Il caso Asunta, trama, cast e trailer della nuova serie Netflix tratta da una storia vera

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Dal 26 aprile è disponibile su Netflix la miniserie che racconta la storia di Asunta, la dodicenne di origini cinesi uccisa nel 2013 dai genitori adottivi. Nel cast, diretto da Jacobo Martínez, presenti María León, Candela Peña, Tristán Ulloa e Javier Gutiérrez

C’è un inquietante caso di cronaca dietro la nuova miniserie Netflix Il caso Asunta, disponibile sulla piattaforma di streaming dal 26 aprile scorso. Si tratta della storia di Asunta, la dodicenne uccisa nel 2013 dai genitori adottivi. A volerla raccontare, il regista Jacobo Martínez, che dirige María León, Candela Peña, Tristán Ulloa, e Javier Gutiérrez. La serie, prodotta da Bambù Produzioni, è stata presentata in anteprima il 25 aprile presso il Centro Culturale Conde Duque di Madrid. 

La storia di Asunta

Le immagini del trailer – che sono state pubblicate sul canale YouTube di Netflix e che potete vedere in alto su questa pagina – anticipano la storia di Rosaria Poto e Alfonso Basterra, che furono condannati a diciotto anni per l’omicidio, compiuto nel 2013, di Asunta, la figlia adottiva di dodici anni di origini cinesi. La nuova miniserie segue le indagini della polizia spagnola, alla ricerca di indizi convincenti per scoprire la verità sul caso di Asunta, trovata morta in un bosco vicino casa dopo che i genitori ne avevano denunciato la scomparsa il giorno prima. 

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Ramón Campos: “Non mi interessa il crimine fine a se stesso”

In un’intervista a Vanity Fair Spagna, Ramón Campos, sceneggiatore di Asunta, ha raccontato cosa lo aveva colpito maggiormente del caso di cronaca: “Non mi interessa il crimine fine a se stesso. I crimini mi interessano solo quando possiamo parlare di qualcosa che riguarda la società, quando ci aiutano a riflettere -ha affermato Campos- sono di Noia, una cittadina a 34 chilometri da Santiago de Compostela. Per quattro anni ho studiato nella capitale e ho vissuto accanto ad Asunta. Il mio primo pensiero è stato: come è potuto succedere? Pochi giorni dopo, mia sorella, che è psicopedagogista a Muros, vicino a Noia, è stata avvicinata da un bambino durante la ricreazione per chiederle se i suoi genitori potevano ucciderlo. Mi ha colpito il bombardamento mediatico sui genitori che avevano ucciso la figlia e come ciò abbia influenzato una generazione di ragazzi della Galizia”.

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