Bad Bunny è la voce di un’isola che non chiede il permesso

Quando Benito sale sul palco del Coliseo di San Juan, il pubblico non esplode: vibra. È un suono che pulsa nelle viscere, che unisce l’entusiasmo del concerto alla commozione del ritorno a casa. Non è solo una questione musicale. È identità. È politica. È carne viva. Bad Bunny non è un artista che ha “portato Puerto Rico nel mondo”: è qualcuno che ha rimesso Puerto Rico al centro, che ha fatto dell’isola non un fondale esotico, ma la protagonista indiscussa del suo racconto artistico. E, allo stesso tempo, è come se fosse stata proprio l’isola, con le sue contraddizioni, a scolpire Benito Martínez Ocasio in ogni gesto, in ogni traccia, in ogni scelta di palco e di vita. Una terra che non è solo un luogo Puerto Rico non è un Paese indipendente, e non è nemmeno uno Stato degli Stati Uniti. È una terra sospesa, dolente, politicamente fragile, culturalmente potentissima. E da lì viene Bad Bunny. Nato a Vega Baja nel 1994, figlio di un camionista e di una maestra d’asilo, cresce tra la chiesa, le feste di strada, il rap e il reggaeton. Inizia caricando tracce su SoundCloud, senza etichetta, senza soldi, con un nome d’arte scelto quasi per gioco – da una foto di lui bambino con le orecchie da coniglio e l’aria arrabbiata. Ma dietro quello pseudonimo tenero e ironico, c’è un artista che, fin dall’inizio, sembra portare dentro un’urgenza: raccontare. Raccontare sé stesso, certo. Ma soprattutto raccontare la realtà che conosce, quella fatta di inflazione, blackout elettrici, razzismo sistemico, violenze sulle donne, discriminazioni contro le persone LGBTQ+, e il senso – condiviso e collettivo – di sentirsi troppo piccoli agli occhi di chi comanda altrove. Una carriera che è diventata racconto di sé e del mondo Se si guarda la carriera discografica di Bad Bunny, si scopre subito che non ha mai amato i confini. Né quelli di genere musicale, né quelli imposti dal mercato. Il suo primo album, X 100PRE, esce nel 2018 e già lì c’è tutto: trap, punk-pop, malinconia adolescenziale, tenerezza e rabbia. Con YHLQMDLG, nel 2020, esplode a livello mondiale e riscrive le regole del reggaeton: “Yo hago lo que me da la gana” non è solo il titolo dell’album, è una dichiarazione d’intenti. Fa ciò che vuole, anche a rischio di spiazzare. E lo fa anche con il disco successivo, El Último Tour del Mundo, che è il primo album in spagnolo a raggiungere la vetta della Billboard 200. Nessun compromesso linguistico. Solo la forza di un’identità espressa con coerenza e libertà. Nel 2022 arriva Un Verano Sin Ti, un album estivo solo in apparenza. Dentro ci sono spiagge, ritmi caldi, storie d’amore e balli, ma anche denunce feroci contro la gentrificazione, la privatizzazione delle coste, l’abbandono istituzionale. Brani come El Apagón lo rendono chiaro: “Que se vayan ellos, esta es mi tierra”, che se ne vadano loro, questa è la mia terra. Puerto Rico non è una cartolina, è un campo di battaglia, e lui è pronto a restare. "DeBÍ TiRAR MáS FOToS": l’album che resterà E poi c’è "DeBÍ TiRAR MáS FOToS", l’ultimo disco, uscito nel 2025. Già il titolo è un’eco nostalgica: “Avrei dovuto scattare più foto”, come a dire che certi momenti passano troppo in fretta, che non sempre siamo pronti a renderci conto di quanto siano preziosi. Musicalmente, è forse il suo lavoro più completo, più portoricano, più stratificato. Dentro ci sono la bomba, la plena, la salsa, il reggaeton più classico e il dembow più spinto. Ma anche pezzi dal sapore elettroacustico, ballad che sfiorano la poesia, frasi che sembrano estratte da un diario. È un album in cui Bad Bunny si mostra vulnerabile, radicato, e incredibilmente potente. La traccia "Lo Que Le Pasó a Hawaii" è una delle più forti: racconta l’impatto della speculazione immobiliare e turistica, le ferite che non guariscono, il senso di impotenza davanti al cambiamento che arriva da fuori e strappa. “No tiré más fotos, y ahora no recuerdo” canta nella title track. E sembra dirlo a sé stesso, ma anche a un’intera generazione che ha vissuto troppo in fretta per fermarsi a guardare. Una residency che è più di un concerto Dal 2024 Bad Bunny ha deciso di portare il cuore della sua musica a San Juan. La sua residency al Coliseo – intitolata "No Me Quiero Ir de Aquí" – non è solo una serie di concerti: è un’esperienza culturale. Ogni show è costruito come un affresco della portoricanità: video d’archivio, artisti emergenti locali, performance ibride, momenti teatrali, denuncia politica. L’effetto sull’isola è tangibile. Il turismo culturale è in crescita, certo, ma è la comunità a beneficiarne davvero: fondi reinvestiti in arte e scuola, progetti con le municipalità, borse di studio musicali. Puerto Rico, per una volta, "non è al centro solo perché serve a qualcun altro. È al centro per sé stessa". La voce di un’isola che non chiede il permesso Bad Bunny è un artista che ha sempre rifiutato di essere messo in una categoria. Non solo musicalmente. È stato uno dei primi uomini latini mainstream a sfidare apertamente l’estetica machista: ha indossato gonne, truccato le unghie, denunciato la transfobia nei suoi videoclip, sostenuto cause LGBTQ+ in un’industria ancora molto conservatrice. Non è un’operazione di marketing: è parte integrante della sua identità. E proprio come Puerto Rico, è fluido, complesso, contraddittorio. Ha imparato a trasformare la sua posizione ibrida – né completamente “americano” né “straniero” – in un punto di forza. La sua voce è diventata veicolo per raccontare le storie degli invisibili, dei marginali, dei giovani cresciuti nel rumore di fondo dell’America coloniale. Definire Bad Bunny oggi significa riconoscere che è molto più di una popstar. È un fenomeno culturale, sociale, politico. Ha scelto di restare fedele alla sua lingua, alla sua terra, alla sua estetica. Non ha mai chiesto il permesso di esistere. Ha preso lo spazio, lo ha riempito, e ha portato con sé tutta la complessità di Puerto Rico. E se oggi milioni di persone in tutto il mondo ascoltano la sua musica, ballano i suoi beat, leggono i suoi testi come fossero pagine di diario collettivo, è perché in quel suono c’è "una verità che non ha bisogno di traduzione". Bad Bunny è Puerto Rico. Ma forse, oggi più che mai, è anche tutti noi che cerchiamo un posto a cui appartenere.

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Bad Bunny è la voce di un’isola che non chiede il permesso

Giuditta Avellina