1992: l’intervista ai creatori della serie

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Da sinistra: i tre creators Stefano Sardo, Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e il regista Giuseppe Gagliardi
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Dal soggetto alla sceneggiatura, e poi oltre: loro sono Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, e sono i creators di 1992: leggi l’intervista

 
di Linda Avolio
 
 
 
Stefano Accorsi, Guido Caprino, Miriam Leone, Alessandro Roja, Domenico Diele e Tea Falco, gli interpreti dei protagonisti, ci hanno messo letteralmente la faccia, ma a creare i loro personaggi in 1992 sono stati Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo: ecco cosa ci hanno raccontato i tre creatori della serie.

Stefano, Alessandro e Ludovica, anzitutto complimenti per il lavoro fatto fin qui, anche perché il vostro coinvolgimento non è stato “solo” in veste di sceneggiatori: com’è stata la vostra esperienza come creatori di 1992?
Stefano: Ci siamo avvicinati a quello che negli U.S.A. è il ruolo dello showrunner (ndr, il creatore di una serie, che tiene le fila e segue lo sviluppo del progetto dalla presentazione dell’idea al montaggio, e che ha un forte peso decisionale, anche a livello di collocazione del budget). La cosa rivoluzionaria, quantomeno per la serialità italiana come la conosciamo, è stato che non ci siamo “limitati” a scrivere la sceneggiatura e poi a consegnarla a un regista, ma abbiamo avuto una grande libertà, e abbiamo potuto dire la nostra durante le varie fasi successive alla scrittura, dal casting alle riprese. Per esempio, ci è stata data la possibilità di presentare le nostre proposte sia per la scelta dei registi – Giuseppe Gagliardi, con cui avevo già lavorato per il film Tatanka, e Gianluca Iodice alla seconda unità – sia per gli story editor, infatti abbiamo chiamato un nostro collega e amico, nonché grande esperto di narrativa seriale, Nicola Lusuadi. C’è stata molta agilità, è questo ha sicuramente fatto la differenza. Vedere nei titoli di coda “Creato da”, è una grandissima soddisfazione.

La genesi di 1992 presumo sia stata piuttosto lunga e impegnativa.
Alessandro: La genesi di 1992 è stata molto lunga, ci sono voluti due anni, anche perché non avevamo modelli di riferimento. L’idea di base è partita da Stefano Accorsi e dal produttore Lorenzo Mieli di Wildside. Poi siamo entrati in gioco noi, e per prima cosa abbiamo deciso di focalizzarci su un periodo preciso, su un anno chiave, il 1992 appunto, l’inizio della rivoluzione, l’inizio della fine di un mondo, di un sistema. L’intenzione era quella di fare qualcosa di originale, quindi abbiamo creato questi sei personaggi (ndr, Leonardo Notte, Pietro Bosco, Veronica Castello, Luca Pastore, Bibi Mainaghi e Rocco Venturi) e li abbiamo inseriti in un quadro più grande. Far interagire personaggi inventati con persone realmente esistite ed esistenti è stata la chiave di volta: l’inchiesta e la cascata di conseguenze resta in qualche modo sullo sfondo, la Storia fa da “tappeto”, sono le storie personali dei personaggi a essere al centro del focus narrativo. Personaggi che non hanno idea di cosa li attenda, di quanto le cose stiano per cambiare, perché vivono i fatti “in contemporanea”, mentre gli spettatori sanno benissimo come sono andate le cose, sono più avanti rispetto a loro. E’ un aspetto che trovo molto affascinante.

La difficoltà maggiore?
Ludovica: Abbiamo dovuto fare un fine lavoro di dosaggio degli elementi, anche perché volevamo che 1992 fosse accessibile anche a un pubblico più giovane, che di quegli anni non ha e non può avere un determinato ricordo. Dietro la nascita di 1992 c’è infatti un lavoro di documentazione non indifferente, l’equilibrio tra la Storia e le storie era fondamentale. Il momento, anzi, la fase, di maggiore difficoltà è stata quella della creazione del personaggio di Luca Pastore, della sua back story. Inizialmente Luca avrebbe dovuto avere il padre colluso con la criminalità organizzata, un criminale lui stesso, ma la cosa non ci convinceva, così abbiamo riscritto completamente la sua storia, abbiamo inserito la questione dell’HIV, delle partite di sangue ed emoderivati infetti, e a quel punto abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta: la malattia di Luca è la metafora perfetta per quell’Italia, devastata da una malattia altrettanto potente, la corruzione. Il fatto di avere molta libertà di scelta per noi è stato fondamentale, quando l’autore è al centro, quando c’è continuità, la storia è più forte, perché c’è più coesione.

