Leggi la recensione degli ultimi due episodi della terza stagione di Babylon Berlin (le tre stagioni complete della serie sono disponibili On Demand e in streaming su NOW TV). - OVVIAMENTE CI SONO SPOILER PER CHI NON HA ANCORA VISTO GLI EPISODI
Babylon Berlin 3, cos'è successo nell'episodio 11
Il decimo episodio di Babylon Berlin 3 ci aveva lasciato con la rivelazione della colpevolezza di Ullrich, e l’undicesimo si apre proprio con un flashback che ci mostra come il responsabile della scientifica è riuscito a mettere in atto il suo piano. Con un ricatto ben piazzato, Ullrich costringe Gosztony – una vecchia conoscenza dell’Armeno, decisamente non un amico, se ricordate bene… – e suo fratello a continuare a uccidere, con un’indicazione ben precisa: utilizzare sempre il solito travestimento. Da “semplice” sabotaggio che ha come movente la vendetta a inchiesta per omicidio plurimo, il passo è stato molto breve.
Tornati al presente, è sempre lo stesso Ullrich a rivelare la presenza delle impronte di Weintraub sull’arma del delitto: il caso è chiuso. Charlotte, però, non ha dubbi: il Fantasma Nero indossava i guanti. Il decisamente poco piacevole responsabile della scientifica dice che in effetti le impronte erano parziali e che dietro quella ricostruzione c’è molto lavoro, ma la discussione viene bruscamente interrotta dall’arrivo di Ilse e di suo marito, furibondo con Charlotte: sua moglie dall’occhio operato è diventata cieca, e l’altro continua a lacrimare. Una bella rogna di quei tempi, constata il “sensibilissimo” consorte.
Intanto, la vedova Benda consegna a Wendt il diario personale del marito…diario che contiene una rivelazione di non poco conto: fu lo stesso Zorgiebel a ordinare alla polizia di sparare sui manifestanti quel maledetto primo maggio. Ironia della sorte, la donna non sa di aver appena fatto un gran favore al mandante dell’assassinio di suo marito. Ovviamente il colonnello nero non esita a usare questo asso nella manica per convincere il prefetto a dimettersi, con l’obiettivo di prenderne il posto. Mors tua, vita mea.
A proposito di morte: Nyssen, dopo l’aspro scontro con sua madre, ed evidentemente in fase depressiva, decide di togliersi la vita, così lascia una lettera d’addio molto poetica a Helga. Lei capisce subito cosa sta succedendo, ed è proprio il suo tempestivo e deciso intervento a evitare la tragedia. Alfred alla fine si dichiara: il peggior incubo di Gereon è diventato ufficialmente realtà. Mentre Katelbach è ai fornelli a casa Rath, MaLu Seegers consegna alla Signora Behnke un rullino fotografico (un oggetto ormai mitologico!!): ecco le prove del riarmo del Paese, riarmo che proprio suo padre sta organizzando.
Dopo aver ricevuto questo regalo inaspettato, Gereon chiama Graf: non c’è tempo da perdere. I due si incontrano in ufficio. Nel frattempo, Ullrich ha attaccato l’assistente di polizia Ritter – colpevole di essersi accorta che le impronte di Weintraub sull’arma del delitto sono, per dirla con un termine molto usato in questi ultimi anni, un fake – e le ha fatto un’iniezione di insulina per togliersela per sempre di torno senza correre il rischio di essere scoperto. Sfortunatamente, il povero Weishaupt torna in ufficio per fare qualche ora extra…e diventa un testimone scomodo. All’ormai fuori controllo responsabile della scientifica non resta altro da fare che piantargli un coltello nel collo, e bye bye caro giovane e promettente collega. Ullrich viene però scoperto da Gereon, alla ricerca di Charlotte. I due si scontrano, Rath spara, ma alla fine anche lui riceve una dose di insulina potenzialmente letale. Si salva grazie ad alcune zollette di zucchero (alle volte la fortuna serve veramente più dell’esperienza) e, non senza fatica, si rimette in piedi.
