Only the Strong Survive, è uscito il nuovo album di Bruce Springsteen

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Manuel Santangelo

L’ultimo lavoro del Boss è un grande omaggio al suo passato e a ciò che lo ha avvicinato alla musica. Questi quindici classici del soul riproposti dalla rockstar ci ricordano che la grande musica (e i grandi artisti) reggono alla grande la prova del tempo

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Bruce Springsteen ha deciso di guardarsi indietro, tornando alle sue radici musicali per costruire un progetto molto personale. Only the Strong Survive è un disco che il Boss sente così suo da non aver voluto coinvolgere neanche la sua fida E Street Band. È come se Springsteen, a 73 anni, abbia sentito il bisogno di spogliarsi per un attimo del vestito da leggenda del rock per tornare a una dimensione più intima, fatta di classici soul che non hanno bisogno di venire ribaltati nella struttura o reinventati nel testo per dire qualcosa di nuovo. Il motivo è semplice ed è esplicitato già nel titolo del disco: ciò che è davvero forte alla fine rimane, senza dover subire aggiornamenti forzosi. Sia Springsteen che i brani che ha scelto hanno lo stesso destino: essere in grado di essere più forti del tempo che passa.

Springsteen il soul brother

L’amore di Springsteen per il soul nasce quando era solo un bambino nel New Jersey e la radio di suo madre passava i grandi classici mentre lui si preparava per la scuola. Qualche anno dopo l’essere cresciuto attorno ad Asbury Park, dove tutti suonavano quella musica, lo portò a studiarla. Come ha raccontato a Massimo Cotto su Virgin Radio, per suonare nei locali del posto dovevi conoscere Mustang Sally (meglio se nella versione di Wilson Pickett) o Soul Man. Il giovane Springsteen assimilò così con le sue prime band quel sound e oggi, a 73 anni, ha avuto voglia di dedicare il suo ventunesimo album a quel suono che gli riporta memorie lontane. Nel costruire Only the Strong Survive ha tuttavia mantenuto il medesimo modo di fare di quegli inizi: “Il mio approccio è identico a quando avevo 16 anni. Raduno tutto quello che ho, lo assorbo, lo faccio diventare parte di quello che sono e di quello che faccio e poi… quando ti vedo… bum! Lo faccio esplodere come dinamite”, ha raccontato. Il nuovo album è una raccolta di quindici classici ed è nato come una sfida, durante il periodo della pandemia. È un disco dove brani che avevano la voce in primo piano vengono riproposti fedelmente e non è in questo senso un caso che l’unico pezzo della E Street Band che appaia sia proprio una corista, Soozie Tyrrel. Springsteen tratta il materiale originale con rispetto, senza provare a trasformare i pezzi di Temptations e Commodores in brani del Boss. Lui si limita a prestare con intelligenza la sua ugola, sperando che un nuovo pubblico possa così comprendere una grande eredità musicale che rischierebbe di andare perduta.

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Solo i migliori sopravvivono

Non è la prima volta che Bruce Springsteen si guarda indietro, decidendo di regalare sentiti omaggi. Nel 2006 con We Shall Overcome: The Seeger Sessions aveva ricordato al mondo l’importanza di Pete Seeger, leggenda della musica folk e autore di molte canzoni di protesta in un periodo in cui essere ecologisti e pacifisti era se possibile ancora più difficile. Il materiale contenuto in Only the Strong Survive è meno scottante solo a prima vista, soprattutto se pensiamo all’importanza sociale che ebbero etichette come Motown e Stax quando pubblicarono molti dei pezzi qui coverizzati. Chi segue dal vivo Bruce Springsteen sa che l’operazione non è figlia di un’infatuazione dell’ultimo minuto, visto che il Boss si è limitato a mettere su dico una passione musicale già molte volte dimostrata sul palco. Nel nuovo disco troviamo per esempio Soul Days, un classico degli anni Sessanta portato al successo dallo stesso Dobie Gray di cui Springsteen ha proposto diverse volte cover dal vivo. La hit più famosa di Gray (Drift Away) è stata eseguita addirittura quattro volte in concerto a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Dieci, arricchendo anche la tracklist di un paio di date del leggendario tour di Born in the USA. A garantire formalmente sul rispetto di Springsteen per il genere c’è infine proprio in Soul Days (oltre che in un altro pezzo) il leggendario Sam Moore del duo Sam & Dave.

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Alta fedeltà

Anche nei casi in cui il pezzo ha già avuto in passato una cover di successo successiva, Springsteen la ignora per restare il più possibile vicina all’anima black di questi successi: accade per esempio proprio nella title track, più simile alla versione di Jerry Butler che a quella di Elvis. Only the Strong Survive è un lavoro che vuole essere sincero e senza sovrastrutture, al punto che persino una hit più recente come Nightshift dei Commodores viene spogliata di tutti gli orpelli sonori figli degli anni Ottanta. Il disco si chiude anche qui con un brano non banale già dal titolo Someday We’ll Toghether di Diana Ross e le Supremes. Questa canzone, che fu l’ultima prima dell’abbandono del trio da parte di Ross, era stata pensata per essere un arrivederci e oggi suona perfetta per chiudere questo viaggio di Springsteen, senza escludere un possibile ritorno sul luogo del delitto in futuro.

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