Il Mago del Gelato: l’unione tra funk, jazz e afrobeat non è mai stata così giusta

“Nicola Felpieri? Siamo tutti, e nessuno”, è il pensiero che mi raccontano i ragazzi de Il Mago del Gelato, formazione musicale milanese che, con il loro nome, hanno voluto omaggiare una gelateria di via Padova a Milano. Per chi non lo sapesse, via Padova è il crocevia di popoli e colori, l’esempio perfetto di contaminazione. E proprio lì è partita la storia di questa band, che unisce il funk, il jazz e l’afrobeat, in un melting pot musicale molto interessante. E, non meno importante, energico, bello e molto divertente. Ne parliamo insieme un pomeriggio, anche se la nostra conversazione non inizia con la classica domanda sull’album, "Chi è Nicola Felpieri?", che i ragazzi hanno da poco pubblicato. Ma parliamo del significato di essere una band oggi, in un periodo storico in cui c’è la tendenza a valorizzare i singoli artisti e non i gruppi. A maggior ragione se il genere musicale va un po’ in controtendenza con le mode del momento. "L'esperienza musicale per noi è qualcosa da vivere insieme alla gente" Loro, però, non hanno dubbi: “Per noi l’esperienza musicale è sempre stata qualcosa da vivere insieme. Non possiamo certo dire che sia facile, ma sicuramente è il modo che per noi è più spontaneo. Siamo tutti musicisti che hanno avuto un percorso variegato, hanno attraversato esperienze e generi musicali differenti, ma sempre con la voglia di condividere la musica. Le difficoltà dell’essere una band per noi sono un punto di forza: magari ci serve un po’ più di tempo per raggiungere dei risultati concreti, ma sappiamo che il risultato finale sarà il frutto della contaminazione di più teste, e a noi piace così” raccontano. Funk, jazz, afrobeat Quattro musicisti uniti da una musica non ordinaria, o meglio non molto suonata in Italia. Una musica che si può ascoltare in un jazz club a New York, ma anche in un locale di Caracas, oppure a New Orleans, con delle jam session improvvisate ma che restano impresse nella mente. Portare questa musica in Italia, oggi, non è cosa da poco. È una scelta molto coraggiosa che Il Mago del Gelato ha fatto, rischiando certo, ma con la volontà di fare qualcosa che fosse – e sia oggi più che mai – rappresentativa dell’identità musicale della band. “Hai centrato il punto”, dicono i ragazzi. “Noi abbiamo sempre avuto chiaro il nostro obiettivo: far ballare, muovere la gente. Il Mago del Gelato nasce nella seconda parte della pandemia: non c’erano occasioni di festa. Noi avevamo una passione in comune: l’afrobeat. Ci siamo incontrati nel nostro precedente studio con l’idea di suonare i brani che ci piacevano. Siamo partiti con delle influenze molto chiare, a partire proprio da Fela Kuti. Abbiamo iniziato così, e trovando anche una nostra strada, capendo cosa ci piaceva di più, quali elementi evidenziare. Tutto è nato dal bisogno di creare un ambiente di festa e relax allo stesso tempo. C’è tanta Africa, certo, ma tanta voglia di unire le nostre influenze. A livello discografico i nostri capisaldi della musica si sono spostati su un certo tipo di funk, non solo americano ma anche giapponese… tutti quegli autori che hanno portato musica oltreoceano. Però tutto nasce dalla voglia di far divertire”. Parola chiave: contaminazione Contaminazione ma identità musicale molto chiara: quella de Il Mago del Gelato lo è, nonostante le diverse e moltissime influenze. “Noi vediamo Il Mago del Gelato come un percorso. La nostra coerenza? Fare musica che ci racconta. Non ci sono riflessioni sull’identità a tavolino: quando suoniamo insieme e creiamo, capiamo subito se un brano ci rappresenta o meno. Il modo in cui abbiamo scritto l’album Chi è Nicola Felpieri? È frutto di brani fatti dal vivo, ma anche delle jam session fatti in studio. Ogni brano ha la sua storia. Il filo conduttore è la colonna sonora, che alla fine abbiamo creato. Tanti scenari sonori, in un disco. Tante storie, che ognuno di noi può inventare”, raccontano. E Nicola Felpieri chi è? “Tutti noi, dal vicino di casa a un collega. Ognuno di noi può esserlo. O scegliere di non esserlo”, aggiungono i musicisti. "I brani tolti dall'album? Maturano" E quanti brani sono stati tagliati dall’album? “Pochi, pochi”, mi dicono sorridendo. “Quando siamo andati in studio ci siamo dedicati circa due mesi. Quando abbiamo capito che il flusso creativo aveva raggiunto l’apice, ci siamo detti: ok, ci siamo. Di brani ne abbiamo esclusi due, per poi toglierne un terzo. Ma un altro è nato poco dopo. Non ci siamo messi dei limiti: abbiamo seguito il flusso, e alla fine l’album è nato senza difficoltà. C’è sempre della varietà, ed è quello che ci caratterizza”, aggiungono. E i brani tagliati, dove vanno? “Maturano! Non buttiamo via nulla. Le idee musicali che abbiamo sono lì, e trovano spazio quando il tempo è giusto”, dicono. E cosa vi siete portati a casa dalle tante date dal vivo fatte in questi anni? “Momenti bellissimi, sicuramente. E poi non dimentichiamo che passiamo tanto tempo in viaggio, che è sempre di ispirazione per tutti noi. Abbiamo anche preso un furgone insieme: tutti nello stesso spazio, per vivere il viaggio al meglio. Esperienze che ci uniscono ancora di più. Il furgone è la nostra casa mobile”, mi raccontano. Il Mago del Gelato, un esempio di melting pop Continuiamo a parlare di pop, anzi di melting pop, proprio quello che fanno loro. “Sì, se ci pensi il pop è la musica per le persone, e si differenzia dal pop mainstream. Noi facciamo musica per la gente, quindi siamo pop anche noi!”, mi dicono. Con la conferma che torneranno al Mi Ami Festival anche quest’anno ci salutiamo. Ma prima chiedo di dirmi i gusti della coppetta Il Mago del Gelato. “Quattro gusti con panna. Zenzero, cioccolato, stracciatella, nocciola. Zenzero? Ci piace il piccante delle azioni quotidiane. La stracciatella? Equilibrio e disordine. Cioccolato? Perché ne siamo quasi dipendenti, ma non può mai mancare in un gelato. E la nocciola? È un gusto buonissimo!”. Anche nel gelato, c’è la contaminazione. Come nella loro musica.

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