Suburra – Final Season è il nuovo album di Piotta

Musica

Helena Antonelli

Piotta (foto Alfredo Villa) 17

“Suburra – Final Season” è il nuovo dell'artista romano uscito in concomitanza con l’arrivo della terza e ultima stagione di “Suburra - la serie” e disponibile da venerdì 30 ottobre su tutte le piattaforme digitali. L’intervista

Due anime che convivono in uno stesso disco, due mondi che s’incontrano e danno vita a qualcosa di mai sperimentato prima. Questo è Suburra – Final Season, il nuovo album di Piotta, alias Tommaso Zanello, uscito in concomitanza con l’arrivo della terza e ultima stagione di “Suburra - la serie”, disco che raccoglie dieci brani originali realizzati appositamente per fare da colonna sonora all’atto finale della serie originale italiana Netflix, prodotta da Cattleya - parte di ITV Studios - in associazione con Bartlebyfilm.

Ma prima di parlare di Suburra – Final Season dobbiamo fare un passo indietro al 2017 quando per la prima volta Piotta è entrato in contatto con il mondo di “Suburra - la serie”, prestando il suo brano 7 vizi Capitale per la colonna sonora della prima stagione. La collaborazione prosegue con la seconda stagione, quando alla label di Piotta La Grande Onda è affidata la colonna sonora rap. Per la terza e ultima stagione il musicista romano si è messo completamente in gioco: dieci nuove tracce inedite, comprensive di due strumentali e un remix, che raccontano con musica e parole le storie dei personaggi e le vicissitudini che attraversano tutta la narrazione. Un percorso che vede coniugare raffinate arie cinematografiche con il mondo artistico di Piotta, che per l’occasione ha messo nuovamente a nudo il suo amore per Roma e la sua capacità di raccontare i chiaroscuri umani, sociali e criminali che attraversano la storia della Capitale. L’intervista

Com’è nato, rispetto alle altre canzoni che hai scritto per Suburra, questo album?Questo terzo e ultimo anno è stato creativamente e lavorativamente più ampio. Ho iniziato leggendo la sceneggiatura completa e poi, in seconda battuta, guardando settimanalmente le scene che mi inviavano montate. Tutto questo è stato reso possibile grazie anche alle rete, visti i tempi di lockdown.

 

Rispetto ai tuoi album precedenti, quanto è stato difficile realizzare quest’ultimo? Cosa ti ha motivato?
È stato diverso più che difficile. Per dirlo con un esempio è stato un po’ come quando sei al liceo e devi fare il tema di italiano, a volte la professoressa ti fornisce il titolo mentre altre volte il tema è libero. Quando è libero puoi spaziare nella maniera più totale, quando hai un titolo invece la sfida è quella di riuscire a scrivere di quell’argomento in maniera non solo originale ma anche mantenendo il tuo stile. È questo quello che ho cercato di fare con questo album. Spero di esserci riuscito.

 

Per la prima volta non sarà presente una traccia unica, ma un brano per ogni puntata, ognuno dedicato a uno dei personaggi principali, da Aureliano a Spadino, da Cinaglia a Samurai, da Angelica e Nadia a Manfredi. A cosa ti sei ispirato?
Ho rivisto tutte le puntate precedenti e letto la sceneggiatura. Man mano che andavo avanti con il materiale poi mi aiutavo con degli schemi sui protagonisti, in cui riportavo il loro storico e anche le loro frasi iconiche. Da qui l’idea di una sigla per ogni personaggio chiave.

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C’è un filo conduttore che lega le varie canzoni?
Sicuramente è la sete di potere dei personaggi che, seppur differenti, hanno tutti il loro metodo più o meno strategico per arrivarci. Gli alleati poi vanno e vengono in base alle loro esigenze personali.

 

Suburra – Final Season è un album che presenta mix di generi diversi. Quanto c'è di te in questo progetto? 
La mia intenzione, come sempre in tutti i miei progetti, è stata quella di mettere insieme un po’ tutti i miei ingredienti senza trascurarne nessuno. Una ricetta stratificata in cui lascio intravedere il mio percorso che parte da lontano fino ad arrivare agli ultimi ascolti e studi. C’è il rap degli esordi quello inventato con gli amici del colle che si può sentire in Cuore nero, nel secondo pezzo invece il rap è molto più attuale e moderno, squarciato dal canto melodico romano che si rifà un po’ a 7 Vizi Capitale oppure, per rimanere nello stesso album, a Fiore dell’infame dove sotto c’è una ritmica urban che quasi nasconde un movimento simile al reggaeton (senza esserlo) e sopra ha questo modo di cantare volutamente alla vecchia maniera. La Giostra invece che racconta la famiglia Anacleti, è l’unico pezzo più veloce che va ad inserirsi in sonorità medio-orientali.

 

La canzone del cuore?
È ora di andare al momento è il mio pezzo preferito. Un brano che si lega molto all’ultimo lavoro personale che ho fatto, “Interno 7”. C’è quel mix tra cantautorato e rap (che qualcuno chiama indie rap) che evidenzia un discorso interiore, grazie anche alla chitarra acustica.

 

Che tipo di rapporto hai con Roma?
Da artista, da cittadino romano, ho un rapporto viscerale. Non come quello di una madre in carne e ossa ma per certi versi alcune dinamiche le riproduce come l’infinito amore e il turbolento scontro. Questo per dire che non mi piace tutto di Roma ma preferisco restarle vicino e vivere il mio quotidiano qui.

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