo numero della serie a fumetti Action Comic dedicato a Superman, ma la realtà è più cruda e miserabile della finzione. Il potere evocativo del cinema si trasforma in uno strumento di morte. Attraverso il proiettore della sala cinematografica, il Ku Klux Klan ipnotizza gli spettatori afroamericani per costringerli a uccidersi tra di loro. Sicché suona ancora più beffardo che il film proiettato sia Sogni Proibiti, una commedia del 1947 con Danny Kaye. La metafora usata in questo episodio di Watchmen ancora una volta fa tornare alla mente una frase di Malcolm X: "Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono.” 

E così l’epopea dello sceriffo nero Bass Reeves si infrange contro il muro del pregiudizio. Non è più possibile confidare nella legge. C’è spazio solo per la rabbia, per la giustizia sommaria. E come in ogni contrappasso che si rispetti William Reeves, grazie proprio al mesmerismo, giustizierà Judd Crawford. Il ciclope viene punito con la sua stessa arma. E quando Angela si sveglierà dal viaggio al suo fianco troverà Lady Trieu, mentre i Witch, il gruppo più popolare dello Zambia, cantano Living in The Past. Il passato, si sa, a volte si ripete.

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