Festival Time in Jazz, è il giorno di Dhafer Youssef e Vincent Peirani

Musica
Dhafer Youssef - foto Sabine Hauswirth

Tra i protagonisti del festival diretto da Paolo Fresu (in programma fino al 16 agosto a Berchidda (SS) e altri centri del nord Sardegna), Dhafer Youssef, cantante e suonatore di oud e il fisarmonicista francese Vincent Peirani

La trentaseiesima edizione del festival Time in Jazz, che fino a mercoledì 16, si snoderà con il suo fitto programma di eventi tra Berchidda (Ss), paese natale del suo ideatore, fondatore e direttore artistico Paolo Fresu, e gli altri centri e località del nord Sardegna, vede esibirsi stasera due grandi artisti, Dhafer Youssef, cantante e suonatore di oud e il fisarmonicista francese Vincent Peirani.

i due grandi nomi di stasera 

Il fisarmonicista francese Vincent Peirani, al centro del set di apertura della serata in piazza del Popolo a Berchidda (ore 21.30), rappresenta una nuova generazione di musicisti jazz che rifiuta confini e limiti e, piuttosto che seguire i sentieri battuti, sceglie di esplorare nuovi campi, nuove strade nella musica. Dopo il pioniere Richard Galliano, punta a continuare ad ampliare le possibilità del suo strumento. Vincitore nel 2003 del primo premio al Concorso Nazionale Francese "Jazz à la Défense" con il sassofonista Vincent Lê Quang, Vincent Peirani ha collaborato con musicisti come Richard Bona, Wynton Marsalis, Renaud Garcia-Fons, David Krakauer, Daniel Humair, Youn Sun Nah, Michel Portal, Thomas de Pourquery, Louis Sclavis, Henri Texier, tra gli altri. Da solo o in piccoli ensemble, la sua visione musicale disinibita e cosmopolita, il suo grande senso del crossover e del colore, lo hanno portato a ideare alcuni dei progetti più fantasiosi del momento. Il fisarmonicista francese si presenta a Time in Jazz in trio con il chitarrista Federico Casagrande e Ziv Ravitz alla batteria e alle tastiere, gli stessi musicisti che lo affiancano nel suo ultimo disco, "Jokers", che dà il titolo al concerto: un viaggio caleidoscopico tra revival iconoclasti, la potente energia del rock (con arrangiamenti di brani di Marilyn Manson e Nine Inch Nails), ritornelli all'italiana (Nino Rota).
 

Il secondo tempo della serata di domenica vede il ritorno a Time in Jazz di Dhafer Youssef, cantante e suonatore di oud (il liuto tipico della musica araba) che è riuscito a liberare lo strumento dal suo ruolo tradizionale e portarlo nel jazz. Nato nel 1967 a Teboulba, un villaggio di pescatori nella Tunisia centrale, e cresciuto a contatto con la musica e i canti tradizionali islamici, ha cominciato a scoprire le potenzialità della sua voce fin da piccolo. Incontra il jazz a Vienna, dove si trasferisce a diciotto anni e intraprende un percorso che lo porterà a elaborare una propria cifra stilistica. Già nei primi album, "Musafir" (del 1996) e "Malak" (1999), si apprezza la sua straordinaria capacità di sganciare l'oud dal suo ruolo più tradizionale per connetterlo ad altri generi musicali contemporanei e di coniugare in modo originale musica araba e jazz; una miscela che si arricchisce di altri suoni e colori con l'introduzione dell'elettronica negli album successivi, "Electric Sufi" (2001), "Digital Prophecy" (2003) e "Divine Shadows" (2006). "Abu Nawas Rhapsody" (2010) e "Birds Requiem" (2013) segnano un ritorno ad atmosfere più acustiche e jazz nel cammino artistico di Dhafer Youssef: un percorso accompagnato e spesso condiviso con artisti di vari ambiti e provenienze musicali, come Markus Stockhausen, Paolo Fresu, Nguyen Lê, Nils Petter Molvaer, Bugge Wesseltoft, Eivind Aarset, Zakir Hussain, Tigran Hamasyan, Ballake Sissoko, tra gli altri, ma anche di due "leggende" del jazz come Herbie Hancock e Wayne Shorter. Dopo "Diwan of beauty and odd" (2016) e "Sounds of Mirrors" (2018) è di quest'anno la sua ultima fatica discografica, "Street of Minarets" che dà il titolo al concerto: con lui sul palco di piazza del Popolo, Mario Rom (tromba), Daniel Garcia (piano e tastiere), Souaeli Mbappe (basso elettrico), Shayan Fathi (batteria) e Adriano Do Santos (percussioni).