Nel frattempo, il killer di Weishaupt ha portato Gennat, risvegliato dal quell’insolito frastuono, in auditorium, l’ha fatto salire, letteralmente, in cattedra (su uno sgabello legato alla sua vita, per la precisione), l’ha imbavagliato e gli ha messo una corda al collo. In pieno delirio – è convinto di trovarsi di fronte a una platea composta da giornalisti –, spiega quanto accaduto: dopo l’omicidio di Betty Winter ha manipolato ogni cosa proprio per provare la superiorità della scienza forense rispetto alle indagini portate avanti col metodo classico. Sì, insomma: dopo essere stato sminuito da Gennat, ecco finalmente la sua rivalsa.
Mentre Ullrich tiene la sua conferenza stampa immaginaria, Gereon trova Charlotte, ormai più di là che di qua, e poi, grazie all’aiuto di Graf e di alcuni agenti, riesce a mandare all’aria il folle piano del responsabile della scientifica e a salvare la vita al suo capo. Il caso è chiuso, questa volta per davvero.
Babylon Berlin, tra realtà e finzione: i fatti storici nella serie tv
Babylon Berlin 3, cos'è successo nell'episodio 12
Chiuso il caso Betty Winter, dunque chiusa la cosiddetta trama verticale di stagione, l’ultimo episodio di Babylon Berlin 3 si concentra sulla trama orizzontale, cioè sull’ascesa del nazismo, incarnato dalla figura di Wendt, e sulla ricaduta nell’abisso di Gereon. Ma andiamo con ordine. Il finale di questa S03 si apre con il colonnello nero a colloquio con Stresemann, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Weimar. Il politico prova a portare Wendt dalla sua parte offrendogli la carica di prefetto, ma Wendt ribatte di non essere in vendita. Mentre sta per andarsene, Stresemann ha un infarto: si sarebbe potuto salvare…se solo “qualcuno” avesse chiamato i soccorsi in tempo…fuori un altro.
Nel frattempo, la polizia va ad arrestare i fratelli Gosztony, ma Bela, il maggiore, riesce a scappare. Per lui sarà caccia all’uomo, ma a Sandor “il senza lingua” andrà anche peggio: morirà in un agguato organizzato dall’Armeno e dal suo socio. Ovviamente per Gennat è un bel problema: è chiaro che tra gli agenti c’è qualcuno in combutta con il crimine organizzato, ed è chiaro che sta per avere inizio una guerra per il potere.
Mentre Litten trova il modo di rimandare l’esecuzione di Greta – per regio decreto del 1918 non si possono portare avanti esecuzioni durante giornate di commemorazione ufficiale, e proprio quel giorno, il 3 ottobre del 1929, c’è il funerale di Stresemann –, Esther convince suo marito e il suo migliore amico a riappacificarsi: da coppia a “troppia” in un battito di ciglia. La direttrice del carcere non risponde al telefono perché si trova già nel cortile, pronta per leggere la sentenza di morte, seppur controvoglia, così Charlotte, nonostante ci siano in atto le celebrazioni, si lancia di corsa per le strade della città.
Corre invano, l’assistente di polizia Ritter. Giunta al carcere viene infatti ostacolata da alcune guardie che chiaramente sono dalla parte di Wendt, peraltro presente per accertare la morte dell’ultima persona che potrebbe incriminarlo, non dimentichiamo che è stato lui a costringere il giudice ad anticipare l’esecuzione. Semplicemente straziante la scena in cui Charlotte, completamente impotente, assiste alla morte dell’amica. Che, come ultimo desiderio, ha chiesto carta e penna per poter scrivere una lettera a suo figlio…per dirgli che la sua mamma sarà sempre con lui…
Dopo il funerale di Greta, seppellita in una desolante fossa comune, Charlotte decide di recarsi presso la struttura in cui sua madre era solita incontrarsi con quello che, a tutti gli effetti, è il suo vero padre. Una volta lì, scopre di avere un fratellastro: il pugile Rukeli Trollmann, figlio di Erwin Trollmann. Tornata a Berlino trova Toni intenta a chiacchierare con il viscido conoscente che l’ha messa in contatto con l’altrettanto viscido “zio” e si inalbera. In tutta risposta, la sua sorellina le risponde secca che non ha intenzione di ricevere ordini da lei, visto che non è effettivamente sua sorella. Sì, Toni ha letto le lettere di Erwin a sua madre, e ha fatto due più due.
