Un progetto ambizioso supportato da una voce e da una capacità di scrittura altrettanto ambiziose. L'artista romana segue un suo progetto identitario e per realizzarlo ha scelto l'indipendenza
Sedetevi su un'altalena, datevi una spinta e poi un'altra e un'altra ancora. Quando lo slancio vi porterà con le gambe puntate verso il cielo, ecco in quel punto esatto entrerete in contatto col rythm'n'blues di Martina May. La giovane artista romana ha scelto una via difficile nella toponomastica della musica, ma quando si ha carattere non si temono le sfide. E lei le ha sempre guardate negli occhi. Ha collaborato con molti rapper, sta scrivendo testi intensi per Anna Tatangelo e poi coltiva quel sogno che si chiama r'n'b e che in Italia, per come lo intepreta lei, è un terreno inesplorato. Mai conosciuta personalmente, ma è un nome che un nome che ho incontrato spesso nel mio viaggio narrativo nel mondo della musica. L'ultimo contatto sono le belle parole che ha speso per lei Anna Tantangelo, con la quale sta collaborando e per la quale ha scritto Fra e e te e Guapo, quest'ultimo con la complicità di Geolier. Vi racconto un po' di lei.
Partiamo dalla collaborazione con Anna Tatangelo.
E' nata grazie a Flavio Mixter T. L'estate scorsa mi ha chiesto di provare a scrivere un pezzo per lei, mi ha dato una suggestione, mi è piaciuto, Anna ha apprezzato e la collaborazione è continuata. Siamo tutti molto soddisfatti.
Il tuo primo singolo è Stasera del 2017: ci hai fatto attendere a lungo.
Elementi di vita personale ha dettato certi tempi, ognuno fa il suo percorso. Ci aggiungo che negli ultimi anni il mio genere ha trovato spazi. Prima non c’era questo terreno fertile, ci si imbatteva a più compromessi a livello musicale.
Come è sto il periodo con Asian Fake?
Come sai oggi ho scelto l’indipendenza. Faccio da me per fare quello che mi piace, non voglio compromessi. Posso permettermi anche a livello personale quello che desidero senza condizionamenti. Con loro ho realizzato un po’ di singoli ma ora non voglio avere una direzione artistica del mio progetto
Perché l’Italia non è ancora pronta per il rythm’n’blues home made?
Quelli che ci hanno provato, e cito per tutti Giorgia, avevano una sfumatura più pop. In generale ti dico che manca la cultura. Suona bene in inglese per come è scritto. Portarla in italiano è già complicato come lingua. Col rap che ci ha insegnato ad accettare e amare certe sonorità spero accettino anche la mia. E spero di essere una apripista, di creare una comunità.
Uno dei brani cui hai collaborato è Supernova di Frenetik & Orang3: la tua dove va?
Sono ambiziosa, voglio portare questo genere in Italia, fare emergere chi pensa di essere unico e si sente solo e non sa invece siamo in tanti. Queste voci cerco di raccoglierle per un progetto che ho in mente.
Il rap è sempre periferia oppure c’è gente che canta cose che non conosce?
C’è un po’ di tutto, è lo strumento che sembra più facile: basta una base presa da youtbe e non bisogna saper cantare bene. E’ appannaggio di tutti. In più è mainstream e chiunque lo vuole fare: ci sono più talenti che vengono fuori rispetto ad anni fa ma ci sono anche tante cose inascoltabili nel senso che non vengono dal cuore nè lo raggiungono. A me piace chi racconta bene le cose.
Come hai vissuto il lockdown (tutto sul coronavirus)?
Ne ho approfittato per scrivere un po’ e ora che si può lavorare cerco di concludere, di andare oltre la fase di scrittura. Spero nei primi mesi del 2021 di uscire con un mio progetto e a gennaio farvi ascoltare il primo singolo.
I testi sentono l'usura del tempo: tu sei la stessa di qualche mese fa?
Se fa parte del passato è un fermo immagine del periodo, anche se non è più valido il sentimento che anima la canzone resta parte della mia vita. Anche se sono emozioni passate mi ricordano persone e situazioni. Cerco di utilizzare lo stesso linguaggio che userei per un amico. Non dico semplice ma non banale. Capita che persone che non hanno vissuto la mia esperienza ma ci si ritrovino. E’ la cosa che mi viene più spontanea. E poi non scrivo mai una cosa che non penso.
Chiudiamo con la nota dolente dei concerti.
Nel musicista risiede la voglia di stare sul palco comunque, il numero delle persone presenti in una situazione simile non è determinante.