Ci raccontate un aneddoto, qualcosa di particolarmente strano o curioso che è successo durante la produzione della serie?
Alessandro: Abbiamo girato le scene relative alla morte di Falcone proprio lo stesso giorno in cui ciò avvenne, il 23 maggio. E’ stato piuttosto strano, l’atmosfera sul set era particolare, è stato quasi un segno.
Ludovica: Quando abbiamo girato la scena del comizio della Lega Nord a Varese eravamo veramente a Varese, e alcuni passanti hanno pensato che fosse un comizio vero…con tutte le conseguenze del caso!
Stefano: Un giorno, durante le riprese, qualcuno del cast tecnico ha letto da qualche parte il cognome di uno dei personaggi non di finzione, si è stupito e ha chiesto: “Ma questo personaggio si chiama come quello vero?”. Diciamo che stando sul set si raccolgono feedback di ogni genere!

Personaggio preferito e personaggio che invece “prendereste a schiaffi”?
Ludovica: A schiaffi non potrei prendere nessuno di loro, è più forte di me, non ce la farei proprio! Il mio personaggio preferito, invece, quello che più mi affascina per la sua complessità, è Leonardo, col suo passato tormentato, i suoi conflitti interiori, lo trovo vibrante.
Stefano: Ti direi Veronica, più che altro perché con lei ci andrei a bere qualcosa! Scherzi a parte, il mio personaggio preferito  è probabilmente Pietro.
Alessandro: Luca e Veronica. Luca è un personaggio per cui provo molta empatia, riesco a identificarmi nella sua situazione, nel suo stato emotivo, mentre Veronica ha delle potenzialità incredibili, ma non cambia mai, non ci riesce, mi verrebbe proprio voglia di scuoterla e dirle “Ma insomma! Ti svegli o cosa??”

In un’ipotetica (ma non troppo!) sfida all’ultimo sangue, quale personaggio tra quelli inventati da voi la spunterebbe?
Stefano: Luca, perché è uno che ormai non ha più niente da perdere, quindi non ha più paura di nulla.
Alessandro: Sicuramente Leo, non sto neanche a spiegare perché!
Ludovica: Io dico Veronica. Ha ancora molto da dire, e, soprattutto, capisce sempre da che parte tira il vento…

Le serie non le scrivete solamente, le guardate anche: quali sono le vostre preferite al momento?
Alessandro: Mad Men senza dubbio, e penso di parlare per tutti noi, anche perché è stata una delle nostre serie di riferimento, insieme a Boss. Personalmente, poi, ho amato Breaking Bad e sto adorando il suo spin-off, Better Call Saul…geniale!
Ludovica: Concordo con Ale su Mad Men e Boss, vere fonti di ispirazione, e poi nomino anch’io Breaking Bad. Aggiungo anche House of Cards, un vero capolavoro.
Stefano: Ultimamente sono rimasto molto colpito da Halt & Catch Fire, serie di AMC ambientata nei primi anni ’80, ai tempi dello sviluppo dei primi personal computer. Il protagonista mi ricorda Leo Notte per certi aspetti, penso abbiano parecchi punti in comune. Poi sono stato rapito dalla comedy Man Seeking Woman, davvero esilarante!

Un augurio per la serialità italiana?
Ludovica: Non moltissimo tempo fa ho letto un articolo del Frankfurter Allgemeine dove si parlava del fatto che ultimamente l’Italia sta sfornando serie interessanti e originali. Personalmente spero che nel nostro paese si produca e si investa sempre di più in questo settore, è l’unica via per lo sviluppo.
Stefano: Che si aprano le porte dell’originalità, la vera scommessa è nel campo delle idee.
Alessandro: Il mio sogno, la mia speranza, è che si vada verso nuovi modelli produttivi dove gli autori siano al centro del processo, un po’ come succede negli Stati Uniti, per esempio. C’è bisogno di maggiore sinergia tra chi crea una serie, chi scrive le sceneggiature, chi dirige…insomma, bisogna andare verso la collaborazione, la divisione in compartimenti stagni è un limite che va superato.

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