Un'ora durante la quale si naviga con un bussola critica nelle mani di Isabella di Castiglia, ritmata da uno strumento che comunica lo sciabordio del tempo. E il grande navigatore si confonde, e ci confonde, tra sogno e realtà
Cristoforo Colombo e la sua coscienza, i suoi tormenti e la sua omertà nei confronti del Regno di Spagna con Isabella di Castiglia che si fa nocchiera dei suoi ricordi, del suo vaneggiare per riportarlo a una realtà difficile, dove al "delatore" Amerigo Vespucci viene dedicato un continente mentre l'uomo delle tre caravelle deve accontentarsi di una nazione, la Colombia, pezzo di puzzle di quel sogno che si chiama America. A dare ritmo a storia e fantasia una fisarmonica, un po' gitana e un po' salmodiante. Un successo la prima nazionale de Il Ritorno di Cristoforo Colombo che è stata ospitata sabato scorso, 26 giugno, nel cortile d'onore di Palazzo Pio a Carpi, in provincia di Modena. Sul palco una carismatica, sensuale, credibile Antonietta Bello nei panni di Isabella di Castiglia, Alessandro Vanoli parlante anche quando era silente nell'abito di Cristoforo Colombo, e Carmine Ioanna, di poche parole e di buona musica, un tutt'uno di oceano, fisarmonica, ciurma e riflessione.
Chi era davvero Colombo, le cui statue in tanti luoghi sono state sminuzzate come il muro di Berlino? I suoi viaggi senza oro e con tanta violenza che lui, forse perché sottocoperta in cecità morale volontaria, non ha voluto annotare sono giunti alle orecchie di Isabella di Castiglia tramite (anche) un altro grande esploratore, quell'Amerigo Vespucci che il continente ancora oggi battezza. Intanto la fisarmonica va, e potrebbe andare di più, candenzare il tempo e lo spazio. Isabella, spalle al pubblico, chiede al navigatore cosa è sogno e cosa no e il comandante nel suo vociare confuso, da uomo di mare stanco e deluso, accusato di genocidio, furti, stupri e di egoismo intellettuale, si sente dire: "Colombo, tu lo hai fatto soprattutto per te". Lo incalza Isabella, mentre una luce rossa la avvolge e ne fa figura leggiadra prima di liberarla in un ballo poco regale e molto cortigiano, da notte della Taranta. Amerigo Vespucci non c'è ma è proprio la sua assenza che lo rende fantasma da palco. Il finale è un piccolo, ma intenso tocco di genio, perché ci porta nei nostri giorni con gli sbarchi dei barconi sulle sponde mediterranee e nei campi dove si muore per pochi euro stremati dalla fatica. La faccia triste dell'America oggi è il Mare Nostrum.