Se la perfezione ha un’anima, allora l'ha creata l’ex One Direction che ha regalato alla città felsinea uno show suonato, emotivo, intenso. Stasera, 26 luglio, si replica a Torino. LA NOSTRA RECENSIONE
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Il pop tira fuori il suo pantone dei colori per accogliere Harry Styles. L’Unipol Arena brilla dal mattino. L’attesa, e il caldo, non spaventano le fan provenienti da ovunque per la prima serata italiana di questa icona delle adolescenti. Sia chiaro anche il popolo maschile è presente, ma è in netta minoranza. E una parte è composta da papà. I genitori si muovono a falange nel palazzetto di Casalecchio di Reno. Quelli che non sono dentro ieri sera hanno abbattuto il fatturato dei taxi e di Uber. A stemperare l’attesa i Wolf Alice, che sono stati fantastici, col loro rock e qualche ballad, a non fare i supporter ma a mangiarsi il palco. La frontwoman Ellie Rowsell una vera catalizzatrice di attenzione, carismatica come il resto della band che per circa mezz’ora ha sedotto un pubblico che attendeva solo la musica per un ristorate sushi.
Dopo un nostalgico brano degli One Direction passato a cassa dritta nel cambio palco e i Queen di Bohemian Rhapsody cantati all’unisono (e non lo avrei dato per scontato vista l’età media del pubblico), sulle note di Music for a Sushi Restaurant Harry Styles appare sul palco e, come un demiurgo 2.0, trasforma le lacrime di perline che erano un elemento distintivo insieme agli abiti sbrilluccicanti, alle coroncine e ai boa, in lacrime vere. Lui entra come un gladiatore nell’arena, salopette ocra e camicia blu con pois gialli. Corre, salta, il ciuffo si fa ribelle, nessuno è seduto nonostante qualche pugnace uomo della security ci provi a spegnere l'urgenza di ballare. Ma che si può fare per arginare il mare? Neanche Mogol e Battisti ci sono riusciti. Prende la chitarra, come John Wayne il fucile in Rio Bravo, e scarica raffiche di parole dorate…parole da Golden, che sembra, in una serata quasi antropologica, una crasi tra My God e un giovanissimo Holden. In più occasioni si cimenta con l’italiano dicendo che "lo sto imparando molto lentamente, quindi siate pazienti con me. Alcuni momenti più speciali della ma vita sono stati in Italia e sono molto grato per quello che questo paese mi ha dato. Vi do tutto il mio amore e voglio che stasera siate liberi di essere chi volete” (per la cronoca azzecca i congiuntivi). E arriva Adore You a sottolineare tanta passione. In alcuni momenti il videowall sembra un fumetto, pure un po’ psichedelico, ma pur sempre immaginifico e con sfumature infantili. D’altra parte Harry è uno storyteller, nei suoi testi si ritrova la generazione che dovrà salvare l’umanità. Da Daylight a Cinema è uno iato emotivo. Il tempo di un echeggiante “sei bellissimo” e la musica ci porta lungo le strade americane con Keep Driving, quasi un videogame sulfureo e verdeggiante come i boschi che accompagnano il viaggio. Il momento acustico lo vede nel cuore dell’Arena in compagnia di tre donne e la canzone non può che essere Matilda. Il coro della gente è così bello che Harry chiede one more time e saluta con un “grazie mille”. Ballad alla John Denver è Boyfriends che lui dirige con la chitarra. Zucchero non trattato le parole che pronuncia, panacea per i cuori in salute e per quelli feriti. Torna la band per Lights Up e ancora una volta mister Styles chiama a raccolta la “sua” Bologna che risponde con una miriade di luci colorate, rosse, gialle, verdi, celesti…insomma un arcobaleno Pop. C’è un attimo velocissimo in cui, sullo schermo, si sdoppia…servirebbe una polimerizzazione selvaggia per accontentare solo una minima parte delle fanciulle presenti.
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Dissolvenza e, udite udite, colori tenui per volare su Satellite: lui, saltellante pare davvero uno spiders from Mars. Ora il ritmo è infernale, dantesco e si passeggia nella Canyon Moon. Non perde occasione per arringare la folla: chi viene da Bologna? Chi dall’Italia? Chi dall’estero? I boati di riferimento sono più o meno simili e ciò conferma che siamo cittadini del mondo. Si preoccupa anche del popolo maschile. Sul palco volano i boa, qualcuno lo indossa, qualcun altro resta sulla pedana ma poi finirà nel baule dei ricordi felsinei. Insieme alle note di Treat People With Kindness e a quel molleggiarsi molto sensuale che di certo chi era a pochi metri dal palco avrà accolto con un brivido lungo la schiena. Ritmo invasivo con What Makes You Beautiful, epocale brano degli One Direction, uno dei brani più urlati dalla folla, cui viene concessa una cosa lunga quanto i boa che svolazzano in platea. Il primo sintomo che ci si avvicina al finale è con Late Night Talking perché presenta la band e poi accenna un Se Telefonando (non dimentichiamo che le musiche sono di Ennio Morricone) che la gente riprende e trasforma in un inno alla serata. Sono immagini distopiche a introdurre Love of My Life, tra resident evil e crepuscolarismo marveliano. C’è il momento canonico del palco buio, qualche popopopo di incoraggiamento, un tenue sei bellissimo perché ormai cosa le ragazze pensano di Harry è scolpito nelle stelle. Ma la magia continua, per il poco tempo che resta, con Sign of the Times, monumentale, Watermelon Sugar e Medicine. Un boato accoglie As it Was, eseguita con una violenza emotiva travolgente: la vox populi sussurrava che non la avrebbe eseguita e dunque…grata superveniet quae non sperabitur hora. Siamo alla fine che, dopo i saluti a Bologna e il ringraziamento a chi non va sul palco ma è determinante per la costruzione di uno show, ha il gusto selvatico ma rinfrescante del Kiwi e l’eco finale di un sei bellissimo. Il Pop e la perfezione hanno un’anima e l'ha dimostrato Harry Styles.