L'album è un inno alla riscoperta del valore delle emozioni, all’importanza di manifestarle, e alla leggerezza, il migliore degli atteggiamenti per mettersi di fronte alle cose senza paura, con il coraggio di riconoscersi anche quando tutto attorno cambia. L'INTERVISTA
E' un'opera collettiva Malifesto, il nuovo album di Malika Ayane. Lei, con la sua voce e la sua malìa, al centro, e intorno tante persone che le fanno compagnia in questo viaggio nell'hic et nunc. A partire dai produttori Antonio Filippelli e David Bestonzo per proseguire con chi, insieme a lei, ha giocato con le parole: Pacifico, Antonino Di Martino, Alessandra Flora, Leo Pari, Colapesce, Antonio Filippelli, il già citato Daniel Bestonzo e Rocco Rampino. Malifesto è una grande opera italiana e tutti sappiamo quanto, in questo periodo, c'è bisogno di sentirsi orgogliosi di esserlo.
Malika, finalmente potremo ascoltare il tuo novo album.
Finalmente Malifesto ha vita, sono stata in balia dell’impazienza. Arriva dopo Naif e Domino ed è il mio terzo album sul presente. Da Naif ha preso la visceralità per vivere gli attimi, da Domino il bisogno di osservare, e io in questi dieci brani racconto un presente che si vive e si osserva, dimostro che si può essere nell’attimo.
E' anche un progetto corale.
E' un disco scritto con tante teste meravigliose. E’ il primo album realizzato tutto in Italia dopo le precedenti esperienze berlinesi. E’ una analisi di emozioni diverse e la pluralità di scrittura è stata importante per raccontare più punti di vista attraverso la mia vocalità. I suoni sono pochi e caldi ma non totalmente analogici, il lavoro di produzione è perfetto per quello che desideravo: siamo un gruppo di italiani che prende ispirazione in tutto il mondo senza perdere le radici e questo mi riempie di gioia.
Arriva in un momento storico particolare.
Questo presente è stato decisamente diverso da quelli precedenti e dobbiamo conviverci. Questo è il nostro presente e qui conduciamo le nostre vite. Inevitabilmente ci troviamo a osservare il mondo in modo diverso e con emozioni diverse in un inizio di ventennio che spero sia meno nefasto.
Cosa ti porti dietro del tuo passato?
La Malika di ieri è fondamentale, mi piace ripetere che bisogna essere diversamente gli stessi. Le caratteristiche restano immutate, e qui ci sono tante Malika che vanno d’accordo.
Malifesto arriva in una stagione senza concerti.
Spero si possa ripartire presto ma con priorità la sicurezza. Il patentino vaccinale può essere una soluzione. Ma ogni soluzione che arriva è benedetta, purché agisca nel rispetto delle persone.
Perché Malifesto?
Tratto di una serie di emozioni raccontate attraverso gli istanti e dentro ogni istante c’è una emozione. Adoro giocare col mio nome anche per alleggerire, non mi prendo troppo sul serio. Sui titoli delle canzoni sono un disastro, ma per quelli degli album ho un talento speciale e sono pronta a metterlo a disposizione di chi lo desidera.
Ascoltandolo sembra di sfogliare un album di fotografie.
E' così, i brani colgono l'attimo dell’emozione predominante come donna e mamma.
Ogni giorno attraverso tantissimi stati d'animo diversi. La notte mi sveglio continuamente. Nelle farmacie sono tornate in pole position valeriane e melatonine, segno che resistono i disturbi del sonno. Passo dallo sconforto allo staccarmi da una realtà fatta di navigazione a vista. A volte mi sento fragilissima, poi prevale la responsabilità verso la famiglia e mando messaggi di ottimismo, io lo sono per natura. Dobbiamo stare insieme e spero di essere edificante nel mio messaggio. Ma è importate e giusto ammettere che ogni tanto ci sentiamo smarriti.
Temi che possa essere considerato un album troppo sofisticato e dunque ostico?
Non ci sono più regole perché un disco abbia successo, dunque la massima possibilità che ci è data è fare quello in cui crediamo. I dischi restano dopo di noi ed è dunque importante fare qualcosa di cui non ci si pente. Ma sono davvero sofisticata? Io credo che inseguire l'attualità sia l’anti-musica.
Musicalmente come hai costruito Malifesto?
