Come si fabbrica un tormentone? Viaggio nel mondo di Merk & Kremont

Cosa hanno in comune Jovanotti, Irama, Tananai e un groove irresistibile da ballare in spiaggia o su TikTok? La risposta, spesso, è Merk & Kremont. Sono tra i producer italiani più richiesti e riconoscibili degli ultimi dieci anni: classe '92 e '93, lombardi, Merk & Kremont hanno iniziato tra i mainstage EDM per poi firmare hit radiofoniche per Fedez, Tananai, Irama, Sangiovanni, Fred De Palma. L’ultima collaborazione li ha visti accanto a Jovanotti con un brano fresco d’estate, Oceanica, il cui artwork è stato affidato a uno dei nomi storici dell’hip hop mondiale: Taj Francis, illustratore ufficiale dei De La Soul. Un suono, il loro, che si fa riconoscere prima ancora di diventare melodia e lo fa in maniera trasversale da Good Times di Ghali a Tribale di Elodie o Furore di Paola e Chiara. Una cassa dritta, una sequenza percussiva, un pattern immediato: il tormentone comincia così. L'intuizione sta spesso nell'incastro ritmico che arriva prima di tutto il resto. Ma non basta un loop per costruire un tormentone. Servono struttura, mestiere, orecchio per ciò che funziona davvero: "Ogni parte musicale deve essere molto digeribile, intuibile, fruibile", spiega Giordano Cremona . La semplicità, in realtà, è il frutto di un lavoro complesso: "A volte ci accorgiamo che i brani migliori sono quelli nati in poche ore, da un'intuizione forte. Ma poi ci lavoriamo sopra mesi interi, cesellando tutto", aggiunge Federico Mercuri . Esiste una firma sonora riconoscibile per Merk & Kremont? Il tormentone, per Merk & Kremont, non è affatto una canzone banale. "Spesso si pensa che chi fa musica commerciale lo faccia solo per seguire il mercato, ma a noi piace proprio quel tipo di ricerca: studiare cosa può anticipare un trend, non solo inseguirlo". L'equilibrio tra gusto personale e richiesta radiofonica è sottile, ma è lì che si gioca la partita. "Abbiamo prodotto un brano per Alessandra Amoroso e Serena Brancale, Serenata, con un sapore da sirtaki. Era un'idea che avevamo nel cassetto da tempo, e riuscire a trasformarla in qualcosa di pop è stata una soddisfazione enorme", raccontano. Loro lo chiamano "pop consapevole": una costruzione dove ogni dettaglio sonoro viene scelto per accendere la canzone. Il metodo è condiviso ma complementare: Merk porta idee, suggestioni, impulsi da fuori e Kremont suona, costruisce, armonizza. Insieme hanno dato vita a Itaka, una factory di scrittura e produzione che coinvolge altri producer ispirata al modello di Max Martin. Esiste una firma sonora riconoscibile? "Amiamo il funk, il soul, le bassline con groove, la cassa in quattro quarti. Ma più che un elemento preciso o una cifra stilistica, è una sensazione", spiegano. "Forse lo può dire meglio chi ci ascolta da un po' o chi oggi, ad esempio, apprezza Oceanica, il brano prodotto per Jovanotti. Noi pensiamo a produrre. E a coltivare e poi a realizzare concretamente i nostri sogni". Quale sogno è ancora nel cassetto? "Collaborare con Dua Lipa". Il ruolo essenziale del dj in un'epoca dominata dagli algoritimi Nel 2025, colpire in 15 secondi non è una tendenza: è una regola. "Le nuove piattaforme hanno cambiato tutto. Devi concentrare l'idea subito, creare un loop che catturi l'ascoltatore già nei primi istanti". Ma questo porta con sé un rischio: "Ci sono canzoni che diventano virali solo per 15 secondi, e poi non convertono sulle piattaforme. E poi, in generale, anche se oggi devi avere un hook in 15 secondi, questa non è una cosa nuova. Ricordo di aver visto un'intervista di Quincy Jones dove Michael Jackson gli chiedeva di fare un fill di batteria che fosse riconoscibile e piazzato all'inizio. Ma anche Nile Rodgers degli Chic, artista geniale, usava il medesimo criterio. In fondo c'è sempre stata l'idea di ancorare sin da subito un motivo nella testa di chi ascolta, non è