Westworld – Dove tutto è concesso: la recensione del primo episodio

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"It's not a park, it's an entire world": su Sky Atlantic lunedì 3 ottobre arriva Westworld, il nuovo capolavoro targato HBO scritto e diretto da Jonathan Nolan (Interstellar, The Dark Knight) e Lisa Joy (Pushing Daisies, Burn Notice) e prodotto da J.J. Abrams (Lost, Fringe, Star Trek, Star Wars). Ecco la recensione (QUASI NO SPOILER, con spoiler minimi) del primo, bellissimo episodio

 

di Linda Avolio

 

 

“Riportala online”. Con un comando di Bernard Lowe (Jeffrey Wright), che scopriremo essere il Responsabile della Programmazione, si apre il pilot di quello che, siamo sicuri, sarà a tutti gli effetti il nuovo capolavoro di casa HBO: Westworld.

E’ a Dolores Abernathy (Evan Rachel Wood) che sta parlando il personaggio di Wright. Dolores, una delle intelligenze artificiali che popolano il mondo di Westworld – il gigantesco parco tematico in stile far west creato dal geniale Dr. Robert Ford e che in realtà è un intero mondo dove i ricchi clienti paganti possono sfogare tutte le loro voglie più estreme –, è turbata, è terrorizzata, ma Lowe la rassicura: se risponderà correttamente alle sue domande non dovrà avere paura di niente.

 

 

Sentiamo la loro conversazione, ma intanto vediamo Dolores completamente immobilizzata, nuda, seduta su una sedia in una delle stanze di quella che, scopriremo più avanti, è la sede operativa di Delos, l’azienda dietro Westworld. Intanto, una mosca si posa sulla sua fronte, e avanza fino al suo occhio sinistro. Dentro il suo occhio sinistro. Lei resta immobile, non batte ciglio. E’ offline, o semplicemente è stata programmata per non fare – letteralmente – del male a una mosca?

 

 

Dopodiché veniamo catapultati indietro nel tempo, nel far west. Arriviamo nella violenta cittadina di Sweetwater insieme al pistolero Teddy (James Marsden). C’è il treno a vapore, ci sono i cowboy dal grilletto facile, c’è il saloon con i suoi avventori dediti all’alcool e alle carte da gioco, c’è il barista scontroso, e ovviamente ci sono le immancabili prostitute. Lui, però, declina educatamente. E’ lì per incontrare qualcuno, e quel qualcuno è Dolores.

 

 

Nel corso dell’episodio rivedremo questa sequenza più volte. Ci saranno alcune piccole differenze, ma, come verrà poi rivelato, tutto alla fine seguirà il copione prestabilito. E’ infatti così che funziona: ogni androide è inserito in una determinata narrazione, ed è programmato per seguire un determinato copione, per ripeterlo centinaia di migliaia di volte, salvo eventuali modifiche dall'alto. Non sfugge dunque l’ironia di uno scambio di battute tra Dolores e Teddy: “Stai dicendo che sono prevedibile?” chiede lui, e lei ribatte con “C’è una strada per ognuno di noi, e la tua ti riporta da me. E’ destino”.

 

 

I due, ovviamente, non sanno di essere dentro una storia scritta da qualcun altro. Una storia che si ripete giorno dopo giorno. I sentimenti che sono convinti di provare, le scelte che pensano di fare, le parole che si scambiano: praticamente nulla è in mano a loro. Perché i due, ovviamente, non hanno assolutamente idea di essere intelligenze artificiali. La loro memoria viene ogni volta resettata, e ogni giorno, per loro, è un nuovo giorno.

 

 

Non scendiamo troppo nei dettagli per non rovinarvi la sorpresa, ma vi diciamo che la giornata di Dolores e Teddy si chiude in modo decisamente traumatico, esattamente come da copione. E che parte del trauma è provocato dal misterioso Uomo in Nero, il personaggio di Ed Harris, che si definisce “un amico di vecchia data” del personaggio di Wood, dove per "vecchia data" si intende 30 anni.

 

 

Stacco. La giornata di Dolores e Teddy ricomincia, ma ora è tempo di vedere un po’ più da vicino cosa accade dietro le quinte, dove viene creata la magia, che più scientifica di così in realtà non potrebbe essere. Il controllo da parte degli esseri umani è totale, su quanto accade in tempo reale nel parco e, ovviamente, sulle intelligenze artificiali. In alcune di loro, però, cominciano a registrarsi comportamenti anomali, non previsti, non inseriti nel sistema. Nuove sequenze di gesti, nuovi ragionamenti. Alcuni sono addirittura convinti di sognare e di avere dei ricordi. Cosa sta succedendo?

