Samuel Costa, album Il Cantastorie: "Il pirata oggi è chi compie azioni corrette"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

L'artista spezzino pubblica per la prima volta un disco che porta il suo nome. Ci ha invitato a trascorre una giornata con lui, nella sua città, tra musica, racconti, aneddoti, pozioni misteriose e l'abbraccio della comunità dominicana. INTERVISTA ESCLUSIVA

La riscoperta delle tradizioni popolari si fondono con l’eclettica identità di Samuel Costa, che le ripropone attraverso la sua singolare e pungente visione. Il Cantastorie è nuovo folklore fatto di musica, racconti e teatralità. La chitarra è lo strumento con il quale le sue storie, i suoi personaggi e le sue rocambolesche avventure prendono vita, il tutto mediante un melting pot lessicale capace di fondere classico e moderno. Ho trascorso una giornata con Samuel a La Spezia, la sua città natale scoprendono angoli che, pur non essendo un luogo a me ignoto, non conoscevo. Ci siamo trovati in questo quartiere che si chiama La Pieve perché c'è una chiesa secolare. Tutt'intorno palazzi degli anni Sessanta e Settanta stipati di famiglie e di storie, con una loro dignità e un fascino tipico delle periferie. Migliaia di persone che fanno vivere quegli appartamenti, quelle strade, quelle aree verdi ma che non hanno un bar, un'edicola, un tabaccaio. Per un caffè occorrono o una macchina o gambe allenate. Eppure trasmettono un senso di accoglienza. Poi il lungomare, la nitidezza austera del Circolo Ufficiali, sullo sfondo da una parte Portovenere e dall'altra Lerici e Tellaro. L'Osteria Inferno è dove Samuel ha presentato dal vivo per la prima volta Il Cantastorie: non è orario di apertura ma ci accolgono e ci offrono quel calice di Prosecco col quale brindiamo ai pirati contemporanei, quelli che trasgrediscono rispettando le regole e non mostrandosi come infingardi rivoluzionari. Ultima tappa è piazza Brin, a due passi dalla stazione, dove vive la comunità dominicana più numerosa d'Europa, circa 10 mila persone che sono originarie, o lo sono i genitori o i nonni, della Repubblica Dominicana: mi raccontano, in quell'aria spessa carica di sali e gonfia di odori per citare Fabrizio De Andrè, che nel loro Paese non tutti sanno dove è Londra ma tutti conosco l'ubicazione geografica di Spezia. Sono accoglienti, prodighi di anedotti e di cortesie. Samuel è uno di loro, ai tempi della scuola aveva compagni di classe dominicani e dunque è stato accolto è di famiglia nonché di casa. E lui ringrazia collaborando con loro, condividendo con gli amici una comunità colorata e allegra che ben conosce il valore del sorriso. Il più profondo gesto di amicizia che mi hanno riservato si chiama Mama Juana ed è la bevanda tipica della Repubblica Dominicana: rum scuro, vino rosso, miele, erbe aromatiche e misteriose radici (c'è chi dice che sono sempre le stesse e chi che ogni casa ha la sua formula segreta) messe a macerare in una bottiglia. Alla fine della giornata, poco prima degli abbracci, mi sono sentito un pirata nell'accezione samueliana ovvero che oggi, nella stagione della prevaricazione, i veri Capitan Uncino sono quelli che sanno essere onesti e corretti. 
 

Samuel Costa all'Osteria Inferno
Samuel Costa all'Osteria Inferno

Samuel partiamo dalla storia di questo progetto: in quanto tempo è nato e come ci hai lavorato?

Sono storie vissute e c'è una lavorazione di quel vissuto che parte tanto tempo fa. La parte tecnica segna il mio ritorno alla musica dopo anni di stop. Sono stato istintivo nell'affrontare le canzoni, chitarra e voce, un approccio di pancia, non c'è dietro una session come oggi spesso avviene. Oggi sono figlio di una natura diversa nel concepire la canzone, sono essenziale e la parte intensa è vivere la storia che si vuole raccontare.

 

Chi è oggi il cantastorie? Ci si fida o ci si affida a uno storyteller?

Mai fidarsi. Nella tradizione lo siamo un po' tutti con l'esposizione dei social, tutti raccontiamo le nostre storie.

 

Chi è Samuel? Nasce a Spezia, la famiglia ha radici del Sud, frequenta la comunità dominicana. Al di là della tua visione del mondo oltre l'orizzonte, nella quotidianità chi sei?

Spero che non arrivi mai una risposta poiché se la trovo la missione della vita è risolta. Le domande esistenziali spero non abbiamo una soluzione se no finisce anche la mia croce creativa.

 

Il 17 luglio compi 34 anni: perché hai atteso così a lungo per il debut album? Considerato che oggi è tutto così veloce?

Ho percorsi di musica sotto altri pseudonimi, come Samuel Costa è la prima volta dopo la mia pausa eremitica. Ho aspettato così tanto perché non c'erano prerogative che mi permettessero di fare musica come volevo. Alcune avversità le ho colte per dedicarmi alla fotografia e per vivere la mia vita, aspetto che il passato mi aveva limitato.

 

Tu dici che fare musica può essere rivoluzionario e concordo. Come concordo che l'osteria può essere un luogo dove nascono le rivoluzioni. Temi, ogni tanto, di essere l'unico dei quattro amici al bar che non cede alle regole sociali e borghesi e continua a credere che sia possibile cambiare il mondo.

