Palmaria: "Siamo forti, identitari e millennial, siamo camaleontici...siamo Chameleon"

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Di base a Londra ma nati in Liguria, cresciuti di fronte all’isola da cui prende il nome il loro progetto artistico, Francesco Drovandi e Giulia Magnani ci accompagnano in un folle volo dove Icaro tocca il sole senza che le sue ali utopiche si sciolgano. L'INTERVISTA

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Chameleon ha un’anima r&b e pop, e un cuore luminoso come il sole della costa mediterranea, reso unico dalla voce ipnotica e avvolgente di Giulia e dalle chitarre di Francesco. I testi dei Palmaria sono evocativi e autobiografici, scritti sia inglese che in italiano e in alcuni casi sperimentano un originale mix come in Sunflower e Coney Island. L’ep è scritto dai Palmaria con il contributo di Lucia Carmignani, Joshua Mark Wheatley, e coprodotto insieme ai B-CROMA, Domenico Finizio e Marco Fugazza. È un’avventura attraverso i tanti immaginari di Giulia Magnani e Francesco Drovandi, un viaggio alla ricerca di sé alla scoperta della propria vulnerabilità. Il disco trae ispirazione dalle tante influenze dei due artisti, da quelle letterarie a quelle cinematografiche: dai versi di Montale e Neruda passando per film cult quali Eternal Sunshine of the Spotless Mind e MoonstruckLa natura, da sempre centrale nella loro poetica, rimane centrale anche in questo album. Nella title-    track Chameleon alcuni suoni sono stati registrati nei boschi e nel mare della Liguria e le tante suggestioni nei testi ne confermano la profonda sensibilità.

Giulia e Francesco partiamo dalla storia dell’album: quando avete iniziato a lavorarci e in questo viaggio musicale che è una costante sfida a superare i limiti avete mai temuto di fare la fine di Icaro?
Abbiamo iniziato dopo il primo lockdown e dopo quello che ha comportato a livello emotivo. Ci siamo ritrovati in studio a Milano ed è stato come tornare alla vita, abbiamo liberato l’energia compressa. Lì è nato il brano che dà il titolo e apre l’album. Molte volte abbiamo avuto paura di bruciarci ma siamo abituati ai rischi e ci piace osare anche a livello di suono e produzione.
Il titolo significa camaleonte, che è noto per il suo trasformismo, per il suo adattamento all’ambiente ma è anche un gruppo musicale, un brano di Herbie Hancock e con l’aggiunta di Karma diventa un pezzo dei Culture Club di Boy George. Sapevate che il mondo dei camaleonti della musica era così affollato?
E’ abbastanza affollato, è vero, poi dopo avere scritto il pezzo abbiamo iniziato a vederne ovunque. Ma la vita del musicista ti porta spesso a metterti in discussione, a indossare mille cappelli diversi come dicono gli inglesi.
Blue along my arms, green on my feet…mi ricorda un po’ la lisergica Lucy in the Sky with Diamonds. La prima frase dell’album dice che qualcosa sta cambiando: da dove parte il cambiamento?

Per noi il periodo di cambiamento è stato, come per tutti, nel post lockdown. Noi da fissi a Londra siamo tornati in Italia per un periodo. Iniziavamo a scrivere nelle due lingue e c’era la trasformazione. Osservavamo il cambiamento delle persone intorno a noi e ci piace raccontarlo: molte si sono guardate dentro e hanno scoperto cose nuove di sé e questo ci ha aiutato molto nel nostro percorso musicale. Abbiamo capito la nostra direzione.
Inoltre tra mondi geometrici e colori simmetrici sembra che il vostro mondo non sia rotondo ma pieno di spigoli, un po’ più simile alla vita quotidiana: è così?
La nostra generazione, quella dei Millennial, ha affrontato difficoltà e cambiamenti e ci piace parlarne nelle nostre canzoni. Fare musica dopo il lockdown è stato naturale. Nel brano comunque c'è più un riferimento all’atmosfera sognante del cubismo e della psichedelia.
Il girasole è il vostro fiore preferito? E poi lui una direzione ce l’ha, segue il corso del sole…voi dite di cercarla ancora. Contraddizione o poesia?
Il girasole non è dei nostri preferiti ma è come una bussola che ci aiuta e ci spinge verso la positività che emana il sole. Poi ha un movimento che non è sempre nella stessa direzione. Nella realtà continuiamo a cercare, cerchiamo sempre.
Se oggi, dalla Palmaria, metteste una lettera in una bottiglia a chi vorreste che arrivasse? Che messaggio conterrebbe?
Vorremmo fosse aperta tra duecento anni e chi la legge scoprisse che nel mondo qualcosa è migliorato, a partire dalla stessa cura del mondo e dell’ambiente. La missione è essere più umani.
Sono instabile ma ancora in piedi è la fotografia di questa epoca? E anche Fermo ad aspettare un anno alla finestra sembra quotidianità.
Il mestiere del musicista e la condizione di millenial pieni quali siamo noi sono instabili. Va detto che ci siamo scoperti un po’ più da grandi, molti si sono messi in gioco e abituati a un mondo più instabile. La musica e le altre forme d’arte devono dare idee e spunti e ci stache siano utopiche nel farlo, è il massimo che possono fare.
Quando è l’ultima volta che avete fatto un salto nel buio a occhi chiusi e avete trovato uno spicchio di luna?

Quando è iniziato il periodo del covid ci sono stati cambiamenti di vita quotodiana, di scrittura e di suono. Mai omologarci, vogliamo cercare di essere più unici possibili. A Londra abbiamo imparato a cercare qualcosa che rappresentasse solo noi, assumendoci i rischi delle scelte.
Se siete quello che siete è per tutte le ancore perse nel fondale cui è seguita una deriva?
Le cadute e i successi ci hanno portato a essere quello che siamo. Abbiamo un percorso da musicisti independenti, è tosto ma ci ha insegnato tantissimo e ne siamo fieri.
Cosa avete trovato nuotando fino alla fine del mondo?
Si torna sempre a galla...alla fine. Si va avanti e si nuota senza sosta, non ci si arrende mai. Dopo le Colonne d’Ercole non c’è la fine.
Cosa è successo a Coney Island?
Una estate speciale e non ce ne siamo accorti vivendola. Il momento di cui parliamo nella canzone è il ritrovamento di una foto dopo alcuni anni e guardando indietro abbiamo realizzato la bellezza di quel momento della nostra vita. Coney Island è un luogo speciale e di ricordi ma un posto così può essere ovunque, anzi è ovunque tutto è bello e spensierato. Per soddisfare la tua curiosità abbiamo mangiato un gelato.
Buono?
Isomma. Un gelato americano!
Quale è una cosa che vi siete detti un anno fa senza crederci e invece si è realizzata? Chi dei due è più bomba a orologeria?

Probabilmente riuscire a identificare un nostro modo di scrivere in italiano e inglese valido per Italia e per l'estero. I brani mistilingua riscuotono un grande supporto all’estero e in Italia, che pur essendo il nostro paese per noi costituisce un mondo più nuovo. La più esplosiva è Giulia, il detonatore è la sua impazienza.
Alla fine del viaggio possiamo dire che siete un po’ meno vulnerabili e vi conoscete anche un po’ meglio?
Sì anche se la vulnerabilità può essere un punto di forza. E noi ci sentiamo forti. Tutti siamo vulnerabili ma se lo riconosciamo possiamo ribaltare la situazione.
Che accadrà in questi primi mesi del 2023?
Dobbiamo ancora confermare le date ma faremo concerti in Italia e in Inghilterra. L’idea è partire in primavera.

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