Beatrice Campisi & Francesca Incudine rileggono Sidun di Fabrizio De André: il video

Musica

La composizione, adattata in siciliano, tratta il tema dell'abbandono forzato della propria terra, la fuga, l'emigrazione, il dolore e la violenza che ne conseguono

IL VIDEO E' PRESENTATO DA UN TESTO ORIGINALE DELLE ARTISTE

"Sidun" è un brano in dialetto genovese, composto da Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani, in riferimento alla città di Sidone, teatro di ripetuti massacri durante la guerra civile in Libano. La composizione, da noi adattata in siciliano, tratta un tema che ci sta molto a cuore: l'abbandono forzato della propria terra, la fuga, l'emigrazione, il dolore e la violenza che comportano. Quando Appaloosa Records e Centro Astalli ci hanno proposto di partecipare a "Shaida-Tracce di Libertà", un triplo album realizzato a favore delle donne rifugiate, abbiamo pensato che questa rivisitazione fosse perfetta per l'occasione. Ci conoscevamo già da tempo, ma, durante un evento al femminile tenutosi a Milano, avevamo avuto modo di approfondire questo incontro, trovandoci da subito in sintonia.

Siamo entrambe impegnate nell'approfondimento di tematiche sociali, sia nel nostro repertorio musicale (vedi, per esempio, i brani "Cambiamento", "Zoo", "Avò" di Beatrice Campisi, vincitrice del bando Siae e Mibact per l'opera prima; "Zinda", "No name", "Linzolu di mari" di Francesca Incudine, Targa Tenco 2018), sia nella vita. Siamo due insegnanti, a contatto con storie dolorose, ma anche di integrazione e riscatto. Da questo comune sentire è nata l'idea di adattare "Sidun" nel nostro dialetto. Noi, isolane, trapiantate al Nord, abbiamo sentito il bisogno di dedicarci a questo progetto e abbiamo cercato di condurlo nel rispetto degli autori e del messaggio della canzone, ma rendendo personale il brano, facendolo nostro. Abbiamo sentito di dover mettere l'accento sul rapporto tenero fra madre e figlio, sulla disperazione e l'impotenza della perdita. Una prospettiva al femminile degli orrori di guerra, delle sofferenze legate alla migrazione dalla propria terra e alla separazione dai propri cari. Un innesto tra il nostro sentire e le parole degli autori, a cantare e a raccontare il dolore per “una piccola morte” che oggi, più che mai, risuona e ci travolge.

In queste ore in cui ci sentiamo impotenti e annichiliti di fronte alle immagini di distruzione e morte che scorrono sui social, l'unica voce che, come artiste, ci sembra di poter comprendere e interiorizzare, è "l'urlo nero" senza tempo, lanciato da persone innocenti, che piangono figli, madri, padri, persone care. Un sentimento universale che ci accomuna come umanità senziente ed empatica. De Andrè e Pagani sono riusciti a farsi portavoce di questo lutto con un brano potente e straziante, noi abbiamo provato a trasferire le loro parole taglienti e commoventi nella nostra lingua. Il messaggio è il medesimo, seppur interpretato da una prospettiva femminile: le vittime civili delle guerre, sottoposte a ingiustizie e crudeltà, alla detenzione, alla migrazione forzata, sono la ferita aperta di questo nostro mondo. La cura, secondo noi, può essere cercata solo nel dialogo, nella mediazione, nella costruzione di un clima di pace, accoglienza e crescita reciproca.

Il video, diretto da Lù Magarò con la partecipazione speciale dell'attrice e ballerina Rosy Bonfiglio, ripercorre questa visione: un viaggio tra colori e sfumature accompagna la coreografia, basata sull'interazione fra corpo, oggetti simbolici e proiezioni. Il dramma della madre, che ha perso il figlio durante un bombardamento, si alterna ora alla rabbia, ora alla tenerezza. Il telo blu, come le onde del mare, rappresenta la necessità di migrare e fuggire dalla guerra. Un video concettuale, che mira al profondo, con un montaggio artistico serrato, che segue il flusso musicale e alterna dramma e sospensione.

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