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Marco Ligabue si racconta in "Salutami tuo fratello"

Musica

Fabrizio Basso

Il songwriter depone la chitarra per un breve periodo e, per la prima volta, si racconta in un libro. Durante il lockdown ha ripercorso tutte le fasi della sua vita e le ha messe nero su bianco. Un racconto intimo e sincero tra vita privata, ricordi illuminanti, aneddoti ironici e tanto rock’n’roll. L'INTERVISTA

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C'è un suo brano che già nel titolo ne racconta la vita. Si chiama Ogni piccola pazzia e lui, refrattario alle comfort zone, ne ha fatte parecchie. A cominciare da fare il cantautore, a 40 anni, con un cognome che schiaccia. Ligabue. In questo libro, Salutami tuo fratello (Pendragon Editore, 18 euro), Marco fa calare il sipario sulla sua storia di emiliano fiero, di uomo che non molla, di uomo che tiene botta. Sempre. Bastano una chitarra, un buon Lambrusco, magari un Labrusca Lini 910 dell'amico comune Pibe, un quaderno e una penna e c'è già una storia. Ma nel libro incontriamo anche il Marco papà, figlio, adolescente e, ovviamente, fratello. 

Marco quando ti sei scoperto scrittore?
Il libro non era in programma e nasce dallo spunto di un giornalista che mi ha fatto notare quante storie avevo da narrare. E dunque ho raccontato anche le mie fragilità, tutte le fessure che ho attraversato. Davanti a me avevo pagine bianche e non un ritornello, ho approfondito musica e privato, ho tirato fuori la mia testardaggine emiliana.
Un momento che ti ha commosso?
Mi emoziona ricordare la mia maratona, mi piacciono le sfide e quella era dedicata a mio padre, era una promessa fatta in famiglia. Mio padre Giuanin era uno che non mollava e io volevo concludere la maratona… sono cresciuto come lui, con la voglia di non mollare mai.
Nelle pagine ci sono fatalismo, incoscienza, resistenza...
Come sai mi piacciono le sfide, non sto bene nelle comfort zone. Sono uscito dai Rio quando le cose andavano meglio. A 40 anni ho iniziato a fare il cantautore con un fratello pesante. In America Corrado Rustici mi dice che non sei pronto, gli amici mi consigliano di aspettare... dopo questo c’era solo il giardinaggio. Ma ho resistito alle critiche e ho vinto sfide importanti.
Una?
A Cagliari per Mondo Ichnusa tutti volevano Caparezza, c'erano 60mila a invocarlo e a inneggiare a Vasco. Ho subito gesti pesanti. Non sapevo come comportarmi poi ho chiesto di essere giudicato dopo le canzoni… ok? Tutti zittiti e dopo cinque secondi di pausa che sono parsi infiniti, col mio chitarrista che aveva già in mano le chiavi del furgone per fuggire, è arrivato il boato. Considero quello il mio big bang da frontman.
Nel libro rivivi, e ci fai vivere, storie di amicizie e incontri, citi per nome le ex fidanzate.
Mi sono domandato più volte se era giusto lasciare nomi e cognomi delle fidanzate. A volte sono rotture delicate, serve voglia per riconquistare un rapporto. Lo ho capito negli anni mi è piaciuto molto recuperarli. Con Melania, la mamma di mia figlia, ci siamo lasciati con disorientamento ma ho cercato di riconquistare un rapporto, anche per la nostra Viola. Bisogna sapere fare passi indietro.
Gli anni Novanta sono stato un periodo speciale per te e per Luciano.
E' stato un periodo fantastico. A Correggio c’era qualche bar, ci si vedeva lì o al campetto da calcio; oppure si creava una band. Ai primi concerti di Luciano portavo gli amici offrendo spuma e assicurando che c'era della gnocca. E proprio nel 1990 con Balliamo sul mondo si accende una scintilla incredibile, a Coreggio cominciano ad arrivavare fan da tutta Italia, il telefono suona in continuazione e arrivano tantissime lettere. Luciano portava i giornalisti a casa perché mamma Rina li voleva a casa, tutti a casa: si è aperta una finestra gigante sul mondo della musica e dello spettacolo.
Ma ti pesa quando ti chiedono di salutare tuo fratello?
Ogni tanto sì, soprattutto se me lo chiedono spesso o sono in giornata no. Vado in una piazza per un concerto, ascoltano le mie canzoni, li coinvolgo, due ore fantastiche, un posto magico al punto che mi sento Paolo Rossi del 1982 e finita la serata, con ancora la chitarra in mano arriva la richiesta. Ma aspetta almeno dieci minuti!
Il libro potrebbe diventare un documentario?
Non era in programma neanche il libro, ma se arrivasse la proposta ci proverei. Ti dico anche che, se ci fosse la giusta occassione, mi piacerebbe un'esperienza da sceneggiatore.
Ogni capitolo termina con una frase altrui.
Sono di personaggi che stimo e leggo e seguo, è una chiave di lettura diversa per ogni capitolo, uno spunto di approfondimento.
II tuo rapporto con Luciano?
Io faccio la mia strada, lui la sua. Ci assomigliamo pure. So che mi sono scelto una sfida complicata ma mi piace. Con Luciano ci siamo fatti compagnia, ci siamo supportati, a volte ci siamo parlati poco ma ci siamo trasmessi molto. E' bello camminare con un fratello.
Hai mai pensato di cambiare nome?
E' una riflessione che ho fatto quando mi sono lanciato da cantautore ma ora ti dico che ha senso mantenerlo. Cambiare mi sembrava un modo di scappare e io sono orgoglioso della sua carriera e di quel cognome.
Un capitolo difficile emotivamente?
Su quello della solidarietà sono stato indeciso. Salutami tuo fratello non è un libro celebrativo, racconto di sfide e difficoltà. Ne parlavo con mia figlia Viola di quanto fosse importante fare cose per gli altri. Ho sofferto fino alla fine ma andava fatto.
C'è qualcosa che è rimasto fuori?
Quando è andato in stampa mi sono venute in mente mille altre cose. Ogni capitolo è una storia a sé, ho rispolverato tante sensazioni. Quello che più manca riguarda Annette di Malmoe, la ragazza svedese con cui ho avuto una storia. E' stata un colpo grosso e pensa che l'ho portata a casa scombussolando la famiglia: Luciano che dormiva dalla nonna e mia mamma che ha tirato via tutte le chiavi per evitare che ci chiudessimo in una stanza. Non le piaceva granché. Di lei mi è rimasto solo un vecchio indirizzo postale, mi piacerebbe ritrovarla.
La scrittura com'è andata?
Molti capitoli sono venuti di getto. E’ stata più dura quando andavano ricostruiti degli anni. Sul ricordo di una sera o una settimana sono andato molto dritto. I più duri sono stati quello della solidarietà e quello dell’Emilia perché le voglio bene e voglio che splenda.
Ci sarà un seguito?
Sono partito un po’ scettico ma mi sono appassionato. Bisogna capire se mi arriva una storia che mi stimola. La scrittura mi piace e appassiona ma deve esserci la trama giusta.
Condivideresti un progetto con Luciano?
Per me è stato a metà tra un fratello e un padre, essendoci dieci anni di differenza. Ha capito che sarebbe stato ingombrante e si è limitato a dare qualche consiglio. Però la disponibilità c’è.
Le tue canzoni preferite di Vasco?
Colpa d’Alfredo, Sally e Un senso.
Il tuo sogno?
Un concerto all’Arena di Verona, sarebbero le due, tre ore più belle di sempre.