Mario Venuti mette il Brasile nella grande musica italiana con Tropitalia

Musica

Fabrizio Basso

Credit Monica Silva
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L'artista siciliano prende alcuni classici della nostra tradizione e li veste con sonorità esotiche creando atmosfere ipnotizzanti. L'INTERVISTA

Tropitalia è il nuovo progetto discografico di Mario Venuti nel quale l’artista si diverte a rimescolare le carte di undici brani che dagli anni Trenta ai Duemila hanno segnato a loro modo la musica italiana. Il risultato è un grande affresco dai colori dei tropici, amore dichiarato ed espresso sin dai tempi di Fortuna, primo singolo dell’esordio solista del 1994.

Mario quando è nata l’idea di Tropitalia e quando il covid la ha rallentata e modificata? Come hai ragionato sulla scelta dei brani?
L'idea è nata a marzo 2020, appena siamo rimasti chiusi in casa. Mi sono ritrovato a casa, su Youtube, a vedere vecchie cose e intanto buttavo giù accordi, avevo il testo davanti e quegli accordi si allargavano alla brasiliana. Proporre canzoni italiane in sala tropicale mi è parsa una idea divertente, focalizzata e precisa.
Non è la prima volta che sei attratto da quei ritmi.
La mia passione risale a vent’anni fa quando ebbi una ubriacatura tropicalista. Passione che periodicamente riemergeva come fiume carsico e ora le ho dato un volto da purista con l'aiuto di Tony Canto, ci siamo avvalsi di percussionisti brasiliani.
La scelta del brani?
Nessun criterio razionale di scelta, si andava a cuore con l’intento di nobilitare la musica leggera che nella sua semplicità ha resistito all’usura del tempo. Serviva un po’ di svecchiamento per presentare le canzoni da un altro punto di vista, nobilitando l’aspetto autorale. Siamo stati classici, misurati, minimali, abbiamo abbassato le tonalità per togliere enfasi e retorica. L'aspetto ritmico e l’esuberanza brasiliana sono una grande ricchezza cuturale generata dalla cultura africana. Se ci pensi l'aspetto armonico della bossanova si avvicina al jazz oppure minimale. In Voar (Nel blu dipinto di blu) abbiamo azzerato l'armonia e trovi Bahia col suo orgoglio nero che ha portato una musica molto basata sulle percussioni con poca melodia. In generale ti cito Rai Momo di David Byrne come riferimento.
Il titolo?
Tropicalia è un disco del 1968 che inaugura il tropicalismo: per svecchiare la bossanova sono stati itrodotti elementi rock, suggestioni di Beatles, Jimi Hendrix e Rolling Stones. Io lo ho trasformato in Tropitalia.
L’ordine della tracklist come è stato definito?
Non c’è un filo logico.
Hai sentito altre versioni prima di metterti all’opera? Nel caso di Vivere quale è la più intensa per te?
Ricordo quella stralunata di Enzo Jannacci, quella di Luciano Pavarotti e altre di certi tenorini. Il testo, scritto negli anni Trenta in pieno fascismo è attualissimo.
Una folata di libertà. Quasi l'opposti di Non ho l'Età.
Vivere per il messaggio che manda è un manifesto di libertà sessuale, qui non c’è l’amore romantico di Non ho l’Età.
Ti emoziona o ti avvilisce la sua contemporaneità?
La ho trovata rivoluzionaria per il periodo. La persona che vuole godersi la vita è attuale. Il testo ha indipendenza, individualismo, una singletudine sbandierate come un valore. Invece con Non ho l’Età ho creato spaesamento, mi sono messo nei panni della ragazzina innamorata di un adulto innescando uno spaesamento anagrafico e di genere, un fluid gender sessuale e anagrafico: mi ha divertito in un paese machista come l’Italia. Chico Buarque dà voce alle donne ma in Italia non si fa molto, tutti hanno l'ansia di cambiare il genere, ma la canzone non comporta che canti di te stesso: dai una voce a una donna.
Come è cambiato il colore dei tropici dai tempi di Fortuna?
E’ un Eden immaginato anche se non è così, il Brasile è un paese difficile, violento, con forti differenze sociali e molta povertà. Però è ricco culturalmente: c'è gente di favela che ha visto i film di Federico Fellini, film che da noi non hanno mai visto fasce di popolazioni benestanti. Veloso è un artista intergenerazionale, fa brani pop ma con testi di un intellettualismo raffinato. In Italia penso che solo Franco Battiato abbia fatto cose simili. Caetano è molto radicato alla tradizione, ha ripescato Carmen Miranda, gli ha dato un altro significato anche ironico.
Come ti sei ritrovato con Patrizia Laquidara?
Tutto è avvenuto in remoto. Abbiamo affinità elettive come anche con Joe Barbieri. C’è un terreno comune che ci lega.
Per innamorarsi basta sempre un’ora o i social hanno tolto la poesia?
Siamo sempre a dire una volta e non voglio passare per uno che guarda al passato. Penso anche ai lati positivi della diffusione della musica, oggi con lo streaming ascolti tutto, una volta era più complicato. Ma è anche vero che oggi tutto scivola un po’ via, non si approfondisce a meno che non ti fissi su un nome.
Il brano più moderno è Xdono: dove hai girato il video?
Lo ho girato vicino a Palazzolo Acreide, in una vecchia azienda agricola ottocentesca abbandonata ma integra nonostante i furti perpetrati negli anni. Aveva il fascino di sembrare anche una fazenda del Brasile o del Messico, sottolineando il legame tra i Sud del mondo.
Aprire Vita con un fischio è un po’ un richiamo pirandelliano al treno che ha fischiato, un incitamento a sapere cambiare?
Non la ho pensata così ma comunque è un periodo di cambiamento per me, ci sono i passaggi dell’età dove sai che non sei più un ragazzino anche se un po’ ci provi…ma ci sono maturità e cambiamenti. Ho fatto un salto di qualità, prima stavo in corsa con i prodotti Pop ora parte una nuova stagione, sarebbe ridicolo andare sul terreno dei giovanissimi. Con calma farò un disco di inediti ma basta pienoni di tastiere sovrapposte ed eletrronica, darò più spazio a voce e testi.
In questa stagione di Reunion hai mai pensato a ricreare i Denovo?
Le reunion mi mettono melanconia. Ci siamo ritrovati in particolari occasioni, nel 2014 quando è stato ritrovato il nostro primo disco in modo sigolare, romanzesco: lo avevamo registrato a Firenze, conteneva 12 canzoni. Ne vennero pubblicate 4 su un mini album, il Q Disc, come si usava allora. Il nastro è stato ritrovato in una cantina a Venezia, riversato in digitale e pubblicato per i 30 anni. Siamo in ottimi rapporti, se capita l’occasione suoniamo ma oggi solo alcuni si ricordano di noi, opto per nuove esperienze, sono pronto a collaborare con altri, a creare cose belle come fatto con Francesco Bianconi.
Che accadrà da qui a Natale?
Stiamo programmando date che verranno comunicate a breve. Tra fine novembre e dicembre farò qualcosa poi si riparte a inizio 2022. Lo spettacolo lo ho già testato in estate e con i ragazzi spesso parliamo tra noi in portoghese. Dovremo valutare la capienza dei locali per poi ragionare sui costi.

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