Rodrigo D'Erasmo firma le musiche di Caracas: "Per la prima volta ho affrontato Napoli"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Ilaria Magliocchetti Lombi

Il compositore e polistrumentista firma le musiche del film Marco D'Amore: un viaggio onirico e tormentato che ha al suo centro non solo una città ma tutto il Mediterraneo. L'INTERVISTA

Tratto dall'opera letteraria Napoli Ferrovia di Ermanno Rea, Caracas ha come protagonisti Toni Servillo, Marco D’Amore e Lina Camélia Lumbroso e racconta le anime di Napoli dagli occhi di uno scrittore quasi ottantenne tornato nella sua città dopo molti anni. Il film è una produzione Picomedia, Mad Entertainment e Vision Distribution, in collaborazione con Sky. Soggetto e sceneggiatura sono di Marco D’Amore e Francesco Ghiaccio. Il compositore e polistrumentista Rodrigo D'Erasmo firma la soundtrack (Edizioni Curci).

Rodrigo partiamo dall’inizio: quando ci sono stati i primi contatti di con Marco D’Amore e cosa ti ha convinto ad accettare la proposta?
C’eravamo conosciuti ai tempi di Ossigeno, la trasmissione che facevo con Manuel Agnelli, e si era già innescata una bella sintonia. Dopo un certo periodo ci siamo ritrovati a X Factor, nei corridoi mi prese da parte e mi disse che dovevamo parlare. Questo progetto stava nascendo, sono passati mesi e poi ci siamo visti a Roma: finalmente poteva parlarmene e darmi la sceneggiatura, è stata una bella chiacchierata in un hotel romano, ho trovato un uomo intelligente, appassionato, colto e con un fuoco preciso da regista. E’ stata la sceneggiatura, oltre a lui che mi ha convinto che il progetto era per me: stavo aspettando un film d’autore e questo è tratto da un libro di Ermanno Rea che racconta una storia quasi lynciana, con salti temporali, è quasi onirica.

A proposito hai letto Napoli Ferrovia di Ermanno Rea, libro che ha ispirato Marco D’Amore per il film?
Me lo ha impedito lui, ora lo leggerò. Ne ho recentemente parlato con Toni Servillo dopo la prima milanese.

Cosa ti affascina di Napoli e cosa invece trovi respingente?
La sua essenza appartiene anche alla mia terra, ho sangue brasiliano da parte di mamma. C’è un senso di pericolo sottotraccia unito a un magma che pulsa, che mi ha ispirato il brano Figlio del Vulcano, e che ti richiama. Quando ti avvicini torna a pulsare davvero. A Napoli sono legato anche per vicende personali oltre che artistiche. Quando ero piccolo la ascoltavamo a casa regolarmente la musica napoletana. Per la prima volta mi ci sono misurato.

Hai lavorato basandoti sulle suggestioni della sceneggiatura oppure sei stato sul set e hai visto parti del film?
Spesso mi sono recato sul set, ma prima del primo ciak l’80 per cento delle musiche erano già fatte. A Marci mandavo tracce su whatsapp e lui mi restituiva feeback, spesso molti positivi. In tre mesi aveva già trenta tracce e molte sono entrate nel film. Marco girava per Napoli con le mie tracce in cuffia durante le riprese. Toni si è complimentato per l’uso di legni e di corde. Il cinema è un lavoro di squadra è bellissimo: persone che stanno insieme per una unica causa proiettandosi in un altro tempo, si respira una grande magia. Ho visto la Napoli maghrebina e bastarda, è stato importante per me. Sono stato anche a Tunisi per avere ispirazione intorno a Lina-Camélia Lumbroso, che in Caracas è Yasmina, ho registrato suoni, tipo quelli di un minareto nei vicoli della casbah di notte.

So che un ruolo importante ha avuto Manhã de Carnaval, tratto dall’Orfeo Negro di Camus del 1959: che analogie ci sono tra Yasmina ed Euridice?
Parliamo di epoche completamente differenti ma le accomuna una forza e un dolore d’animo di fondo. Sono due donne di due Sud matriarcali. Gli uomini brasiliani sono fragili e hanno bisogno di una grande donna al fianco; poi ci sono donne della musica brasiliana che sono figure monumentali. Anche a Tunisi ho percepito che spesso il potere decisionale sta in mano alle donne.

Caracas ha una ideologia politica di destra molto forte e vuole convertirsi all’Islam: eppure la tua Chi è Caracas? è per me la canzone più dolce e meno contaminata dell’album: hai giocato sulla contrapposizione?
Lui è in quel bambino che alla fine racconta di sé, spera di tornare a vivere con suo padre, tende la mano a Giordano e alla fine e sente la luce di Dio. E’ la tenerezza di un uomo che si difende dalla sua solitudine diventando cattivo e cercando altri cattivi come lui.

Yasmina ha un afflato quasi spirituale, come fosse una preghiera, una richiesta di salvezza: è la tua narrazione di un amore impossibile?
Assolutamente, è quello che vediamo raccontare nel film, nonostante sia potentissimo, nemmeno questo sentimento supera la disperazione di Yasmina che assume toni tragici. Bisogna aggiungerci le differenze religiose e politiche. Yasmina è una figura sciamanica.

Tunis mon Amour è segnato da una chitarra triste, quasi fadiana: quale è il punto di contatto tra le due sponde del Mediterraneo?
Passa dal Portogallo ma c’è anche il flamenco. C’è il Maghreb, a Tunisi ho scoperto che sono più melodici, più vicini a noi. Ho portato la musica in giro per il Mediterraneo fino a tornare a Napoli.

Credo che il tema centrale del film sia la ricerca di una verità sull’esistenza, tema che ho trovato sviluppato in Uno Sguardo Dentro e Combattendo con se Stessi: è difficile tradurre in musica il tormento interiore?
E’ complicato a meno che non lo sia tu in modo naturale e io sono esattamente così. Per me è stato facile, lo sa anche Marco, il tormento è quello che ci ha fatto riconoscere. Lui si è fidato di me e della mia musica e mi ha dato libertà.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Dopo mesi di grande impegno, tra cui il Festival di Sanremo e uno spettacolo a teatro con Filippo Timi, ora mi fermo. Sto collaborando alle musiche di un documentario su Gian Maria Volonté e a una serie di Carlo Lucarelli sulla follia. Sono lavori più da compositore che di tour e così me ne sto un po’ a casa. D’altra parte per creare bisogna vivere e non stare solo in giro.

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