Dardust, geniale e visionario il suo Storm and Drugs Live

Musica

Fabrizio Basso

L'artista marchigiano viaggia e fa viaggiare con la sua musica. Ci porta in galassie sonore che appartengono al futuro e non vorresti mai tornare sulla terra

Se, come si dice, la cratività non ha prezzo, Dardust con il suo Storm And Drugs Live ha creato un'opera musicale, visiva e ipnotica dal valore inestimabile. Sissa Trecasali è un luogo (quasi) anonimo nella bassa parmense, ci sono un Rocca e il Po poco distante. C'è una degustazione misera che costa quasi quanto una cena in trattoria, c'è gente cortese che sorride sempre ed è prodiga di informazioni. Dario Faini, un po' Dardust un po' DRD a seconda dei progetti che realizza, ha fatto tappa in località Lo Storione, dove il grande fiume borbotta placido e scivola verso il suo Delta, con la penultima data del suo Storm And Drugs Live. Un'ora abbondante di musica e suggestioni che il pubblico assorbe con stupore, incredulo che un artista e due musicisti (oltre ovviamente a tutto il personale che contribuisce alla realizzazione di un concerto) riescano a costruire tanti mondi in così poco tempo. La rassegna si chiama SCORRE – Il festival, un fiume di suoni, parole e pensieri sul Po e dietro c'è la regia attenta e saggia di P.E.R. - Promoter Emlia-Romagna.

Non una parola fino ai ringraziamenti finali, solo musica, effetti speciali, immagini. Storm And Drugs Live è la grande seduzione dell'arte. Il piano di Dardust sembra un altare pagano che trasmette immagini. E lui, un po' cerimoniere un po' sacerdote laico, sembra in estasi nel declinare la sua musica. La accompagnano formule algebriche e raggi di luce alla entrapment che lui, toccandoli con le mani, traduce in suoni: una cosa mai vista! I video che accompagnano i brani, che curano l'anima nella prima parte e svegliano i sensi nella seconda, richiamano Edvard Munch e Alien, mostrano una zattera di profughi, una città distopica invasa dall'acqua che trasmette un senso di biblica apocalisse. I ricordi vanno in ordine sparso e incontrano Don Chisciotte che chissà dove guarda, un albero scheletrico che riporta nelle trincee poetizzate da Giuseppe Ungaretti e all'incartocciarsi delle foglie di Eugenio Montale quando il male di vivere ha incontrato. Ecco il palco tingersi di rosso, è un deserto, per poi rasserenarsi in una via Lattea che incontra Saturno con i suoi anelli. C'è il periodo scozzese, dove i tre uomini sul palco, indossano il kilt, e il senso selvaggio di un lupo che corre, chissà se in fuga da qualcosa o in cerca di qualcosa. Fino a un finale colorato e lieve con le sue decine di farfalle che sono speranza. Il Po vicino continua a scorrere e io ho visto cose che voi umani...Dardust è il Blade Runner della musica.

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