Uno spettacolo in due atti: il primo, Storm, più intimo e dal taglio teatrale che riprende la poetica e l’immaginario dello sturm und drang settecentesco in ogni aspetto visivo; il secondo, Drugs, attinge alla parte più electro trasformando lo show nel finale in una vera atmosfera rave. L'INTERVISTA
Tempeste emozionali. Romanticismo. Colori. Poesia. Nel suo Storm and Drugs Tour Dardust, all'anagrafe Dario Faini, si avvale del feat. dell'inconscio. Uno show diviso in due atti, uno più intimista e un altro più spinto ed energico, quasi rave, incorniciato da giochi di luce e visual. Una esperienza sonora e visiva, un qualcosa che va oltre il concetto di concerto. E dopo essersi mosso sull'asse Berlino – Reykjavík – Edimburgo, il prossimo viaggio avrà i toni del Giappone ma le radici italiane. Aspettando il Sollevante dardustiano ecco cosa ci regala in questa estate di ripartenza.
Dario, le sensazioni dopo il primo concerto ad Ascoli Piceno?
Giocavo in casa ma non per questo era semplice, quello è un pubblico difficile. Ma erano tutti in piedi, hanno trasmesso energia e hanno interagito con me, è stato emozionante ai massimi livelli.
Al tour sei riuscito a lavorare anche durante la pandemia?
Eravamo già partiti a Bologna circa un anno fa per cui avevamo settato tutto lo show. Ho avuto modo di aggiungere colori, luci e potenza nel suono. E’ un Storm and Drugs Live 2.0 con una intro presa dall’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini.
Ci saranno momenti in cui sarai di spalle, ricollegandomi a Ruckenfigur?
Pochissimi, mai mentre suono, solo in alcuni col synth. E citando David Caspar Friedrich nella prima parte ogni brano è collegato a un suo quadro: è un viaggio nell’inconscio.
Luci e visual sono una tua cifra stilistica: ci saranno?
E’ un viaggio. C’è la psichedelia distorta nella contemporaneità, ecco ci sarà una codifica del passato nella contemporaneità. Addirittura vedrete citazione di film fantasy degli Ottanta.
Berlino – Reykjavík – Edimburgo come verranno presentate sul palco?
Sono rappresentate dalle atmosfere dei dischi, da una prima parte intima e da una seconda più rave ed elettronica con la tempesta.
I colori nascono tra luce e oscurità: hai pensato di fare concerti al tramonto o all’alba?
In passato ho fatto dei live in piano solo all’alba. Prisma è introdotta dal buio sul palco con un’arpa laser che colora la notte.
A proposito di Prisma: dici che se non puoi cambiare una situazione, cambia te stesso: quanto sei cambiato in questi mesi?
Tanto. C’è una sorta di rinascita per quello che mi riguarda, credo di essere più forte, c’è stata la perdita di mio padre e tante cose che mi hanno cambiato dal punto di vista psicologico e creativo.
Avrei visto bene l’incipit con Sublime?
E’ il penultimo brano del live e parte silenzioso e intimista.
Termini con Beautiful solitude che presagisce un nuovo inizio?
Accompagna il video finale con gli applausi e l’inchino mentre sullo schermo presento tutti quelli che hanno contribuito al progetto, sono veri titoli di coda. E’ la pace ritrovata.
Il tour riprenderà in autunno nei teatri?
Non credo sto facendo il disco nuovo.
Che musica ascolteremo questa estate? Ancora reggaeton power?
Io sono in una fase elettronica e anche quando mi avvicino al reggaeton è per cose contaminate, pensa a quello che ho fatto con Madame, Mamhood e Irama.
Infine SAD arriva dal profondo Nord: stai esaminando nuovi mondi?
Quello che sto facendo è un po’ giapponese, ci ho già lavorato con Taketo Gohara e vado avanti. Mi piacciono i colori del Sollevante, sono appassionato di tante cose che vengono da lì, dai film di animazione, da Sakamoto Miyazaki, Mishima. Ma sono solo colori, sarà il mio album più italiano e voglio portarlo all’estero. Ma è scritto in Italia!
11 luglio–Cavea Auditorium Parco della Musica–Roma
13 luglio–Flowers Festival–Collegno (TO)
16 luglio–Anfiteatro del Vittoriale–Gardone Riviera (BS)
22 luglio–Carroponte–Sesto San Giovanni (MI)
31 luglio–Parco Miralfiore–Pesaro
6 agosto–Ypsigrock–Castelbuono
28 agosto–Music in Village–Pordenone