una logica nuova appartenente a TikTok, Spotify, agli algoritmi o alla viralità". Quali artisti riscoprirebbero Merk&Kremont? Ma, al di là della fruizione virtuale, il club ha un'incidenza effettiva nel decretare il successo di un brano oggi? "Sì, lo è ancora, nonostante ci sia una crisi del club in Italia, la gente cerca ancora contesti dal vivo in cui ascoltare musica. E lì il ruolo del dj è fondamentale nel consolidare un trend o nel guidare la riscoperta di pezzi poco noti o dimenticati". Quali generi e artisti riscoprirebbero Merk&Kremont è presto detto. Giordano punta tutto sulla "freestyle music, che si può considerare un’antenata della house. È un’evoluzione dell’R'n'B, arricchita però dalle prime sperimentazioni con le drum machine, cioè le batterie elettroniche. Questo le dà un sound molto particolare: all’epoca non si era ancora in grado di far suonare queste macchine in modo naturale, quindi le ritmiche risultavano fredde, robotiche. Ma sopra queste basi così meccaniche, i cantanti mantenevano uno stile molto R'n'B, ricco, espressivo, pieno di anima. È proprio questo contrasto che la rende interessante: non tutti la conoscono, ma è una musica davvero divertente. Basti pensare a Steve B., ad esempio". Federico sceglie invece "David Guetta che Bob Sinclar, venti o trent’anni fa, facevano musica molto diversa da quella che propongono oggi. All’epoca suonavano una house davvero bellissima. Guardando su YouTube vecchi video dei loro set a Ibiza o allo storico club Stato7, mi sono reso conto di quanto fosse affascinante quella musica. E sai cos’altro la rende speciale? Nessuno aveva il telefono in mano: vedi solo gente che balla, che si sfoga in pista, con una libertà e un’energia che oggi si vedono molto meno. È un altro mondo". Sara l'r'n'b il prossimo genere per creare un tormentone top? Oggi il tormentone sembra essere meno appassionane di quanto accadeva fino a qualche anno fa. "Forse anche perchè la musica urban ha saturato il mercato. Ora serve qualcosa di nuovo, qualcosa che venga dall'underground e faccia lo stesso percorso". La loro scommessa per il futuro? "L'R'n'B. Quello vero, contaminato, che in Italia non ha mai avuto spazio. Ci sono artisti promettenti, ma manca ancora la canzone giusta che spezzi il muro". C'è chi lavora per trovarla. E chi, come loro, la sta forse già scrivendo. Anche grazie ai pezzi che ammirano di più. "Per me è Happy di Pharrell", dice Giordano. "Perfetta, semplice, eterna". Francesco aggiunge: "Tutte le hit estive dei Maroon 5. Sembrano costruite col compasso". Nel frattempo, i Merk & Kremont continuano a scrivere e suonare. "Settembre si lavora per Sanremo. Gennaio per l'estate. E poi si torna in tour, a vedere se quel loop inventato in studio, un giorno qualunque, riuscirà a far ballare qualcuno sotto il sole". Alla fine, è questo l'obiettivo: fare qualcosa che resta. Anche solo per un'estate. Ma che valga la pena ricordare. Ma quindi come si crea un tormentone perfetto? Un’idea forte. Un loop riconoscibile. Una base che faccia muovere anche prima del primo ritornello. Un equilibrio tra intuizione e mestiere, tra gioco e struttura. E poi: cura maniacale del dettaglio, voglia di contaminare, attenzione al tempo in cui si vive. "Non si tratta solo di colpire subito, ma di farlo in un modo che abbia senso. Per noi il tormentone perfetto è quello che riesce ad accendere qualcosa nella testa e nel corpo, anche dopo la prima estate", spiegano. Per riuscirci, serve ascoltare molto, costruire insieme, condividere lo studio con altri produttori, testare, riscrivere, suonare. "Il 95% del nostro lavoro non si vede. Ma è lì che si gioca la differenza", dicono. E allora sì, il tormentone può anche essere un piccolo atto artigianale. Fatto con la testa, col cuore. E sì, con quel groove che, se funziona, non ti lascia più.

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