Ieratico e meditatore ma anche amicone brillante. L'artista siciliano aveva alcune sfaccettature caratteriali poco note, che proviamo a raccontarvi
Quando Franco Battiato era a Milano, quando lasciava la sua Milo per soggiornare nel capoluogo lombardo, aveva un ristorante sul Naviglio che amava particolarmente. Era anche il luogo dove incontrava i giornalisti in occasione dell'uscita degli album oppure per presentare un tour o in progetto. All'inizio era in linea con l'aspetto comunicativo, poi, dopo avere guardato tutti negli occhi, accertato che i commensali erano amici, erano una bella compagnia, abbandonava la sua Prospettiva Nevski per entrare in un mondo meno geometrico. Il momento più atteso era quello delle barzellette: Battiato era un eccelso raccontatore di storielle e poi aveva una predilezione per quelle su Silvio Berlusconi, dove alla voce subentrava la mimica.
Il maestro Battiato ha a lungo collaborato con Milva e su quel sodalizio artistico gli aneddoti sono tantissimi. Nel 1982 ha scritto per lei Milva e dintorni, nel 1989 Svegliando l’amante che dorme poi è arrivato il curioso Non conosco nessun Patrizio, titolo nato per caso: "Quando l’assistente di Milva ha chiamato in studio di registrazione -raccontava Battiato- ha risposto Patrizio: lei ha detto di non conoscere nessuno con quel nome e io l’ho trovato geniale, ho subito pensato che doveva essere il titolo. La storia d’abbandono che ci ruota intorno è postuma rispetto alla telefonata: ci ho subito messo un campione di musica medievale che conoscevo e una piccola armonia. Per il testo c’è voluto un mese". A proposito, lo scatto in copertina che rappresenta una signora in costume è... Milva e fotografata da Franco Battiato.
Uno dei giovani più amati da Franco Battiato è Giovanni Caccamo. L'artista di Modica definisce l'incontro col maestro il "mio attimo fuggente". Caccamo si trova a Donnalucata, borgo del litorale ragusano, quando viene a sapere da un'amica che qualcuno aveva notato in spiaggia Battiato. Inizia così una perlustrazione palmo a palmo della spiaggia finché non lo trova. Poi è iniziata la fase di pedinamento: "Alla fine, armato di coraggio e di una busta, lo avvicinai. Nella busta c'era il cd con le mie canzoni e una lettera, che poi ho postato sul mio sito". Caccamo versione segugio ha fatto bingo perché pochi mesi dopo lavoravano insieme e per il giovane artista siciliano sono arrivati un singolo, un disco, un contratto con la Sony e un tour.
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Giulia Mei, giovanissima artista siciliana, racconta il suo amore per il Battiato partenopeo, in particolare per la sua versione della muroliana Era de maggio: "Vorrei avere mille pagine per parlare di questo brano. Battiato ha raccolto la parte più dolce e malinconica di questa canzone e ci ha messo dentro gli archi più belli del mondo. Sembra di vederli Tancredi e Angelica a Villa Salina, occhi negli occhi, a ballarla con passi di valzer. Non c’è grande amore che abbia mai avuto nella vita a cui io non abbia dedicato questa canzone. Peccato io non abbia intenzione di sposarmi, l’avrei sicuramente ballata al mio matrimonio".
Tra i tanti concerti di Franco Battiato che ho visto mi piace oggi ricordare quello del 2009. Quando si apre il sipario lui è seduto su un tappeto, come Ali Babà, pronto a raccontare la sua visione del mondo, pervasa di misticismo e religiosità. Una voce fuori dal tempo ma quanto mai attuale. Si affidò per l'occasione a una formazione insolita: Carlo Guaitoli al pianoforte, Angelo Privitera tastiere e programmazione, Davide Ferrario chitarra e voce, e il Quartetto Italiano agli archi. Incipit solitario con “Fornicazione”, pezzo del 1995 dall’album “L’ombrello e la macchina da cucire”, disco che segnò l’inizio della collaborazione col filosofo Manlio Sgalambro. Il pubblico resta spiazzato da questo avvio minimalista. Quindi arrivano “Era d’estate” di Sergio Endrigo e “Inverno” di Fabrizio De Andrè, canzone "triste ma consolatrice”. Tuffo nel passato con “Il re del Mondo” del 1979. Uno dei momenti più toccanti delle oltre due ore di concerto è “E più ti amo” che introdusse così: “E’ il primo brano che ho registrato da dilettante, quando ero uno straccione. Ho guadagnato così le mie prime 5mila lire, se si escludono i soldini che intascavo in Sicilia quando salivo sui carri in maschera”. Si è divertito in quel tour a dare spazio a canzoni che, a suo avviso, non erano state capite e tra le altre c'è in scaletta “Casta Diva” del 1998, da
lui musicata ma scritta da Sgalambro: “E’ dedicata a Maria Callas e la trovo molto interessante”. Risale al 1989 “Mesopotamia”, pezzo che “diedi a Lucio Dalla e Gianni Morandi quando fecero il tour insieme. Morandi mi disse che quando la eseguivano il pubblico retrocedeva”. Emozioni forti per “Il Carmelo di Echt”, brano sulla sorte di Edith Stein che si ritrovò ad Auschwitz: “Un vescovo sostiene che i campi di concentramento servivano per disinfettare. Solo il fatto che siano esistiti, al
di là di quello che vi accadeva, basterebbe a sputtanarlo per l’eternità”. Quelle date terminavano con “La cura”, “I treni di Tozeur” e “L’era del cinghiale bianco” che dopo un attacco operistico risveglia il rocker. Parecchia elettronica nei bis e finale affidato a “Povera patria”.