The Young Pope: la recensione dei primi due episodi

Serie TV

Diretta dal regista premio Oscar Paolo Sorrentino, The Young Pope - in onda ogni venerdì alle 21.15 su Sky Atlantic - è una visionaria, magnifica e perturbante epifania di immagini, suoni, emozioni. Un viaggio nell'anima e nel corpo dell'umanità, tra volti e parole che segnano come le tappe di una via crucis. Una serie tv interpretata da un cast in stato di grazia: dal protagonista, uno stratosferico e inafferrabile Jude Law, a un memorabile Silvio Orlando, passando per una struggente Diane Keaton: leggi la recensione dei primi due episodi

di Paolo Nizza
(inviato a Venezia)

 


Ecce Homo. Ecco l'uomo. "Il dolce Cristo in terra", come lo chiamava Santa Caterina. Ma il giovane Papa in Havaianas bianche immaginato da Paolo Sorrentino è intransigente, nervoso, vendicativo e dotato di una memoria prodigiosa. Come insegna L'Uomo in più, nella vita non esiste il pareggio. Tanto meno per chi crede nella vita eterna. Con sontuosa ricchezza frugale, tra rallenti e prospettive rinascimentali, The Young Pope racconta la solitudine di un numero uno. Un Santo Padre alla ricerca del padre perduto. Tra i saloni di Castel Gandolfo Sorrentino gioca a rimpiattino con gli archetipi della tradizione ecclesiastica. Il divino si manifesta in modi inaspettati: negli occhi di un canguro o in una giocata di San "Pipita" Higuain.

Ma, per citare lo Sciascia filmato da Elio Petri: "Todo modo para buscar la voluntad divina".

 

Da visionario con i piedi ben piantati sulle nuvole, Paolo Sorrentino mette in scena La Grande Bellezza del dubbio, fotografata divinamente da Luca Bigazzi.
Tra caratteristi perfetti (felice caratteristica di tutto il cinema del regista napoletano), The Young Pope è la parabola di un Papa di 47 anni, bello e abbacinante come Mick Jagger. In questa Città del Vaticano abitata da un clero tabagista, le vocazioni possono pure andare in fumo. Cenere alla cenere e più che l'incenso si aspira nicotina. La resurrezione della carne passa attraverso il cardinale Voiello, interpretato da un Silvio Orlando da antologia, costretto a  scogliere i dubbi di quel pescatore impreciso di Pietro.

 

The Young Pope è una serie audace, un ipnotico film in 10 episodi che visto sia sul piccolo sia sul grande schermo si trasforma in un viaggio nelle contraddizioni dell'essere umano. Tant'è che ti lascia la voglia matta di vedere anche le prossime puntate. Non solo per scoprire l'evoluzione della trama, ma per il piacere di attraversare quelle stanze colme di segreti e bugie, rimorsi e desideri, abitate da questa galleria di personaggi sfuggenti e affascinanti.

 



The Young Pope: recensione episodio 1

 

In principio non fu il verbo. Ma una piramide umana di neonati (venite da me parvulos...). Un arcimboldo infantile davanti a piazza San Marco a Venezia, da cui gattonando spunta il giovane papa Lenny Belardo. Il Pontefice, come il re, è nudo, oppure in bianco. Pio XIII è stiloso sia con l'accappatoio, sia con la veste. Intorno a sua Santità ruotano come satelliti i porporati con le loro croci e le loro delizie,  mentre suore dall'abito tortora guardano in macchina e guardie svizzere salutano militarmente.

 

Le prime parole pronunciate in The Young Pope sono "Ciao Roma. Ciao Mondo". Il Santo Padre saluta la folla. Ma già dalle prime sequenze del primo episodio, The Young Pope svela la sua natura vertiginosa, ambigua, complessa. Il segnale trasmesso dalla radio vaticana viene interrotto di continuo da una misteriosa interferenza, il sogno sfuma nella realtà. Come sarà davvero questo nuovo papa così giovane e così americano? Di Dio ha il sorriso, avrebbe detto di Lenny Fabrizio De André. Tuttavia Belardo, in una scena indimenticabile, ci rivela che mangia pochissimo, fa colazione con la Coca Zero alla ciliegia e predilige i rapporti formali a quelli amichevoli. Pio XIII detesta i turisti perché sono di passaggio, non ama le battute, "Perché sono solo battute" (anche se ne  fa spesso) e soprattutto non si accontenta perché accontentarsi significa morire. È delizioso e spiazzante vedere Belardo confrontarsi con le occhiute eminenze, con chi definisce Roma "una frazione di Città del Vaticano" o con un confessore che come la Monica Vitti di deserto Rosso "ha male ai capelli."