È già così, c'è un senso di solitudine, come quella dei numeri primi. Ogni tanto qualcuno salta sul mio vascello, ma resto uno che naviga in solitaria per la missione rivoluzionaria che porto avanti. Va anche detto che essere solo a bordo mi angoscia anche.

 

Mi fai il ritratto del pirata 2.0?

La pirateria è quella di esseri giusti. Ci si aspetta che il pirata vada contro le regole, invece in un mondo di prepotenza e prevaricazione è piratesco essere corretto.

 

La Società degli Aperitivi mi ha ricordato la Milano da bere di matrice craxiana degli anni Ottanta e Novanta: ad ascoltarti non è cambiato nulla? Siamo un popolo di indolenti, di remissivi o siamo quelli che vogliamo che tutto cambi perché nulla cambi?

Quel periodo non lo ho vissuto se non attraverso i racconti. Il parallelismo sull'atto dell'aperitivo sta nel fatto che in quell'epoca era una frenesia collettiva oltre che un fermento della moda. Oggi è un assopimento, è distrazione e dispersione di idee. È un annegamento di un certo tipo di pensiero e dunque lì non nasce più qualcosa.

 

Hai un aperitivo preferito?

La critica che è nel testo è rivolta a me stesso. Ho smesso con i super alcolici, prima bevevo molti Old Fashioned, ora ogni tanto mi concedo un calice di Prosecco.

 

Chi è La Signora dei Baci?

È andata altrove. È il ricordo di un momento della mia giovinezza legato al circolo sottufficiali di La Spezia dove stavo al pomeriggio; ero figlio di genitori separati e i miei nonni ci andavano tra una partita a pinnacolo e focose giocate a bocce. All'interno si muovevano tanti personaggi che ricordo nel testo, dall'ubriacone a quello col parrucchino fino a chi fregava i punti a biliardo. Poi c'era questa signora che in maniera impetuosa mi stritolava come una zia che non mi vedeva da anni, lasciandomi addosso segni di rossetto con le sue labbra rosso fuoco; e poi indossava tanti anelli d'oro. 

 

Esiste ancora il Samuel che giocava "a far l'adulto ma ero ancora un ragazzino"? Quando lo rivedi in quella fumosa sala da biliardo provi tenerezza per lui o fa parte di un passato che hai vissuto ma non ti appartiene più?

Lo vivo ancora adesso. Di alcuni traumi di quel momento dell'infanzia e della prima giovinezza porto ancora quel tipo di peso e sto cercando di farci pace. Non so se sarà fattibile ma è apprezzabile provarci. Quella parte di me e la necessità di esprimerla la ho ritrovata negli ultimi anni.

 

Il serpente che ti ha punto è quello tentatore del paradiso terrestre? O è molto più umano?

Molto più terreno. Più tangibile anche se la figura citata è allegorica e macchiettistica. Sono situazioni del quotidiano dove l'infamità si palesa con azioni reali. Per altro il serpente lo ho tatuato sulla gamba.

 

Eccoci a Carmela che ti ha rubato un po' di amore: chi è questa signora? È la versione carnale della sirena dei marinai?

Il richiamo ammaliatore con tutto il bene che le voglio non ha similitudine con la presenza fisica. È una signora italiana che fa il mestiere più antico del mondo, di una età, direi, tra i 60 e i 65 anni. L'ho conosciuta nei vicoli di Genova in quanto amica di mie amiche, e ti spiego perché mi è rimasta così impressa: facemmo scommessa, lei non voleva farsi fotografare e io pure se brutta vedevo in lei un sacco di bellezza. Le ho promesso che mi sarei fatto un tatuaggio dedicato a lei in cambio di una foto. La foto non è stata scattata, il tatuaggio me lo sono fatto lo stesso ma mai sono tornato da lei per mostrarglielo.

 

Sei nato a la Spezia ma Genova è più presente nei tuoi testi. C'è un motivo?

A Spezia ho dedicato un brano quando mi chiamavo Samuel Heron ed è in dialetto spezzino. Poi c'è il mio progetto sulla comunità dominicana dunque seppur sotto traccia la mia città c'è. E con lei il mio rifugio che è l'Osteria Inferno. Genova è un teatro molto più vivo per quello che ricerco io nel mondo, per me Genova è entrare a teatro, è stupore e ogni volta che mi guardo attorno vedo comparse interessantissime, è più impattante.

 

Alla fine possiamo dire che al di là delle sfighe che elenchi in Patapapan oggi sai accettare la vita per quella che è?

Mi lamento sempre, borbotto. Ho accettato la parte rocambolesca della vita, resto però un ipocondriaco professionista e auto-sabotatore. Vado a boxe quattro volte a settimana e mi riempiono di pugni poi mi punge zanzara ed è il dramma.

 

Che sviluppo avrà questo album? Lo porterai live o sei già al lavoro su nuovi brani?

L'intenzione di portarlo in tour nelle osterie, per richiamare una tradizione che mi ha ispirato e poi è lì che prendono vita le canzoni. È poco interessante conoscermi schiacciando play, dal vivo il racconto ha tutto un altro senso. Andro per osterie col mio chitarrista mentre la parte produttiva è tutta curata da me.

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