Alla luce degli ultimi accadimenti, Rath va a parlare con Wendt presso l’ippodromo, e, senza troppi giri di parole, gli dice che sa la verità: è stato lui a orchestrare la morte di Benda. Ed è stato lui a fare in modo che Pechtmann, Kessler e Greta non potessero mai più parlare. Il colonnello nero non nega, ma, allo stesso tempo, ribatte che non ci sono prove che possano inchiodarlo, dunque il fatto giuridicamente non sussiste. Non sa che il commissario, con l’aiuto di Graf, ha registrato le sue parole. I prodigi della tecnologia! Costretto a dimettersi, Zorgiebel se ne va, ma prima di lasciare il suo ufficio dice a Gereon di stare tranquillo: Wendt non sarà il nuovo prefetto. E infatti il colonnello, vestito di tutto punto, con tanto di medaglie, ingoia un boccone amarissimo quando Greszinski accetta il nuovo incarico di Capo della Polizia. Intanto Toni raccoglie le sue cose e va a vivere con i ragazzini di strada visti qualche episodio fa.
Demoni della Passione finalmente debutta in sala, ed è un successo, nonostante la recensione a dir poco caustica del compagno di Graf, che stronca la pellicola senza mezzi termini. Un ultimo momento di leggerezza prima del crollo di Wall Street, crollo che, a cascata, manda in crisi i mercati di tutto il mondo, Germania inclusa.
25 ottobre 1929: Nyssen, che ha appena passato la notte con Helga, viene svegliato da una telefonata che sta per cambiare non solo la sua vita, ma la vita dell’intero Paese. Le sue previsioni erano esatte. Anche Gereon e compagnia ricevono una telefonata, decisamente meno piacevole: Bohm, disperato per aver perso tutti i suoi risparmi, ha preso in ostaggio un broker presso la Borsa di Berlino e minaccia di ucciderlo e di uccidersi se non riavrà indietro i suoi soldi. Rath riesce fortunatamente a farlo ragionare e a evitare la tragedia nella tragedia.
A questo punto, l’ultimo episodio si ricollega direttamente al prologo visto in apertura di stagione. Nel salone principale col pavimento ricoperto di carte e cedole, Gereon, alzando lo sguardo, si accorge della presenza di Helga. La raggiunge, vuole sapere cosa ci faccia lei lì…ma un colpo di pistola improvviso, un agente di cambio si è appena sparato in bocca, distrugge la magia dell’ipnosi e lo fa ricadere nell’incubo del disturbo post traumatico da stress.
In un’ultima sequenza allucinante e allucinata, il commissario Rath, col viso ricoperto di sudore e con la mano destra nuovamente in preda ai tremori, raggiunge l’ingresso della Borsa. Guarda un’ultima volta in alto, verso Helga, e al suo fianco vede Nyssen, che le tiene la mano e che la bacia. Dopo essere stato travolto dalla folla, finalmente è in strada. Fermo sopra una grata, osserva l’acqua che scorre…e le increspature sembrano delle gigantesche scaglie di un qualche demoniaco essere che striscia nel ventre della città. Tornato a casa, rispolvererà una sua vecchia amica: la morfina. In barba alle parole che sentiamo pronunciare in voice over al Dr Schmidt, cioè a suo fratello: qui non c’è nessuna luce, c’è solo la verità, e la verità è terribile.
