Monia: “Noi siamo come vimini ma la fantasia salverà l’amore”
MusicaL’artista ligure pubblica un nuovo singolo e a breve annuncerà le date dei suoi live. Ma le sorprese non finiscono perché prima dell’estate dovrebbe esserci un nuovo brano. L'INTERVISTA
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Ci sono persone che al primo ascolto ne comprendi l’arte, la cura per il lavoro, il rispetto per il prossimo. Questa è Monia Russo, artista ligure da poco uscita col nuovo singolo “Come Vimini”. Ne ho seguito il percorso umano e artistico e posso assicurarvi che è un fiore raro nel panorama musicale italiano.
Monia partiamo dalla storia di “Come Vimini”: quando è nato e come ci hai lavorato? So che la gestazione è stata lunga.
Diciamo che nella sua lavorazione c’è stata una breve interruzione per questioni discografiche. Dunque è rimasta sospesa un po’ ma nasce circa un anno fa da una situazione particolare che stavo vivendo e che mi ha presa dentro. Prima mi arriva il testo e poi la musica, ma tutto in modo spontaneo. E’ un viaggio ma pure un incastro mentale.
Il brano è un brano d’amore, un brano rassicurante eppure parla di come ci costruiamo problemi mentali inutili.
Ho lavorato molto su me stessa. Racconta di una voglia e un’intesa tra due persone sia fisica che emotiva, di aspettative esagerate che poi sfociano in paranoie e paure e dunque le belle premesse non vengono mantenute. Le problematiche purtroppo è più facile nasconderle che affrontarle. E’ autobiografica ma parlo di una situazione che riguarda molti.
Perché i vimini?
Sai sono robusti, forti ma intrecciati, sono la metafora di una storia intensa, bella, robusta ma mentalmente ostacolata dagli intrecci dei rami che non fanno fluire la linfa.
Difficile scrivere d’amore ai tempi dei social, dove tutto è già noto?
Può incidere ma salvano il tutto la fantasia e le aspettative. Se ne è già parlato infinitamente di amore e allora quel che conta è raccontare punti di vista differenti. La chiave è trovare il modo di un viaggio mentale che dia una soluzione a un tutto.
Tu parli di educazione emotiva: cosa intendi?
Dico che bisogna essere onesti con se stessi in primis e lavorare sui punti deboli. La famiglia fornisce le basi per vedere la vita in un modo piuttosto che in un altro. I limiti sono figli del contesto in cui siamo nati, dell’educazione che abbiamo ricevuto. All’interno della relazione si cercano evoluzione ed equilibrio. Se una storia va male dentro di noi lo sappiamo ed è per questo che serve l’onesta. Mettersi a nudo è la cosa più difficile.
Quando ti volti indietro e pensi alla Monia di “Un mondo senza parole” provi tenerezza oppure guardi con distacco un’epoca della tua vita?
E’ stato un periodo della mia vita. Se mi guardo indietro mi racconto che sono stata fortunata ma neanche troppo, avrei preferito andasse diversamente. Ma dico anche che doveva esserci un processo di maturazione artistica che mi facesse comprendere il mio valore. Quando è uscito “Un Mondo senza Parole” avevo 17 anni ed era tutto bello, non hai la percezione completa di quello che sta accadendo e quello che vorresti andare a fare. E’ un fluire ma in quel momento non lo realizzi.
Oggi invece di parole ce ne sono pure troppe e non se ne conosce la potenza: ti responsabilizza questo quando scrivi?
A volte ancora mi condiziona, penso che un mio verso possa essere travisato. Ma il bello è che ognuno sappia leggere una sua verità dentro le mie parole. Ci penso tanto anche, a essere onesta, dipende dai brani perché quando escono di getto il testuale arriva al cuore in modo diretto. Se invece tocco un argomento che non mi fa sentire sicura mi faccio mille fisime mentali e ho l’ansia che il messaggio non arrivi.
Sei stata per tre volte giudice all’Accademia di Sanremo: che idea ti sei fatta della nuova scena musicale?
Noto tanta improvvisazione. C’è molta superficialità legata soprattutto al mondo in cui viviamo. Si crede che con una storia su Instagram o un video su Tik Tok si possa arrivare ovunque. Per guadagnarsi una cosa bisogna faticare, dietro al lavoro del cantante c’è un mestiere fisico, emotivo e mentale. I social ti portano dove vuoi in maniera diretta. Prima che arrivassero mi ricordo che un cd era il regalo del compleanno e ascoltarlo aveva una sua ritualità. Oggi la musica è ovunque.
Sei infastidita?
Provo un po’ rabbia perché vedo la musica banalizzata ma aggiungo che la musica è un ciclo, prima o poi torni alle origini e infatti ora si è tornati agli anni Ottanta. Cambierà anche questo momento storico, torneranno la voglia di attenzione e di ascoltare. Per raggiungere certi obiettivi devi conoscere cosa c’è stato prima.
Dal 2018 a oggi hai pubblicato nove singoli: quale è quello che ti ha fatto dire…si sono un artista completa?
Ogni brano, a parte l’Ep “Punto a Capo” che già dal titolo capisci che è stata una parentesi, che arriva da un prima, fa parte della maturazione artistica. La svolta direi che è arrivata dal 2020. Con “Karité” e “Come Vimini” che mi rappresentano molto anche a livello a musicale. Ho abbandonato lo scrivere per piacere agli altri e mi concentro su quello che mi piace e che avrei voglia di ascoltare io. Essere autentici è l’arma vincente.
L’unica cover dove non appari è “Cellula”: perché?
In realtà è una mia visione di come mi piacerebbe vivere l’amore, una cosa sola come una cellula. Puoi dividerla in mille particelle ma sempre una cellula resta.
“Come Vimini” dice che la vita potrebbe essere più semplice il più delle volte…oggi come è la tua vita?
In questo momento ci sono tante cose che ho voglia di fare e intrecci da sciogliere sia lavorativi che personali. Non è periodo super rilassato.
Ci regalerai un singolo estivo? Hai progetti live?
E previsto, lo ho per altro finito da poco. Potrebbe uscire a giugno. I concerti arriveranno e a breve comunicherò le date attraverso i miei canali social. La missione è organizzare un live con più inediti e meno brani altrui da me reinterpretati.