Succession 4, elogi funebri e proteste pubbliche. La recensione dell’episodio 9
La penultima puntata della serie HBO (disponibile su Sky) mette in scena il funerale del patriarca Logan, mentre in tutto il Paese crescono le contestazioni nei confronti del risultato elettorale e dell’ATN, il network di proprietà della Waystar Royco. Tra lacrime, speranze, rimpianti, accuse, rimorsi, voltafaccia, un capolavoro di scrittura e di regia impreziosito da performance attoriali meritevoli di un Emmy. ATTENZIONE SPOILER
Si sa: “Più che per i morti, i funerali si celebrano per i vivi”. Sicché il nono episodio della quarta stagione di Succession (disponibile su Sky) non celebra tanto la dipartita di un Titano (avvenuta nella incommensurabile terza puntata), ma le reazioni irose, preoccupate, disperate, feroci di quelli che sono ancora vivi. Il re è morto, viva il re. Ma i pretendenti al trono risultano così terribilmente inadeguati, per citare Macbeth: “Gli attributi stessi del comando sembrano sventolargli addosso come il mantello di un gigante su un nano che l'abbia rubato”. Tuttavia, la grandezza della fiction griffata HBO e creata da Jessie Armstrong è la capacità di raccontare tutte le sfumature dell’essere umano, senza giudizi, né tanto meno pregiudizi. E in questa puntata lunga quasi quanto un film (la durata è di un’ora e quattordici minuti), la serie ci offre un affresco inimitabile di come ogni famiglia sia infelice a modo proprio (Anna Karenina docet).
Requiem for a Dream
Si esce dall’impianto teatrale delle precedenti puntate, per questo 38.mo e penultimo episodio di Succession. Ma ai protagonisti manca l’aria comunque. Per le strade si respira l’odore acro dei lacrimogeni. L’irritazione dei sostenitori di Daniel Jimenez si è trasfigurata in rabbia. I Manifestanti assediano la sede del ATN a Manhattan. La contestazione nei confronti del network di proprietà della Waystar e del presidente Jeryd Mencken è alle stelle, che però non si limitano a guardare, New York val bene una messa. Tutto è pronto per celebrare nella chiesa cattolica di Sant'Ignazio di Loyola il rito funebre per Logan Roy. Gli unici a non essere pronti sono i suoi figli, Ken, Roman e Shiv. Come già avvenuto per l’episodio Le Nozze di Connor. Il regista inglese Mark Lylod ha girato con quattro telecamere contemporaneamente per ottimizzare le riprese, visto i tempi limitati e la presenza di 600 comparse. Il risultato è un estremo saluto che si trasforma in un’epifania di pianti e rimpianti, accordi e disaccordi. E‘ l’espediente, spesso abusato di staccare sui volti dei presenti per evidenziare gli effetti di un discorso (in questo caso di un’orazione funebre, si rivela più efficace del Napalm al mattino. Ma rispetto ad Apocalypse Now, non si sente nessun odore di vittoria. Perché hanno perso tutti. E in questa ora abbondante di altissima televisione, in originale intitolato Church and State (Chiesa e Stato) le orazioni dei tre fratelli si trasfigurano in requiem dolente e disperato.
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Fratello, dove sei?
Il primo a ricordare Logan è suo fratello Ewan (James Cromwell), il nonno di Greg parla, nonostante il suo intervento non fosse previsto. E sono parole di fuoco. Ricorda la fuga dalla Scozia e dalla Seconda guerra mondiale e soprattutto il senso di colpa per la morte della sorellina di cui Logan si sentiva responsabile perché convinto di averle trasmesso la poliomielite. Insomma, anche il re ha perso qualche volta. E forse per questo vedeva il mondo come un coacervo di meschinità, percependosi egli stesso meschino. Un ritratto al vetriolo di un uomo che ha oscurato il cielo con le sue manovre. Eppure, il fratello, nel bene e nel male augura buon viaggio al defunto. E non sapremo mai se la terra gli sarà lieve.
