Enrico Melozzi: "Con nuove sonorità conquisto le generazioni future"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Joseph Di Lello
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Il concertone è stato ideato per celebrare la cultura abruzzese e la tradizione musicale della regione. L'INTERVISTA

Diecimila persone per la prima edizione de La Notte dei Serpenti, il concertone ideato e diretto dal maestro Enrico Melozzi per celebrare la cultura abruzzese e la tradizione musicale della regione, tenutosi lo scorso sabato 29 luglio allo Stadio del Mare di Pescara. Ad aprire la serata è stato Mr.Rainche a sorpresa è salito sul palco accompagnato dal coro dei Piccoli Cantori Della Pace, regalando al pubblico di Pescara “Nu seme Nu”, un’inedita versione di “Supereroi impreziosita dal ritornello riscritto per l’occasione in dialetto abruzzese. Giusy Ferreri ha prestato la sua inconfondibile voce a Mare Maje (Scura Maje)”, uno dei canti della tradizione popolare abruzzese, con un’esibizione che ha commosso il pubblico e l’artista stessa. Gianluca Grignani, dopo aver emozionato con Quando ti manca il fiatoha proposto “Destinazione Paradiso” con nuovi arrangiamenti legati alla tradizione abruzzese e l’accompagnamento del coro in nuove parti in dialetto inserite nel testo di uno dei più grandi successi del cantautore. Nel cast de La Notte dei Serpenti anche la cantante albanese Elsa Lila e il cantautore Setak.

Enrico partiamo dal La Notte dei Serpenti: quando nasce l’idea e come ci hai lavorato?
L’Idea nasce due anni fa quando la Regione Abruzzo mi ha invitato a curare un progetto di valorizzazione della musica regionale. Ma il vero inizio risale a 35 anni fa a Teramo, dove sono nato, nel coro folcloristico dove ho imparato questi canti della nostra tradizione tramandati oralmente. E’ stato meraviglioso riprenderli e il fatto che li ricordavo tutti è stato un vantaggio enorme. Riadattarli è stato il lavoro più semplice anche se all’inizio avevo timore, sentivo il peso delle aspettative. Ho invitato quei ragazzi del coro e la maestra di allora ed ero in ansia. Poi ho visto sorrisi e lacrime e mi sono rasserenato. E’ una operazione necessaria e fondamentale per le generazioni future, catturate da un suono che comunque sa affascinare.
Oggi è sempre più forte il senso delle radici: in che modo iniziative come questa possono rafforzarle e contribuire a fare conoscere ai millennials le loro origini?
Intanto rinnovare il sound senza intaccare la storia. E’ stato un restauro, come una chiesa distrutta che la rifai rispettandone la bellezza originale. Ho creato un cortocircuito che dimostra che la lingua è viva. La traduzione a volte ha creato una poesia superiore all’originale.
Ragionandoci a cose fatte sei soddisfatto del risultato o cambieresti qualcosa? Inoltre ti chiedo come hai lavorato sugli arrangiamenti.
A bocce ferme ti dico che sono molto più che soddisfatto di quanto mi aspettassi, quando sperimenti può essere un successo ma anche un fallimento. Da anni non smetto mai di sperimentare, soprattutto da quando sono entrato a lavorare nel mondo musicale amato dalla massa. In questa occasione ho agito molto poco sugli arrangiamenti, il difficile era creare la macchina operativa e metterla a regime. Alle prove siamo andati già col suono definito: le ultime erano brevi perché eravamo rodati. E’ un metodo che ho affinato nel tempo, alle prove sono molto severo. Credo sia stato un lavoro grandioso perché siamo tutti artigiani.
Se dovessi spiegare a un adolescente il tuo laboratorio di musica collettiva, visto che siamo nell’era dell’individualismo, cosa gli diresti?
Fu un gesto provocatorio con risultati clamorosi. Nasce soprattutto per fare capire ai compositori che sono individualisti estremi: sono sempre soli e non condividono il lavoro finché non è finito. Nel lavoro è capitato che Il pluridiplomato fosse bocciato e il novellino le imbroccava tutte. E’ stato un grande momento di crescita collettiva: i Conservatori hanno perso lo spirito artistico, dovrebbero seguire questi esempi.
Passiamo a Sanremo: da dopo il covid sei uno dei direttori d’Orchestra più richiesti. Come è lavorare al Festival?
Sempre più bello col passare degli anni. Quest’anno ho seguito la mia idea per Mr Rain e la abbiamo portata avanti. I primi anni ero più un esecutore. Ora mi diverto di più perché invento delle cose. La musica deve unire e non devono esserci fanatici e loggionisti.
Mi racconti la tua prima volta all’Ariston? E, ammesso che sia nella lista di Amadeus, nel 2024 chi vorresti dirigere?
Fu assurda, ero nel pallone, persi il cappotto con pass, documenti e chiave d’albergo. Quando feci il saluto ero paralizzato e Noemi, che dirigevo, mi disse che sembravo il cartonato di Melotti. Ho capito che dovevo inventarmi qualcosa e fare uscire la mia personalità. La prossima edizione mi piacerebbe dirigere Luca Carboni. Ho visto il video della sua prima volta al Festivalbar e mi ha emozionato: è un artista straordinario e dal talento enorme.
Cosa succede nel mondo di Cinik Records?
E’ una esperienza conclusa da qualche anno. E’ stata importante perché si è dimostrata la mia vera palestra, ho imparato a fare regia, mixare, produrre, curare il rapporto con artisti e tirare fuori il meglio di loro. Ma una etichetta comporta che l’artista si affidi a te anche dopo la fine di un disco ed è un mondo che non ho mai compreso, non riguarda la sfera artistica bensì quella imprenditoriale. Io arrivo fino al master poi è compito di altri perché diventa una attività più imprenditoriale e quello non è il mio mondo.
La tua storia è fatta di opere prime: i 100Cellos, l’Orchestra Notturna Clandestina, i Rave Clandestini di Musica classica: quale è il prossimo orizzonte?
Mi piacerebbe riuscire a portare una mia opera lirica, un balletto o un’opera sinfonica alla Scala, al Bolscioi o a New York nel ruolo di compositore classico. Poi vorrei curare più da vicino Sanremo, stare nella camera dei bottoni. Ci metto anche un musical per Broadway.
Che accadrà in questo agosto?
Lavoro con Gennaro Nunziante che mi vuole per la colonna sonora del film con Pio e Amedeo. Poi sono impegnato in un altro film, stavolta di Simona Cocozza, un’opera prima che si intitola “Sotto Coperta” ed è tutto in napoletano. Poi c’è il montaggio de La Notte Serpenti per la televisione. Ci sono artisti che vogliono gli produca album. E io sono da solo. Seguo il consiglio di mio padre che era un restauratore: una volta mi disse se hai un assistente il lavoro lo devi fare due volte, la prima perché devi spiegarglielo, la seconda perché comunque non lo farebbe come lo hai pensato.

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