La cantautrice cagliaritana con una lunga esperienza in ambito folk, con la sua ritmica brasiliana e le tinte jazz insegna a fare pace con il dolore. L'INTERVISTA
Le mie ali, il nuovo singolo di Chiara Effe, ha un pregio: poggia solo sulla voce. Il resto degli arrangiamenti sonori sono volutamente essenziali: l’immancabile chitarra, dei beat pensati e accolti in sala e poche ma importanti note di contrabbasso. Il videoclip, diretto da Luis Turetti, è stato pensato con l’obiettivo di esprimere leggerezza attraverso i colori, una tavola imbandita, la speranza di un (nuovo) amore e un bel lieto fine. Tutta l'opera nasce dall’idea di rigenerazione, emozionale ed emotiva e il video naif e scanzonato vuole rappresentare la semplicità, l'amore e la felicità omaggiando la vita. Questi concetti sono esaltati da uno stile da pellicola anni Settanta, arricchito da citazioni di classici della commedia italiana.
Quando è nato il singolo? Hai avuto dubbi con altri brani?
Nasce qualche anno fa ma lo ho sempre trovato attuale anche se ce n’erano altri in gioco. Scegliere è sempre difficile ma mi sono affidata allo staff di Musa Factory la mia etichetta.
E’ la prima volta che usi la musica come terapia così intima?
Inconsapevolmente lo faccio da sempre, consapevolmente è la prima volta.
L’incipit del video che ti vede scalza rappresenta anche i sassolini, o i macigni, che ti sei tolta dalle scarpe?
E’ una lettura interessante, la scelta di essere scalza in realtà è stata del regista. Io adoro stare scalza, anche in alcuni concerti lo sono. Adoro il contatto con la terra e quando arrivo a casa la prima cosa che faccio è toglierle, non fa differenza se è estate o inverno.
Hai ritrovato le tue ali o sei ancora a fianco ai tini per la vendemmia?
Trovata, a volte le ali rientrano ma le abbiamo tutti. Bisogna stare dentro per riportarle fuori, sono come quelle dei robot che possono sparire ma esistono sempre.
Come si capisce quando è il momento giusto per rifiorire?
Quando sotto c’è solo la terra e il suo buio e ti fai una domanda e scopri che sei un semino che può germogliare ancora.
Adesso hai paura delle mani che promettono di non lasciarti andare o hai ritrovato fiducia?
Ora mi sento molto più forte, anche per questo ho scelto come singolo Le Mie Ali, perché disegna un percorso. Potevo essere più pop e orecchiabile, questa è una canzone che parla anche di morte ma era il suo momento.
Alla fine del video però porgi il braccio e non le mani: perché?
Faccio cenno al protagonista maschile di raggiungermi, il braccio è il segno che adesso sono pronta. Il video è un corteggiamento, prima quella persona non riuscivo ad averla a fianco per difficoltà, ci si scontra con se stessi ma nel momento che citi sono pronta e gli dico: vieni.
In Se Poi fai La Pace parli dell’amore per i difetti: è lì l’amore completo?
E’ lì che nasce la condivisione, lo è nonostante i difetti e le cose che possono non andare bene, lo è nonostante le incompletezze.
Questo è il primo passo di un nuovo progetto: che direzione prenderà?
I testi prima di tutto, la bellezza del cantautore è il poter mettere più generi al servizio del testo. Io sto di più dietro agli arrangiamenti e alla musica che accoglie i miei versi. Poi c’è chi sceglie i suoni, un lavoro bello e raffinato. Il mio strumento è la voce.
E’ difficile vivere di musica ed essere donna?
Secondo me è facile. La voce femminile è un biglietto da visita che apre diverse porte. Per me è mamma che canta quando nasco, ho vissuto con questa prospettiva tutta la mia esperienza e mai mi sono trovata in difficoltà. Ho visto chi ne ha abusato per fare spettacolo e lì ho visto meno musica. Ma alla base di tutto c’è lo studio, c’è vedere i propri limiti per migliorarli: e questa non è una questione di sesso.
Cosa ti manca e cosa ti resta di Via Aquilone?
Mi resta un disco e non mi manca niente.
E dei concerti a domicilio?
Ora ne faccio tanti e sono quelli che prediligo. Lavoro a offerta libera e suono senza amplificazione, il solo cambiamento è la stagione: in casa o all’aperto. In Sardegna si possono costruire veri tour suonando nelle case.
Parlami delle canzoni su misura.
E’ una idea di qualche tempo fa per vivere di musica mentre ancora studiavo. Se vivi di notte e studi di giorno la vita si capovolge e per cercare un po’ di regolarità ho fatto post su Facebook. Sono arrivate tantissime richieste: mi facevo raccontare la storia, la scrivevo e la spedivo al committente. Se arriva l’ ok andavo in sala a registrarla e consegnavo la versione definitiva. Lo faccio ancora oggi a periodi e mi ha permesso di vivere durante il covid. E’ il lavoro più bello del mondo, sono nate tante amicizie, molti mi hanno reso partecipe di un pezzo della loro vita. Queste canzoni non le suono durante i concerti perché sono personali a meno che non ci sia una richiesta precisa.
So che scrivi da sempre: conservi tutto oppure ogni tanto svuoti i cassetti?
Conservo tutto. Svuoto solo per rileggere perché ci si ritrova in quello che si era. E’ come se fossero vecchi diari. Scrivo con la penna, non uso il pc. Avendo scritto anche per il teatro e il cinema sono piena di quaderni ordinati e catalogati.
Donatella, Sai, Emma…senza il loro amore avresti fatto comunque questa vita?
Forse avrei fatto scelte diverse. Mi hanno insegnato a essere donna e la delicatezza che uso nell’approccio con la musica. Nella mano che scrive c’è una discendenza. Loro sono mia mamma, mia nonna e sua sorella.
Al mattino parli sempre con la solitudine?
Ultimamente no ma ci so parlare se si presenta. Ho così tante cose da fare che non trova tempo per me.
Che accadrà nelle prossime settimane?
A settembre rilascerò il nuovo singolo. L’11 agosto sarò ad Albanella, in provincia di Salerno, per il concorso Botteghe d’Autore: sono tra i finalisti. Poi mi concederò un po’ di vacanza in Sardegna. Scriverò per me, in solitudine. Attendo un anno nuovo da lavoratrice e ho imparato che quello che viene mi rende felice ma se non viene non c’è da disperarsi perché con la musica non resti a terra mai, ti solleva sempre.