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Cance si mette a nudo come una Mosca Bianca: il video

Musica

Il brano è una lotta contro il flusso continuo di chi parla credendo di sapere cosa sia meglio per te, pur non avendo idea di chi tu sia, di cosa vivi e provi. Il video è introdotto da un testo esclusivo dell'artista

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Può sembrare facile parlare di sè, raccontarsi. Ad essere sinceri io ho sempre preferito che la musica parlasse per me. Sono rimasta fregata un pomeriggio, a metà anni '90, quando sulle gambe di mio papà ho iniziato a strimpellare la sua vecchia Yamaha. Cresciuta in Liguria con Bob Dylan e la musica d'autore italiana in sottofondo, il mio primo palco è stato tra i banchi di scuola. Per i miei compagni non ero Giulia ma Cance, diminutivo del mio cognome orgogliosamente sardo, che decisi da allora di portare sempre con me. Si perché Cance non è solo un soprannome: è casa, sicurezza, genuinità. Racchiude la mia essenza di persona e di artista.
 

Nel 2015 mi sono laureata in Canto Jazz (la musica afro-americana mi ha sempre in parte influenzata) e l'anno successivo mi sono trasferita a Londra, dove ho vissuto per due anni e conseguito il Master Degree in Popular Music Performance. Ho avuto la fortuna di suonare sia in Italia che all'estero in contesti diversi tra loro, dai club e festival alla strada; ho respirato e assorbito culture musicali di ogni genere, collaborando con artisti talentuosi ed eclettici. Anni spesi a conoscere e conoscermi, sperimentare, per poi arrivare nel 2019 a “tirare le somme” e dare vita al mio progetto inedito. Ho pubblicato così il primo singolo "Conosci?" (premio UNDER 35 "La Musica Può" di “Musica Contro le Mafie 10^ ed."), l'ep “Orablu" e il mio cammino si è poi incrociato con quello della realtà MUSA Factory, etichetta dove le donne sono protagoniste della musica per il cambiamento e la diffusione di “best practices”.

“Mosca Bianca” è il secondo singolo che realizziamo e nasce da un mio pensiero semplice ed ironico, dopo aver avuto a che fare con l'ennesima persona che ci teneva a dirmi cosa ne pensasse di un argomento che non la riguardava e di cui non sapeva nulla: "Già, stavo proprio aspettando la tua opinione..." che è un modo per dire: "Ma tu cosa ne puoi sapere?". Inizio a canticchiare questa frase in maniera incisiva, supportandola con degli stacchi di chitarra acustica, registro in seguito un'idea di struttura del brano, melodia ed arrangiamento, e chiacchierando con l'amico e cantautore Maurizio Musumeci nasce in pochissimo tempo il testo, scritto a quattro mani. La canzone racconta la difficoltà di mettersi a nudo in una società che ci veste costantemente di giudizi e opinioni, specie quando si appartiene a una "minoranza". E' una lotta contro il flusso continuo di chi parla credendo di sapere cosa sia meglio per te, pur non avendo idea di chi tu sia, di cosa vivi e provi; un inno alla libertà di essere se stessi, unici, e un invito invece a quella parte che "non vuole o non sa ascoltare" ad agire con meno egoismo e pregiudizio e provare a raggiungere l'essenza delle persone, attraverso lo scambio profondo. Anche dal punto di vista musicale ho voluto liberarmi di ogni tipo di sovrastruttura mantenendo un arrangiamento minimale, che partisse proprio da "quella" chitarra acustica di cui vi parlavo all'inizio.

Il corpo è verità, è l'essenza delle persone, assieme al mondo che nasconde dentro di sè. Tutto il resto, ovvero tutto ciò che sta sopra, come le proiezioni che vedete nel video ideato dal regista Luis Turetti, è solo una costruzione, una rappresentazione simbolica dei giudizi della gente, da cui non dobbiamo lasciarci spaventare. Ci tengo a concludere lasciando questo messaggio: soltanto esercitando l'empatia possiamo davvero sperare di poter costruire una società migliore.