Vinicio Capossela sold out a Milano per i 25 anni di Canzoni a Manovella

Musica
Barbara  Ferrara

Barbara Ferrara

ph Fabio Mantegna

Il cantautore, poeta, scrittore e visionario entertainer conquista il Conservatorio Verdi con oltre due ore di concerto. Gli albori del Novecento, l’omaggio a Verdi, i messaggi di pace per Gaza e contro tutte le guerre, le odi alla luna e alla gentilezza. Un rito collettivo che si fa viaggio oltre confine nelle storie e nelle canzoni di uno degli album più intensi dell’artista. Parole “fuori tempo” scritte un quarto di secolo fa e ancora attuali nella loro urgenza di farsi sentire

La diciannovesima edizione del Barezzi Festival arriva per la prima volta a Milano con un concerto speciale, quello di domenica 19 ottobre al Conservatorio Verdi, non in un teatro, ma in un auditorium, dove si fa e si ascolta musica, luogo simbolico che bocciò un diciannovenne Giuseppe Verdi – di cui Antonio Barezzi fu illuminato mecenate – e che oggi a lui è dedicato. Un appuntamento imperdibile per festeggiare i venticinque anni di un album diventato punto di svolta del cantautorato italiano. Sul palco con l’autore, la band dei musicisti che realizzarono le registrazioni di Canzoni a Manovella e gli ospiti che hanno magistralmente eseguito gli arrangiamenti di Tommaso Vittorini, orchestrati dal maestro Raffaele Tiseo. Doveroso citarli tutti, Roy Paci, Achille Succi, Michele Vignali, Enrico lazzarini, Giancarlo Bianchetti, Mirco Mariani, Vincenzo Vasi, Raffaele Tirso, Daniela Savoldi, Lorenza Merlini e la funambola Nadia Addis.

 

Bum Bum Bum… il sipario si apre al ritmo di Bardamù, ispirata e dedicata a Louis Fernand Cèline, una delle canzoni più significative per Capossela, il pubblico è in visibilio fin dalle prime note, sparati tra gli astri in pallone, rigonfi di musica, voliamo anche noi come ballerine in fila, leggere in tutù. Sul palco, tra grancasse, trombe a grammofono, percussioni, chitarre, violini e stropicciatori a valvola, prende vita lo spettacolo nello spettacolo. Inizia la festa e dai cieli di Polka di Warsava atterriamo su Decervellamento, pezzo pubblicato nell'album di Paolo Rossi Hammamet e altre storie. Guidati dall’inarrivabile maestro di cerimonie di Hannover, ripercorriamo l’inizio della vita moderna, le guerre, le catastrofi, gli albori del Novecento, lontani da un presente che oggi impone “la smaterializzazione della morte e della distruzione attraverso i droni”. Nei racconti di canzoni immaginarie, non manca un pensiero per Gaza, e per tutti i popoli vittime delle guerre. Intanto la magia dello show ci avvicina all’essenza di quelle cose che vengono dal profondo, “che affiorano a galla in scafandro e cilindro”.

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Spinti dal ritmo incontenibile della musica viaggiamo spediti senza respiro, tra rumbe, canti di mariachi, marcette ed echi gitani, difficile stare seduti senza battere il tempo, esultare. Capossela non si risparmia e non è mai solo, sorride, cerca lo sguardo del pubblico che puntualmente risponde e, indossato il copricapo del Marajà, riparte con il quarto pezzo dell’album pubblicato il 6 ottobre del 2000 e vincitore della Targa Tenco come Miglior Album in Assoluto. La carica emotiva sale alle stelle quando intona Canzone a manovella, ogni suono sconfina verso antiche melodie e ferma il fiato quando un-due-tre, l’orchestra suona I Pagliacci, testo ispirato al sonetto Li pajacci di Cesare Pascarella, uno dei punti di riferimento della poesia romanesca del 1900. Mentre Vinicio introduce il brano, compare Nadia Addis, poetica funambola circense che cammina in bilico su una fila di bottiglie vuote, sembra la scena di un film di Fellini, e mentre ne assaporiamo il gusto, a travolgerci è l'impetuosa Marcia del Camposanto, con due passi avanti e tre indietro, dalla Sicilia ci ritroviamo tra i pianoforti abbandonati in un magazzino di Lubecca. Persi negli aneddoti di Capossela sui vecchi pianoforti cogliamo l'invito a scoprire “il mondo delicato” della casa di riposo per musicisti intitolata a Verdi. E se la vita a un certo punto se ne va, noi continuiamo a viaggiare, è l’ora di Suona Rosamunda, ispirata a Se questo è un uomo di Primo Levi, la ben nota canzonetta sentimentale drammaticamente attuale precede l’Intermezzo bagnato da un bicchiere di vino idealmente condiviso con la platea.

 

Avanziamo insieme verso Salonicco sull’onda rebetika di Contratto per Karelias per poi emozionarci sulle note struggenti di Solo mia. Da Corre il soldato il passo verso Signora Luna è breve, e il continuo vagabondare esplode Con una rosa, omaggio alla fiaba L’usignolo e la rosa di Oscar Wilde. E tra le lancette dei grandi orologi che non esistono più e il rumore dei vecchi tram di Milano “i più belli al mondo insieme a quelli di Lisbona”, cantiamo in coro Nella pioggia, sapendo che insieme alla notte siamo giunti al termine del viaggio.

A chiudere la tracklist della serata è Resto qua, “un pezzo finale per arrivare al punto di partenza, all’incrocio tra Settembrini e Scarlatti”. Last but not least, l'omaggio per ricordare due cari assenti, Gianni Mura e Renzo Fantini, cui il maestro dedica rispettivamente L’absent e Il tempo dei regali, pezzo ispirato all’opera di Patrick Leigh Fermor. Sciolte le file dei posti assegnati, traboccanti di gratitudine e suggestioni, lasciamo che “il sipario ci avvolga come un mantello e ci riporti a casa”. Più ricchi e con la certezza di voler tornare. 

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Ph Barbara Pasquariello
Ph Barbara Pasquariello

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