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Avus Ars, la sua cura in musica si chiama Benzodiazepine: il video

Musica

Un testo (quasi) poetico per un video intenso e suggestivo che racconta cosa sono amore e sofferenza

Sono Alessio, aka Avus Ars:
Persona curiosa, poliedrica e libera.
Proiettato verso una continua ricerca di emozioni, quelle vere, non quella ricerca spasmodica di emoticon sul cellulare.
Amo l'amore, la vita e me stesso.
Amo l'arte in quanto speranza e unica via di salvezza dalle sopracitate.
Avus, dal latino, Nonno.
Ars, dal latino, Arte.
Avus Ars, in un'estrema sintesi, è questo.

Benzodiazepine, il mio ultimo singolo, nasce la mattina del 29 maggio del 2021.
Giorno del mio compleanno.
Mi alzo dal letto ancora un po’ assonnato, alle 12 circa e, come quasi tutte le mattine, vado in bagno per farmi la barba.
Stanotte non ho chiuso occhio.
Mi agito, scuoto la testa per non pensare, ma non ci riesco.
E mi agito.
Tramontana, bufera che spazza via le nuvole e scuote i rami di quel vecchio giovane albero e fa volare via le foglie fragili nate in primavera ormai inoltrata.
Fredda. Gelida. È quasi inverno.
Un vento tanto forte e veloce da sentirne il fischio potente, maestoso.
Divino.

Con le mani faccio spazio agli occhi, ancora non del tutto aperti, spostando dolcemente e nervosamente i capelli.
Davanti lo specchio.
Ed ecco che una vocina che si diverte a giocare con il vero me sussurra: chi sei?

Una delle domande che assillano il nostro inconscio recita più o meno così:
“Sarò amato?”
Una delle paure più profonde è proprio questa.
La paura di non essere scelti (o forse dovrei dire visti, capiti), la paura di non essere amati, la paura di non valere abbastanza.

Ma cosa vuol dire Amare? E Amarsi?
Cosa sei disposto a fare?

Tutto. Che in realtà è nulla.

Prendersi cura di se stessi fino a distruggersi totalmente, passando attraverso fasi di ricerca/costruzione di un'identità vana.
Non ci appartiene nulla perché non ci conosciamo abbastanza.

Le lacrime sembrano scaglie di ghiaccio che non riescono ad uscire dalle orbite e la rabbia somiglia ad una fiamma soffocata da tronchi di legna bagnata, sorrisi a denti stretti per non far uscire urla di disperazione e parolacce e imprecazioni.

E, per contro, guai a gioire troppo. La felicità genera una diffusa diffidenza. È quasi sospetta, somiglia ad un indizio che, sommato agli altri, può condurti in prigione.

Vola basso - sussurra il mondo.

Hey Tu, chi sei?


Sulle note di un piano arpeggiato e sintetizzatori vari che sanno un po’ di psichedelico (proprio come l'amore) nasce una voce alla ricerca di salvezza.
Da chi?
Da te, da me, dal mondo.

Un kick profondo prende a calci quelle insicurezze e quella sofferenza che attanagliano le nostre anime, nel nostro inconscio più nascosto.

Sofferenza.
Già solo la parola mette ansia, paura. Quella paura con la P maiuscola, ma anche la A, la U e via dicendo.

Ma non soffrire equivale a giocare a mosca cieca in autostrada.
Non soffrire equivale a non vivere.

Davvero vuoi morire prima di aver vissuto?

Di cosa hai paura?
Io di tutto. E ora di niente.

Una sezione di violini crea intimità, quella che dovrebbe esserci ogni qual volta ci si guarda allo specchio.
Ci si guarda davvero.
Cosa che non succede mai.
Mai.

L'amore e la sofferenza sono due emozioni che non possono viaggiare su una linea retta. Alti, bassi, pumping, distorsioni, sint.
Roxy Music, Afterhours.
Elettropop.
Ecco cosa sono l'amore e la sofferenza.

Spettacolo: Per te