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Kendall: Non per soldi, ma per denaro
La giornata non sorride a Kendall Roy (Jeremy Strong). L’ex moglie Rava atterrita dai disordini che hanno messo a soqquadro la città vuole scappare altrove portandosi i figlioli e non intende partecipare alla cerimonia funebre. Come se non bastasse Jess, la sua assistente ha deciso di mollarlo per cercarsi un nuovo lavoro. La notizia che forse Mencken potrebbe avvallare l’acquisizione della Waystar da parte di GoJo nel caso venga scelto un amministratore americano al vertice della società è la goccia di veleno che fa traboccare il vaso. Tuttavia, Ken riesce con inusitata abilità oratoria ad evidenziare quali erano i punti di forza. Una descrizione minuziosa e quasi entomologica del mondo in cui viviamo e che desideriamo. Ecco uno stralcio del suo discorso. “Mio padre era un bruto. Era duro. Ma costruiva agiva (..). Guardate le cose cha ha realizzato. E poi i soldi, la linfa Vitale, l’ossigeno di questa magnifica civiltà che abbiamo costruito dal fango. I soldi, i corpuscoli di vita che inondano tutta questa nazione, tutto questo mondo, riempiendo uomini e donne ovunque di desiderio, stimolando l’ambizione di possedere e produrre e commerciare e guadagnare“. Non a caso successivamente, chiede al fido Hugo di diffondere notizie atte a screditare l’accordo con GoJo, e chiedendo al dirigente di essere il suo cane in cambio di briciole che però valgono milioni di dollari. E Hugo, prima cita Star Wars (“Sono io il droide che stai cercando”) e poi risponde con un verso canino. Insomma, Homo Homini Lupus perché la vita non è gentile, è imprevedibile.
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Shiv, la (s)fortuna di essere donna
Shiv in automobile rivela ai due fratelli di essere incinta. Ken si mostra sorpreso, Roman si lascia andare alle consuete battute sessuali inappropriate. E la maternità potrebbe risultare un ostacolo pure per il ruolo di SEO, che tanto agogna. Ma la rossa, sa di essere una donna in un mondo in cui il potere lo hanno gli uomini. Sicché è pronta a prendersi un congedo di maternità di sole 36 ore e di far crescere il figlio alle tate. E’ disposta pure ad allearsi con il presidente fascista perché l’ambizione conta più di ogni cosa. Si sa i principi sono come le posate d’argento, non tutti se li possono permettere. Però quando si tratta di ricordare il padre la commozione risulta autentica. E le poche volte che il genitore li accoglieva il sole splendeva e tutto era caldo e pieno di luce. Certo anche Siobhan non lesina le battute. Di fronte all’imponente tomba di famiglia acquistata dal padre da un commerciante di cibo per gatti, esclama “Il gattofilo Ozymandias” e aggiunge che quel mausoleo sarebbe piaciuto a Stalin o a Liberace.
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Le lacrime amare di Roman Roy
La nona puntata di Succession si apre e si chiude su Roman (un Kieran Culkin stratosferico). Gagliardo e insolente nell’incipit Romolus azzarda camicia a maniche lunghe, cravatta e prova il discorso funebre allo specchio. Si immagina identico al padre, sbertuccia Kendall per le sue paure e urla al mondo intero quanto gli piaccia la discordia. In chiesa si lancia in pesanti apprezzamenti sul Marcia, ma ancora lo scarto esponenziale tra quello che Roman e quello che vorrebbe essere risulta fatale. Sul palco con l’orazione scritta su foglietti rosa, il ragazzo mostra tutta la sua fragilità. Piange come un bambino e con la voce dell’infanzia prega che il padre esca dalla tomba. In quel momento i fratelli sono per qualche istante, sulla stessa barca. Forse per la prima volta il dolore li ha uniti. Ma l’elaborazione del lutto cede presto il passo alla lotta per la successione. Roman si ritrova solo. Un volto nella folla. Cerca, come un folle, lo scontro tra i manifestanti in strada. Li provoca, li insulta, in un vortice di cupio dissolvi a cui è impossibile restare indifferenti. Manca soltanto una puntata alla fine della saga della famiglia Roy e già ne abbiamo nostalgia.