 

Certo il climax del primo episodio di The Young Pope è l'incontro-scontro fra Pio XIII e il Cardinale Voiello, il segretario di Stato, l'uomo dietro le quinte. Sorrentino filma la collisione di due mondi, il conflitto fra cielo e terra. il personaggio interpretato da Silvio Orlando è l'eterna contraddizione della Chiesa fatta Cardinale. Un porporato capace di eccitarsi per la Venere di Willendorf e di entusiasmarsi per il Napoli. Per alcuni è un'incarnazione del Diavolo, per altri un santo. Certo è uno che sa che in Vaticano la fantasia non manca. Eppure quando Suor Mary, la religiosa che ha cresciuto Lenny (interpretata da una toccante e sardonica Diane Keaton) irrompe sulla scena e sconvolge le gerarchie ecclesiastiche, anche le certezze di Voiello sembrano vacillare. D'altronde come si può leggere nella mente di un Papa che definisce il suo cervello un'intercapedine e che sostiene che Dio viva vicino all'Orsa Maggiore, in una porzione di villa bifamiliare con piscina indipendente?

 

The Young Pope: recensione episodio 2

 

"Dio Mio, perché mi hai abbandonato?". Questa è la frase del vangelo che ripete più spesso Pio XIII. E in  fondo la solitudine è l'humus del cinema di Paolo Sorrentino.  Belardo non si sente amato, i genitori lo hanno lasciato a Suor Mary per partire per Venezia. Forse per questo non ama e lo liquida con una battuta: "Il passato è un luogo vasto e dentro c’è di tutto. Il presente no. Il presente è una feritoia dove c’è spazio per un solo paio di occhi. I miei".

 

E proprio l'intransigenza e la spigolosità di Lenny mieteranno un'altra vittima. Nel secondo episodio di The Young Pope incontriamo Sophia Dubois (Cecile De France), piacente responsabile del merchandising legato alla figura del Papa. Pio XIII si dimostra un autentico iconoclasta e ordina di licenziare il fotografo ufficiale del Vaticano. Per Lenny bisogna lavorare di sottrazione, puntare sull'assenza, privilegiare l'ombra in una sorta di iperbole al contrario. D'altronde che cosa hanno in comune i più importanti artisti, quelli che hanno destato una curiosità morbosa nel pubblico? La risposta è semplice: non si sono mai fatti fotografare, da Salinger a Banksy, dai Daft Punk a Mina.

 

Sicché nel preparare la prima omelia del nuovo pontefice, attesa da tutto il globo terracqueo, Lenny Belardo opterà per una scelta estrema, radicale, apocalittica. Epigono del Travis  Bickle di Taxi Driver, davanti allo specchio, in una sequenza folgorante, il giovane Papa prova il proprio sconvolgente  discorso.


Per Sant'Agostino l'amore è la strada per incontrare Dio, ma Pio XIII sceglie un percorso opposto.

E pare  di sentire le parole pronunciate dal Cardinale a Mastroianni in 8 e mezzo: "Perché dovrebbe essere felice? Il suo compito non è questo. Chi le ha detto che si viene al mondo per essere felici?". Dice Origene nelle sue omelie: extra Ecclesiam nulla salus, fuori della Chiesa non c'è salvezza; extra Ecclesiam nemo salvatur, fuori dalla Chiesa nessuno si salverà; salus extra Ecclesiam non est, non c'è salvezza fuori dalla Chiesa; chi non è nella Civitas Dei appartiene alla Civitas Diaboli."

 

Insomma Lenny Belardo è un pontefice alieno a se stesso, per citare un verso di Dino Campana. Un Papa eletto, forse, solo per ricordarci quello che ci siamo dimenticati.

 

 

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