Stati Generali dello Spettacolo: "Musica e arte accessibili a tutti, non più elitari"

Obiettivi, sogni, idee ma anche apprensioni e paure. L'assemblea plenaria degli Stati Generali dello Spettacolo, ospitati negli spazi di Officina Pasolini a Roma, sono stati un grande momento di confronto e condivisione sul mondo dell'arte in tutte le sue plurime e colorate sfaccettature. Tre giorni di confronto, proposte e visioni condivise tra artiste e artisti, lavoratrici e lavoratori, associazioni, imprese e rappresentanti istituzionali, per ripensare il sistema culturale italiano alla luce delle sue trasformazioni e delle sfide future. L'assemblea plenaria ha raccolto e rilanciato i temi emersi nel corso dei tavoli di lavoro, dal Codice dello Spettacolo all’accessibilità, dal Tax Credit all’impatto dell’A.I., dall’economia della cultura agli spazi democratici della creazione artistica. E ovviamente, per l'impatto non solo artistico, ma anche economico e turistico la musica ha avuto un ruolo di primo piano. Si arriva da un'era post covid che ha visto l'attività live moltiplicarsi a dismisura e con lei sono cresciuti i costi dei biglietti dei concerti. C'è oggi un rischio implosione all'orizzonte ma a fronteggiarlo c'è la volontà di fare fronte comune per rendere festival e concerti sempre più fruibili. Chi, a mio avviso, va tutelato è il mondo dei piccoli booking, quelli che più di altri accettano i rischi di impresa per portare sul palco la musica emergente. Sono in tanti, professionali e attenti, con due sole criticità: una certa riluttanza ad aprirsi a serate che coinvolgono più artisti emergenti e l'ostinarsi a non volere iniziare i concerti massimo alle 21.30. La musica che decolla alle 22 è un forte deterrente per un pubblico che la mattina dopo va presto a lavorare o ha lezione all'università alle 8 o ha dei figli da gestire. E poi stop alla musica gratuita, con rare eccezioni che possono essere il Concertone del Primo maggio a Roma o quello di Radio Italia in Piazza Duomo a Milano. Un concerto non è solo artista e musicisti ma c'è un mondo che ruota attorno, dai tecnici di palco alla vigilanza, dagli elettricisti a chi il palco lo costruisce, che va pagato, e in modo equo, per le mansioni che gli vengono richieste. Bruno Sconocchia, Presidente di Asso Concerti, si è soffermato sul concetto di visione: "Il Codice dello Spettacolo deve avere una visione. Al centro deve esserci la consapevolezza che non è vero che le risorse non ci sono: bisogna fare delle scelte. La prima scelta, in un quadro di visione complessiva, è che la cultura è un grande investimento. L'Italia deve smettere di considerarla una spesa e riconoscerla come un investimento, in termini di promozione culturale, di sviluppo dei territori e in termini economici. Forse, in questo fase, ciò che manca davvero è proprio una visione che permetta di aprire a prospettive nuove ma anche di operare una sintesi tra le tante norme che nel tempo si sono succedute, spesso in contrasto tra loro. Questo è un Paese molto particolare: ha investito molto sulla musica, sulle fondazioni liriche e per carità, sono i grandi pilastri del sistema. Ma il sistema è fatto di molte altre cose: grandi teatri, sì, ma anche tante orchestre, tanti piccoli teatri, compagnie, circhi, corpi di ballo, bande. Questo insieme costruisce il sistema dello spettacolo. Se pensiamo soltanto che viviamo in un Paese in cui non è mai esistita una legge sulla prosa, forse dovremmo cominciare a fare in modo che il Codice corregga anche questo disequilibrio. Sono sparite alcune parole importanti e una è rischio culturale: una parola che deve tornare perché ha a che fare con quello che noi facciamo ogni giorno. Si parla ancora troppo poco del divario territoriale che va invece riequilibrato: l’Italia è meravigliosa e grande ma ha tante diseguagliane: dobbiamo provare trovare un riequilibrio. Per anni siamo stati valutati sui numeri, sulla quantità, non sulla qualità. Non sull’eccellenza di quello che facciamo, ma sulla quantità dei risultati, sui dati numerici. E allora, se proprio dobbiamo parlare di numeri, non parliamo solo di botteghino, non parliamo solo di incassi: parliamo di quanti lavoratori sono occupati, di quanto lavoro genera il sistema teatrale, di quanto produce in termini di indotto. Se vogliamo parlare di numeri, parliamo di questi. E troviamo il modo perché i teatri, la musica, la prosa, il circo, perché la cultura e lo spettacolo siano davvero di tutti, e non di pochi. Per troppo tempo sono stati di pochi. Lo dico anche da sovrintendente di un teatro d’opera: per troppo tempo siamo rimasti chiusi in una dimensione elitaria. Ma l’Italia, il teatro, la cultura, lo spettacolo devono essere di tutti. Dentro il Codice si possono inserire strumenti che permettano di renderli accessibili a tutti. Nella bozza ci sono ancora elementi che mantengono una dimensione ristretta, chiusa, elitaria. Stiamo lavorando con grande impegno e continueremo a farlo. C’è un clima di ascolto, e speriamo che possa continuare, che il Codice possa cambiare e possa cominciare davvero a campeggiare nel senso più alto del termine".

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Fabrizio Basso