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Generic Animal e l'arte di addomesticare i mostri con Benevolent

Musica

Fabrizio Basso

Credit Guido Borso

L'album si colloca in una terra di mezzo tra età adulta e infanzia, sogni e incubi. Dieci tracce che si muovono tra rock e post-rock, dal sapore underground e con la giusta dose di leggerezza pop. L'INTERVISTA

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L’animale generico è diventato più specifico. Accetta le contraddizioni, sfugge alle definizioni, delinea un’umanità strana, deforme, meravigliosa come solo le imperfezioni sanno essere. Non si può dare un nome a tutto soprattutto se non vuoi distruggere la semplicità o l’impulsività dei tuoi gesti. Capita di essere cattivi tentando di essere buoni e viceversa. Capita di sembrare persone che non si è davvero. Capita di volersi bene senza mai dirselo una volta. Benevolent è il nuovo disco di Generic Animal (La Tempesta Dischi). Arriva due anni dopo Presto e segue di quattro il suo primo album, eponimo. Il titolo rappresenta la buona disposizione d’animo. Un atteggiamento positivo verso l’invidia e l’arroganza; gli inciampi e le sfighe del destino, più in generale. Ma un po’ di benevolenza è riservata anche ai nostri peggiori difetti, un’amichevole pacca sulla spalla alla malvagità del nostro io. Tutto il progetto nasce dalla necessità di protezione, dai demoni della vita e ovviamente dai nostri. L'intervista con Luca Galizia, così si chiama per l'anagrafe, è a singhiozzo, stavolta la tecnologia non aiuta. Ma l'artista sa scherzarci e riporta tutto in una anomala normalità.

Luca pasticci un po' con pc.
Sono uno young boomer e faccio un po’ fatica con la tecnologia, devo anche riprendere confidenza con le persone.
Passiamo all'album.
Benevolent era il nome più oscuro ma anche buono e gentile da potergli dare. Non ci sono stati dubbi. In un libro di storie e leggende giapponesi avevo letto di Benevolent K, una figura lacustre di fiume che se combatti e sottometti diventa il migliore amico. Ero in fissa col buono mascherato da cattivo e viceversa.
Addomesticare i mostri potrebbe essere il sottotitolo: quali demoni hai accolto nella tua vita?

Sono sia le cose buone che cattive, da non gestire con entusiasmo ed euforia; oppure è essere contenti delle cose che hai fatto ma che sono sbagliate per gli altri, tipo esce il mio disco ma c’è la guerra. O sentirsi a tratti una riserva, uno di serie C, tutte macro-sensazioni che nel mio cervello sono mostri e cerchi una facciata differente per affrontarli, dal vocione a essere st***zi. Poi non che sia così ma così me la figuro su chi è intorno a me.
La tua visione musicale del disco?
E’ il primo dove faccio una ricerca profonda: sono partito con demo più complete e poi è stato fatto un lavoro dalla brutta alla bella copia registrando di nuovo tutto ma mantenendo l’idea originale della demo. E’ ispirato ai dischi che avrei voluto fare a 15 anni. E’ di ispirazione fine anni Novanta.
Quanto la pandemia ha influenzato il disco?
Ha fatto da segnalibro, ho iniziato a scriverlo subito dopo Presto il mio terzo disco. Ci sono blocchi di tempo che hanno scandito il ritmo. Ci sono un paio di testi legati a un po’ frustrazione, pensa solo al fatto che mi hanno annullato un tour di 30 date. E’ comunque un disco liberatorio per il tempo e i mezzi che mi sono preso per farlo.
A proposito ci sarà il tour?
Parto ad aprile da Rivoli e andrà avanti finché avrò la forza di respirare. Ho una band speciale, fantastica.
Ti poni a metà tra l'età adulta e l'infanzia: dell’infanzia hai un ricordo negativo?
Chissà se esistono davvero i bambini cattivi? Forse lo ero e i miei genitori non lo capivano. Le due età vengono trattate alla pari. L’infanzia la racconto in modo didascalico.
Esaminiamo qualche brano: Aspetta?
Contiene le voci di amici cui sono molto legato. E’ la sola canzone forse senza una storia
Riverchild?
Ha un bn beat svarionato un po’ post rock scritto nella prima quarantena che poi ho deciso di musicare.
Nessuna ollaborazione.
A meno che non sia il mio idolo non ne faccio. Ho provato con l’estero, ho contattato qualcuno ma non ci sono riuscito.
Non perdere tempo, stare calmi, stare al centro: che vuol dire per te?
E’ una frase gratis da psicologa, quando entri nel loop della meditazione, è legata al mindfulness. Parla di come una terapia scandisca l’umore e la durata delle tue giornate.
Incubo è un brano versatile: come vedi l’unione tra i generi?
Vorrei fosse vissuto come un pezzo pop rock. La mancanza di contatto fa venire voglia di sballarsi. Il rock è un genere stantio ma è pire una sicurezza, ora si sta rinnovando sia esteticamente che politicamente.
L’album si chiude con Recinto.
E’ il primo brano che ho scritto, racconta la mia relazione attuale che il covid ha rafforzato. E’ il brano più fantasmagorico. Era scarnissimo e lo abbiamo trasformato in un qualcosa di ombroso, pieno di onde.