Stereonoon, la vita in dissolvenza abita Places We Can Go Hide

Musica

Fabrizio Basso

Un lavoro equilibrato che ha consentito ad Anna Polinari e Max Tozzi, anime del collettivo, di essere pienamente consapevoli del proprio ruolo e di orientare il progetto verso il loro orizzonte artistico. L'INTERVISTA

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Il senso della sfida sta nell'innestare parole e sonorità differenti in ogni composizione senza tradire l'idea di partenza, che affonda le radici nel Nu Jazz. Il collettivo italiano Stereonoon, le cui anime sono Anna Polinari e Max Tozzi, ha battezzato il suo primo album in studio Places We Can Go Hide (Digital Noises/Artist First). I brani del disco, rispetto a quelli dell’EP del 2021 Yeah. And Stuff hanno sonorità più moderne in cui la  componente Nu Jazz, sempre presente, si defila un pochino lasciando spazio a elementi Pop e Neo Soul.

Partiamo dalla storia di Places We Can Go Hide: quando è nato, come ci avete lavorato e che valore ha oggi la parola collettivo?

Max Tozzi: Nasce nell’estate 2021. Era da poco uscito l'ep che ci era piaciuto molto, era un esperimento durante la pandemia che abbiamo realizzato a distanza, per lo più. Con Anna ci siamo conosciuti in piena pandemia. I brani di Places We Can Go Hide sono nati tra l'estate e l'autunno del 2021 e poi abbiamo iniziato a registrare, in più città e per quanto possibile in presenza. Il concetto di collettivo ci permette di non essere ingabbiati nella formula del gruppo e da subito ci interessava essere liberi.
Continuiamo a vivere in un’epoca di inverni senza preavviso oppure le stagioni stanno tornando alla normalità?
Anna Polinari: Dipende, per molti versi senza preavviso perché mi sono lasciata coinvolgere da ciò che sentivo a livello armonico. Ecco, diciamo che ho lavorato in direzione dell'armonia.
"They say it’s shame you run away": da cosa o da chi scappa il protagonista di So Well?
Anna Polinari: Scappa dai pregiudizi sociali, da quello che dobbiamo fare per forza, dall'idea di amore come la impone la società.
Max Tozzi: Ora sto cercando di stare fermo dopo essere scappato da altre cose della vita. In questa fase penso a fare qualcosa dove sono.
Everyone Says è la canzone più potente dell’album ma è accompagnata da un testo triste: ha smesso di suonare il telefono o è ancora tutto incasinato?
Anna Polinari: Ha smesso, ho scritto la canzone non con l’idea di tristezza ma come intolleranza e successiva reazione.
Max Tozzi: Due sono gli aspetti, il primo banale è che serviva un pezzo un po’ veloce, basta con i bpm intorno ai 90. Occorreva un pezzo per fare ballare la gente. Poi doveva essere leggero ma con un testo di un certo tipo e musicalmente strutturato. Mi sento di dire che il testo è un piccolo manifesto.
Che cosa lasciano i raggi del sole sulla pelle?
Anna Polinari: Dipende anche in questo caso. Un po’ di calore e benessere, la canzone è nata così, è una immagine positiva. E anche di equilibrio.
Max Tozzi: È il brano più ottimista.
I Don’t Mean ci porta a riflettere sul senso delle parole, sul loro valore e significato. Quando tempo dedicate alla ricerca in fase di scrittura? C’è un senso di responsabilità? Perché è vero che talks is cheap ma è anche dangerous. Avete nel cassetto qualcosa in italiano?
Anna Polinari: Sento molta responsabilità. Ho una buona conoscenza dell’inglese ma sono la prima a essere pignola, a cercare un tempo di maturazione. Sono testi più pensati, anche emotivamente. In italiano c'è stata una parentesi intima che è rimasta tra noi.
Max Tozzi: Il luogo dove ci andiamo a nascondere è proprio la lingua inglese. È un po’ una dissolvenza. Nel disco precedente la scrittura era condivisa, qui abbiamo voluto una unità testuale. Ci aggiungo che in italiano è difficile trovare un linguaggio comune.
Shiver mi conferma che uno dei temi cardine dell’album è il tempo: che rapporto avete con lui? È sempre poco? L’agenda domina l’essere umano o è gestibile?
Max Tozzi: Nessuno domina l’agenda in questo momento. Ci sta mangiando. Shiver è un pezzo sul quale Anna ha lavorato di più come testo, è anche uno dei primi nati.
Anna Polinari: È stato una ricerca approfondità e un dispendio di energie emotive importanti.
Inside the riflections sembra la versione musicale di Lost in Translation: la nostra esistenza appare un crocevia di vite degli altri… avete anche voi questa visione frenetica e distopica?
Max Tozzi: Siamo perennemente sui social, questa è la vita degli altri. L’essere umano la vive contemporaneamente. Siamo sovrastati dalle velocità con cui guardiamo la vita degli altri e con cui mostriamo la nostra.
Tornando al tema delle parole, pure in Matter of Geography si lanciano parole in giro solo che qui il mondo resta fuori: è così che si riscrive la propria storia?
Anna Polinari: È un testo descrittivo. C’è una persona rinchiusa e che osserva. Il protagonista non è felice della sua situazione, è un tenativo quasi disperato di connessione con l’esterno per rimettersi in gioco.
Max Tozzi: Ci si nasconde ma resta la disperata ricerca di mostrarsi.
Infine in To The Moon (and back) parlate di amore e cambiamento, due elementi che spesso diventano uno solo. È così anche l’anima di Stereonoon?
Max Tozzi: il cambiamento è una cifra di Stereonoon. Il nostro primo esperimento fu una cover e il primo disco è distante da quello che siamo oggi. È la nostra caratteristica in questa fase.
Alla fine possiamo dire che avete trovato la chiave per aprire il lato buono del vostro cuore e dunque non c’è più bisogno di cercare posti dove nascondersi?
Anna Polinari: Possiamo dirlo.
Max Tozzi: Concordo ma teniamocelo comunque un posto dove nasconderci per precauzione. Il piano b.
Che accadrà in questo 2023? Prosegue il progetto Stereonoon oppure avranno il sopravvento i progetti individuali?
Max Tozzi: Lavoriamo ai live in ottica primavera-estate e valutiamo l'uscita di un singolo con relativo video. Poi pensiamo all’estate, abbiamo una bella formazione con Riccardo Dolci ed Enrico Truzzi. La tentazione è di iniziare a cambiare il progetto quando suoni dal vivo, noi invece cerchiamo di preservarne l’identità. I progetti individuali ci sono ma in questa fase è prioritario il collettivo.

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