Per essere ascoltato sia in appartamento che in auto, che possa accogliere e incalzare, non limitato a un preciso contesto della giornata. Penso a Sebastien Tellier e alle sue combinazioni con una melanconia calda e rassicurate. Con Antonio Filippelli e Daniel Bestonzo abbiamo svolto una ricerca nel mondo franco-belga. Tutto all'inizio è stato registrato solo col piano perché la voce fosse centrale, poi ci abbiamo messo il calore. Lo strumento principale è il basso Hofner suonato con plettro per dare un senso di dancefloor domestico. C’è molto di umorale. Poi ci abbiamo ragionato a gennaio quando il mondo sembra fermarsi e dunque si è più liberi.
Hai rimpianti?
No perché non serve a niente. Voglio restare nel presente a prescindere da cosa accadrà. Bisogna trovare equilibrio in sé e intorno a sé.
I brani hanno un profumo cinematografico.
Per dare informazioni a chi prepara il mio disco mando immagini di cinema, in questo caso soprattutto francese per la sua melanconia rarefatta. Ho messo insieme scene per ogni brano.
Cosa ti lascia riascoltare Malifesto?
Consapevolezza. Negli ultimi anni ero troppo scientifica nella ricerca dei suoni dei miei album, Domino è quasi chimico. Qui ho riscoperto l’essenzialità e il portare la gente a scoprire la mia voce. Ho perso qualche paranoia di troppo.
Attraverso gli occhi di tua figlia ti rivedi alla sua età?
Lei è molto diversa da me e ora è entrata nella fase dell’esplorazione del proprio malessere e dell'insofferenza. E' molto curiosa, mi ha sottratto il vinile di The Idiot di Iggy Pop. Va verso gli Smiths, verso l’esistenzialismo. Ma poi fa i disastri della quindicenne; io ricordo che stavo al parco a parlare con gli sconosciuti, non sapevi mai con chi eri, poteva essere pericoloso. C'è il provare a fumare e a bere. Esiste una generazione che non ha possibilità di sbagliare come capitava a noi.
Nonostante gli errori tu trasmetti sempre energia positiva.
E’ un lavoro che si fa nel tempo, è una scelta. Se ognuno somma i dolori e le delusioni si accorge che il bilancio è negativo, ma non serve a nulla crogiolarsi nel dolore. A volte basta il cielo azzurro e uscire a camminare e il mondo diventa positivo. Bisogna lasciarsi andare, come lo sbadiglio e le risate essere contagiosi.
La cover di Max Cardelli è una dissolvenza.
Sono andata in studio da lui il giorno dopo la registrazione dell'album. In quella foto ero truccata e spettinata, stavo ascoltando i mixaggi e quello scatto contiene tutta l’intensità che è nel disco. E’ la mia anima musicale.
In Come sarà parli di responsabilità: c’è un momento della tua vita in cui te le sei sentite tutte addosso? Di mamma, di donna, di artista.
Tutti i giorni della mia vita ma anche prima di essere mamma e artista riconosciuta. Mi ha sempre salvato la fantasia, se no sarei una pesantona.
Formidabile parla delle scelte, penso a Guccini e alle sue “risposte argute date sempre troppo dopo”. Ti capita ancora o nel tempo hai imparato a essere diretta?
Sto diventando più brava ma ho ancora qualche latenza e mi pesa, resto bravissima a litugare dopo.
Malifesto è considerato un disco raffinato, io invece lo trovo istintivo, dove non hai paura a mostrarti.
Sono abituata a dare tanto, il mio modo di pormi serve a farlo arrivare diretto a chi parla la mia lingua e conosce la mia storia. So sacrifcare la voce se serve, stavolta qualcuno che pensi per me nell’efficacia è stato importante.
A Mezzanotte quando il mondo si ferma e diventa silenzioso tu alzi i pensieri? Ti manca quel mondo che invece iniziava a mezzanotte?
Non sono mai stata una nottambula, però mi capita di guardare l'orologio a mezzanotte e quando lo riguardo sono già le 5.45. Questo è il primo disco fatto a Milano e la sera tornavo in famiglia. Tutti dormivano e io ascoltavo i parziali con un calice di vino e una sigaretta e coreggevo testi.
Quando è l’ultima volta che sei arrossita?
Oggi di fronte ai complimenti per Malifesto.