Reclame, La Vita L'amore e quello che resta.: un viaggio tra incanto e disincanto

Musica

Fabrizio Basso

Credit Matteo Consolazione
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L'album, caratterizzato da un pop elegante, è stato concepito come una serie di variazioni sulle tematiche amorose. L'INTERVISTA

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I Réclame continuano a muoversi su un pop elegante e ricercato, in cui prendono la lezione dei cantautori del passato, rielaborandola e rendendola propria in un progetto del tutto originale che mantiene saldo il contatto con il presente e le sonorità più moderne. La Vita, l’Amore e quello che resta. parte da uno dei temi più cari all’arte, l’amore, declinandolo nello stile musicale della formazione, in cui le diverse storie e i personaggi si innestano su un tema comune che prende direzioni varie e molteplici, in cui a dominare è sempre l’indagine sulle relazioni umane e le loro complessità. Ne ho parlato con Marco Fiore, l'anima del gruppo.

Marco partiamo dalla storia dell’album e da un titolo che è già un romanzo. Valutiamo anche che parlate di relazioni umane che in questi due anni sono state rivoluzionate.

Il disco nasce come una serie di variazioni sul tema amoroso che viene declinato in dieci diversi maniere. L'amore per antonomasia è da sempre uno dei topos più perlustrati dalla storia. La canzone Pop degli anni 60, da Luigi Tenco a Gino Paoli fino a Umberto Bindi, ne ha fatto un qualcosa di emblematico. Abbiamo chiuso il disco con un finale aperto che mette in discussione tutto il percorso dell'album stesso, ovvero di che amore si parla e dei tanti modi di amare.
Conseguenze si apre con “ce n’è di strada davanti a noi” eppure racconta la fine di un amore: perché un verso di speranza?
L’incipit ha una funzione descrittiva. Come nei romanzi, l’inizio cala nel paesaggio e nell’atmosfera. Qui i due protagonisti sono legati alla vita spesa insieme, non è che uno specchio della relazione, va avanti ma torna anche indietro. È una contrapposizione.
Il “rivediamoci” di Per Innamorarci è uno spiraglio a una seconda opportunità?
Più che una speranza è una ragione d’essere del protagonista che si trova in una relazione alla Romeo e Giulietta contemporanea, con una chiusura mentale oggettivata dall'immagine del rosario al collo.
Va bene così anche se non sei stata sincera: c’è un confine tra accettazione e ribellione?
La ribellione per me è un qualcosa di giovanilistico, una rabbia giovane, già affronta nel precedente lavoro Il Viaggio di Ritorno. C’è una linea di confine ma è sottile, tutti i brani sono liminali, tra senso della fine e nuovo inizio.
La Lolita moderna che cantate voi cosa ha di diverso da quella di Nabokov? Il fuoco dei lombi è lo stesso? I tre passi della lingua sul palato sono gli stessi?
Sostanzialmente sì, mi piacerebbe pensarlo. È importante parlare di concetti universali: non è solo una relazione, è uno scontro generazionale, è una costrizione sociale che impedisce l’agire umano.
Come vi siete approcciati alla violenza domestica di Finché morte non vi separi?
Ci siamo affezionati. Siamo partiti dal punto di vista. Prima volevamo fosse raccontato dalla ragazza o dal compagno poi abbiamo capito che c’è un terzo occhio che riesce a dare una sfumatura altra. Cantiamo un amore contradittorio perché anche in fin di vita lei continua ad amarlo.
Il desiderio di Sarebbe stato meglio così è malato: come si può curare?
Più che curare si può alleviare. È una forma di idealizzazione verso l’altro, ci siamo portati e non si abbatte in toto. Serve una mediazione tra reale e irreale, se no ritrovi la donna angelo del Trecento quando tutti sembravano parlare con la stessa donna. Il rischio è che a idealizzare troppo ti innamori di una testa senza corpo.
Una relazione è come vivere in un mondo controvento? Bisogna sapere orientare le vele? Siamo sicuri che ritornare è sentirsi vivi?
Siamo sempre su una linea di confine, gli ultimi brani virano sul pessimismo. C’è il senso della fine, quel ritornare è anche un ritornare alla vita ma viene osteggiato da una realtà che ci appare in un modo ma si rivela poi al contrario.
C’è solamente un modo per saperlo… forse neanche quello: un finale da disamore, direi…
Questo è pessimismo. Il punto del titolo è un masso che grava su questo senso di aspettativa. Pessimista ma anche esistenzialista, è un riflettere sull’amore che entra all’interno della vita e quello che poi resta. L’oceano è grande visto dal basso, dall’alto è un buco, ovvero che spesso cose grandi si rivelano misere.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Abbiamo una release a Roma il 18 giugno e stiamo aggiornando il calendario. Faremo un po’ di date all’aperto per poi chiuderci nei club in autunno.

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