Le composizioni sconosciute di Ezio Bosso in una raccolta di inediti per quartetto d'archi. Partiture in cui troviamo l'emozione e la potenza di Ezio, dice il nipote e produttore delle nuove registrazioni.
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Con questo album di composizioni inedite, rare e pochissimo eseguite di Ezio Bosso abbiamo l’occasione di partecipare a un percorso nelle emozioni e nei guizzi di uno dei personaggi più coinvolgenti della musica italiana degli anni 2000. Oltre che come compositore, polistrumentista e direttore d’orchestra, Bosso ha toccato il cuore del pubblico per la sua esemplare forza di reazione alle malattie che lo hanno afflitto, ma non gli hanno impedito di fare musica, cioè di cercare fino all’ultimo la sua gioia.
Uscita digitale il 13 settembre, 51° anniversario della sua nascita, per la raccolta con il Quartetto n.4 “The four letters” e musica dalla colonna sonora di “Io non ho paura”, il film del 2003 di Gabriele Salvatores. L’esecuzione è del Quartetto di Torino, destinatario originale delle composizioni (Edoardo De Angelis e Umberto Fantini: Violini; Andrea Repetto: Viola; Manuel Zigante: Violoncello). L’ album, che avrà anche versioni CD e LP, è prodotto da Buxus Records e edizioni, fondata dai familiari dopo la scomparsa nel 2020 di Ezio Bosso. Il fondatore e amministratore delegato della società è Tommaso Bosso, nipote del musicista scomparso. Lo ho intervistato e ho visto in lui l’imprenditore, certo, ma soprattutto il custode di un lascito artistico così stimolante che ha necessità assoluta di essere condiviso con il pubblico: la musica sconosciuta di Ezio Bosso.
B.P. Perché questo album postumo di inediti?
T.B. “Perché è necessario mantenere, proseguire, valorizzare. Di solito tendiamo a ricordare ciò che non c’è più, dobbiamo invece provare a valorizzarlo. Tra le cose che Ezio ha lasciato ce ne sono alcune da riscoprire o proprio da scoprire: il Quartetto per archi ‘Le quattro lettere’ è stata una scoperta anche per me. Non l’avevo mai sentito dal vivo perché è rimasto nel cassetto per 17 anni, dopo due sole esecuzioni a Roma e Torino. Valeva la pena tirarlo fuori e farlo vivere.”
B.P. Il nome stesso di Quartetto per archi può forse intimorire chi non segue la musica colta, ma questa composizione mi sembra molto godibile, piena d’impulsi, con un’atmosfera vagamente di fine secolo, ma molto moderna. Non è così?
T.B. “Credo che la musica di Bosso, che può essere collegata alla corrente minimalista contemporanea di Glass e Nyman, per citare i più famosi, abbia sempre una componente godibile, ma soprattutto emotivamente forte. Non si tratta di semplicità: le poche note che ci sono devono essere eseguite in maniera tale da tirare fuori l’emozione necessaria: è questa la potenza della musica di Ezio. Il Quartetto n.4 è ispirato a quattro lettere di partigiani condannati a morte: due italiani, uno cecoslovacco e uno austriaco. In questa partitura c'è anche l’emozione della storia che ha ispirato la musica.”
B.P. Io vorrei richiamare anche un’altra emozione: quella del video che promuove l’uscita discografica. Risale ai primi anni duemila e vi compare un Ezio giovane, in piena forma. Lo vediamo dirigere con la grande foga che gli conosciamo.
T.B. “Sì, era il 2002, con un Ezio appena trentenne durante la registrazione della colonna sonora del film ‘Io non ho paura’ di Salvatores: quello è stato il primo lavoro a dargli la fama di compositore e tra l’altro è stato vagliato anche due volte per essere candidato all’Oscar, nel 2003 e nel 2004, se non ricordo male. Ezio era energia negli ultimi anni ed era energia venti anni fa: Ezio era quello.”
B.P. Credo di poter dire che la musica più popolare di Ezio Bosso fosse quella da lui composta ed eseguita al pianoforte. In questo album c’è un’altra parte, sicuramente non meno importante nella sua traiettoria di musicista, ma che ce lo fa conoscere diversamente. Quanto è importante questa parte di Ezio?
T.B. “Credo che non ci sia qualcosa di più o meno importante. Negli ultimi quattro anni di vita, quelli post-pianistici, per Ezio c’è stato il podio. Essere direttore d’orchestra è stato sempre la sua vera vocazione, ma c’è arrivato seguendo diversi percorsi, anche irrituali. Stiamo parlando di un contrabassista, di un compositore di colonne sonore e balletti, di un pianista solista, anche se non era un pianista puro e poi di un direttore d’orchestra. Oggi, quando sono passati quasi due anni e mezzo dalla sua scomparsa, dobbiamo vedere l’insieme, non soltanto i pezzettini. Abbiamo cominciato l’anno scorso con un documentario, abbiamo lavorato sulle sue parole con il libro ‘Faccio musica’, stiamo lavorando su tutto il suo corpus compositivo con la pubblicazione delle partiture, ora esce il disco. Tutto autoprodotto. Su Ezio Bosso compositore c’è ancora molto da scoprire, sono in preparazione altre uscite discografiche e ci stiamo già lavorando.”
B.P. Una domanda un po’ intima, per concludere: a due anni dalla morte, quando voi, i suoi cari, parlate di Ezio, cosa dite di lui?
T.B. “Non c’è mai tristezza. Al di là del fatto che era mio zio e abbiamo lo stesso cognome, mi ritengo fortunato ad averlo vissuto, perché era una persona veramente libera: ha fatto quello che voleva, come lo voleva, quando lo voleva, nonostante una quantità di sfighe che difficilmente si vedono tutte assieme in un essere umano. È stato un’ispirazione.”