 

 

All’origine di questa insolita situazione pare ci sia un aggiornamento che non è andato a buon fine, ma ovviamente dipende dai punti di vista. Per gli umani si tratta di un errore da correggere onde evitare situazioni fuori controllo e potenzialmente pericolose per i clienti. Per gli androidi… beh, per loro è un po’ diverso. La natura di questa anomalia non è per ora specificata, ma è chiaro che potrebbe portare a qualcosa di potenzialmente destabilizzante: l’autoconsapevolezza. Cosa succede quando una macchina si rende conto di essere una macchina e decide che non le sta più bene essere controllata da qualcun altro?

 

 

A livello puramente estetico, di messa in scena, Westworld è una vera e propria sinfonia per gli occhi. Le scene ambientate a Sweetwater e dintorni sono calde, sporche, polverose, ma allo stesso tempo poetiche, specialmente quando sono viste dagli occhi di Dolores. Per contrasto, gli ambienti aziendali di Delos, le stanze in cui gli androidi vengono interrogati e analizzati, sono dominati dalla fredda luce delle lampade al neon. Da una parte abbiamo gli androidi completamente nudi e inermi, dall’altra abbiamo gli esseri umani, alcuni nascosti dentro bianche e asettiche tute da lavoro, altri, gli addetti alla programmazione, gli addetti alla sicurezza e via dicendo, vestiti con abiti scuri. Tutto è organizzato in base a criteri di razionalità ed efficienza.

 

 

La contrapposizione tra umani e non umani, però, non appare proprio così netta, ma a rimarcarla con fermezza è il Dr. Ford (Anthony Hopkins), che dice chiaramente a Lowe: “Non dimenticarlo mai, loro non sono reali”. Eppure, è evidente l’intento degli autori, che hanno completamente ribaltato la prospettiva rispetto al film “Il mondo dei robot”.

Se lì non si poteva fare a meno di stare dalla parte del protagonista, il cliente Peter Martin, e non si poteva che gioire per la disfatta del pistolero robot interpretato da Yul Brynner, in Westworld non si può non immedesimarsi in Dolores e negli altri androidi, usati, sfruttati, e, se difettosi o ormai “consumati”, eliminati per sempre dalla narrazione e rinchiusi in un inquietante magazzino. Non si può non stare dalla parte delle intelligenze artificiali, che, sia nel mondo del parco tematico sia nelle fredde stanze di Delos, sono letteralmente alla mercé degli uomini e delle donne reali.

 

 

A livello di cast, tutti promossi, specialmente gli interpreti degli androidi, che riescono a rendere alla perfezione anche le più piccole sfumature. Li vediamo “accendersi e spegnersi”, li vediamo mentre sono in “modalità storia” e mentre sono in “modalità analisi”, li vediamo muoversi e parlare in modo assolutamente umano, e subito dopo li vediamo muoversi e parlare proprio come ti aspetteresti che facciano delle macchine. Evan Rachel Wood restituisce una prova attoriale veramente superba, mentre Anthony Hopkins e Ed Harris non fanno che darci conferma del loro talento.

Convincono, ma non avevamo dubbi a riguardo, Jeffrey Wright (l’odioso Dr. Valentin Narcisse di Boardwalk Empire), Thandie Newton, James Marsden e Luke Hemsworth, perfetti per i loro rispettivi ruoli. C’è da dire che il pilot è dominato da Wood, Wright e Hopkins, ma Westworld si presenta assolutamente come una storia corale, dunque siamo sicuri che anche gli altri interpreti, alcuni dei quali per ora non hanno ancora fatto il loro ingresso in scena, avranno modo di brillare nei prossimi episodi.

 

 

La struttura narrativa del lungo pilot di Westworld, quasi un’ora e dieci minuti, può inizialmente apparire un po’ ostica, ma entro la prima mezz’ora tutto si fa chiaro, e si capisce perfettamente a che punto della narrazione e dove ci si trova. La storyline principale, si presume, seguirà a grandi linee gli sviluppi della pellicola del 1973 scritta e diretta da Michael Crichton, la “ribellione” delle intelligenze artificiali, ma a ciò bisogna aggiungere tutte le storyline dei personaggi, alcune delle quali sono strettamente intrecciate tra loro. Insomma, si tratta di un racconto ricco, stratificato, che richiede attenzione, ma così come richiedono attenzione serie come Il Trono di Spade, The Affair e House of Cards, dunque non c'è nulla di cui preoccuparsi.

 

 

Le potenzialità della serie creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy, e co-prodotta da J.J. Abrams, sono pressoché infinite, ma intanto godiamoci questa prima stagione, che si preannuncia veramente spettacolare.

 

 

La prima stagione di Westworld è in onda in esclusiva su Sky Atlantic ogni lunedì in versione originale sottotitolata alle 3.00 (in contemporanea con la programmazione statunitense, poi in replica la sera) a partire dal 3 ottobre, mentre gli episodi in versione doppiata partiranno lunedì 10 ottobre alle 21.15.

 

 

 

 

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