 

i prossimi appuntamenti 

Lunedì 14

Tra i protagonisti dei concerti "in decentramento", spicca la presenza di Roberto Ottaviano, nome storico del jazz nazionale, come certifica anche il recente riconoscimento di musicista italiano dell'anno 2022 al prestigioso Top Jazz, il referendum indetto dal mensile Musica Jazz tra i migliori esperti del settore. Classe 1957, sulla scena musicale da oltre quarant'anni, il sassofonista barese ha suonato e inciso con molti tra i più importanti musicisti europei e americani a cavallo tra diverse generazioni, da Mal Waldron a Giorgio Gaslini, da Pierre Favre a Kenny Wheeler, da Albert Mangelsdorff a Keith Tippett, tra gli altri. Tra le formazioni che Roberto Ottaviano dirige attualmente ci sono il quartetto di fiati Astrolabio (con Gianluigi Trovesi, Glenn Ferris e Michel Godard), il quartetto Sideralis (con Alexander Hawkins, Michael Formanek e Gerry Hemingway) e il quintetto Eternal Love, col quale ha vinto il premio Pino Candini di Musica Jazz come miglior disco del 2020. Il pubblico del festival potrà applaudirlo – il 14 agosto alle 11 nei pressi della chiesa di San Giovanni, a Mores - in duo con Rob Luft, giovane e pluripremiato chitarrista inglese che per il suo virtuosismo è stato paragonato a grandi nomi della sei corde come John McLaughlin, Al Di Meola e Paco De Lucia.
 
Nel pomeriggio (ore 18) il festival fa scalo al borgo di Banari per il concerto di Gianni Cazzola, nome storico del jazz italiano con i suoi sessantacinque anni di carriera musicale. Classe 1938, il batterista bolognese vanta innumerevoli e varie collaborazioni con artisti provenienti da tutto il mondo: Billie Holiday, Chet Baker, Lee Konitz, Franco Cerri, Lou Bennet, Luca Flores, Franco D'Andrea e molti altri. Definito "l'Art Blakey italiano" dal critico musicale Arrigo Polillo, nella formazione in scena a Time in Jazz Gianni Cazzola riunisce intorno ai suoi piatti e tamburi quattro giovani musicisti in un gruppo pieno di swing. Il quintetto, composto da Tommaso Profeta al sassofono, Attilio Costantino alla chitarra, Andrea Candeloro al pianoforte.

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L'edizione numero trentasei di Time in Jazz si presenta sotto il titolo "Futura", ispirato all'omonima canzone di Lucio Dalla, con l'intento di abbracciare idealmente diverse generazioni. Spiega Paolo Fresu nelle sue note di presentazione (citando un verso del grande cantautore bolognese: "Chissà domani su che cosa metteremo le mani e se si potrà contare ancora le onde del mare"), «Futura è un progetto d'amore sognato con la complicità di un muro innalzato da due superpotenze che, nonostante tutto, non cancellano quel bisogno di emozione e di pathos nonché di condivisione che alimenta le nostre vite. Un bisogno che permea e attraversa le differenti generazioni alle quali vogliamo dedicare il tema di questa edizione, la numero trentasei, di Time in Jazz. Lo facciamo utilizzando lo strumento che meglio conosciamo: la musica che, da sempre, è la portavoce delle istanze e dei bisogni giovanili nonché la voce narrante delle loro speranze. Futura è visione e coraggio. Quello del poter affrontare un presente complesso che mai avremmo immaginato di dover vivere e che va condiviso nel crossover generazionale e con quell'apertura che è del jazz in quanto musica meticcia e attuale».

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