Babylon Berlin 3, finale di stagione: la recensione
Gran finale per la terza stagione di Babylon Berlin: da una parte la chiusura definitiva dell’indagine partita con la morte di Betty Winter, dall’altra l’inizio della crisi economica che faciliterà l’ascesa del nazionalsocialismo e di Hitler. In riferimento a quest’ultimo aspetto, è interessante notare come la società tedesca dell’epoca fosse in realtà già pesantemente proiettata verso un futuro che, la Storia ci insegna, le rimarrà attaccato addosso per sempre come una macchia indelebile. Ci riferiamo ovviamente non solo all’operato di Wendt, ufficialmente reazionario ma ufficiosamente proiettato verso qualcosa di molto più oscuro, qualcosa che diventerà realtà nel giro di qualche anno, ma anche alla scena in cui Gereon chiede a Moritz dove abbia preso un certo libro e il ragazzo risponde “Lo distribuivano fuori da scuola.” Ecco, quel libro, casomai a qualcuno fosse sfuggito questo dettaglio, è il Mein Kampf.
E poi c’è Katelbach, che preconizza l’iscrizione di Rath nella lista dei sovversivi, lista di cui lui fa parte. Dopo l’attacco diretto a Wendt (un villain con tutte le lettere maiuscole!) nel dodicesimo episodio – con quella confessione registrata di nascosto, confessione che, siamo sicuri, salterà fuori nella quarta stagione e metterà Gereon e compagni in una situazione assai poco piacevole –, il commissario si è ufficialmente fatto un nuovo nemico, e questa volta si tratta di un nemico molto più pericoloso e infido di quelli con cui ha avuto a che fare finora. Tornando al giornalista ebreo, fa tenerezza sentirgli dire “Non potranno chiudere la bocca a duecento persone!”, perché noi spettatori sappiamo bene di cosa sono stati capaci i nazisti.
Riguardo l’esecuzione di Greta non c’è molto da aggiungere, però ne approfittiamo per fare nuovamente i complimenti a Leonie Benesch, che ci saluta in maniera definitiva. Semplicemente straziante la scena in cui Charlotte è costretta ad assistere impotente all’esecuzione dell’amica: la scelta di eliminare ogni suono tranne quello dell’ascia che si conficca nel legno rende ancora più potente il tutto. A proposito di Charlotte: mai come ora è stata così sola. Ha perso Vera, ha perso Greta, ha perso sua sorella Ilse, e ha perso anche sua sorella Toni. Certo, ha Gereon al suo fianco, ormai non ci sono dubbi sul loro amore (se n’è accorto anche Ullrich!), ma anche Gereon, dopo essere bruscamente uscito dallo stato ipnotico che l’aveva reso nuovamente una persona funzionale, non è messo per niente bene. La decisione di saperne di più sul suo vero padre era qualcosa che prima o poi sarebbe successo, ma ne sapremo di più solo nella prossima stagione.
Veniamo dunque all’ultimissima parte, al finale del finale, che si ricollega al prologo visto in apertura di stagione. Sul crollo dei mercati innescato dall’implosione di Wall Street e sulla Grande Depressione non c’è molto da dire, la Storia bene o male la conosciamo (più che altro sarebbe bene che la conoscessimo, considerando quanto tutto ciò sia spaventosamente attuale…), dunque chiuderemo con un commento su Gereon. Basta un colpo di pistola imprevisto, e il commissario Rath ripiomba nell’incubo. Altro che guarigione, altro che uomo nuovo: la potenza del trauma causato dalla guerra riesplode con tutta la sua potenza, e il risultato è un ritorno all’unico cosa capace di tenere a bada certi sconvolgenti moti interiori: la morfina. Assolutamente bizzarra la scena in cui Gereon guarda nella grata e vede scorrere l’acqua che, però, sembra quasi avere la forma di un enorme serpente con delle scaglie di drago, o qualcosa del genere, a conferma del fatto che il momento di pace del commissario appartiene ormai al passato. Niente più luce per lui: è tempo di tornare nelle tenebre. E’ tempo di tornare faccia a faccia con i propri demoni interiori.