Riccardo Muti: “Mi sono stancato della vita. E' un mondo in cui non mi riconosco più”

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Il direttore d'orchestra in una lunga e personale intervista al Corriere della Sera: "È un mondo che non riconosco più". Riflette sulla morte all'alba dei suoi 80 anni e non risparmia critiche ai suoi colleghi più giovani e al sistema educativo in generale 

“Mi sono stancato della vita. Questo è un mondo che non riconosco più. Siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. È come nel Falstaff. Tutto declina”. Così il direttore d’orchestra Riccardo Muti, in una lunga e personale intervista al Corriere della Sera, si racconta all’alba degli 80 anni, che compirà il prossimo 28 luglio. 

“Ai miei funerali silenzio assoluto”

Dopo aver spiegato di non temere la morte, Muti ha detto: "Ai miei funerali non voglio applausi. Sono cresciuto in un mondo in cui a funerali c’era un silenzio terrificante. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse silenzio assoluto. Se qualcuno applaude, giuro che torno a disturbarlo di notte”.

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Le critiche alle nuove leve

Muti è tornato sul palco della Scala di Milano in occasione della riapertura dello scorso maggio, quando avevano fatto discutere le frasi rivolte a Riccardo Chailly, direttore musical del Teatro. Nell’intervista al Corriere Muti ha parlato di nuovo dei lati che lo convincono poco della situazione attuale nel mondo teatrale e musicale. “La direzione d’orchestra è diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri”, ha detto il direttore. Sulle nuove leve, ha aggiunto: “Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività, basandosi sull’efficienza del gesto. Oggi molti direttori d'orchestra usano il podio per gesticolazioni eccessive, cercando di colpire un pubblico più incline a ciò che vede e meno a ciò che sente”.

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Gli anni del liceo

Non è solo l’istruzione per le carriere musicali che non piace a Muti. Riflette sul sistema educativo attuale, raccontando di aver avuto “la fortuna di crescere negli anni ‘50”, quando frequentava il liceo di Molfetta, “dove aveva studiato Salvemini, con professori non severi, severissimi”. Ricorda un episodio in cui un docente di latino, per aver risposto in maniera sbagliato a una domanda, “mi afferrò per le orecchie e mi scosse come la corda di una campana. Grazie a lui, non ho più sbagliato una citazione in latino. Oggi lo arresterebbero”.

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