Il rapper torna dai suoi fan con sette brani al confine tra rap e trap con sei ospiti che rappresentano al meglio le varie anime della scena hip hop italiana: Salmo, Mambolosco, Giaime, Nicola Siciliano, Tredici Pietro e, per la prima volta in qualità di rapper, il producer multiplatino Andry The Hitmaker. L'INTERVISTA
Riconosciuto come l'artista della nuova generazione hip hop che fonde meglio la tecnica del rap con gli elementi tipici della trap e con uno storytelling unico e riconoscibile, Vegas Jones torna con Giro Veloce, un EP che, sia dal titolo che dall’immaginario visivo con il quale è comunicato, fa riferimento al mondo delle corse automobilistiche. Le sue strofe e quelle dei suoi ospiti sono scandite da riferimenti o versi in cui l’innesto di una marcia, un testa-coda e un’auto iconica assumono significati simbolici. Tutto ciò per raccontare la caratteristica principale di questo progetto: una corsa veloce prima di mirare ad altri traguardi.
La tua vita è sempre un giro veloce oppure il lockdown (tutto sul coronavirus) ti ha rallentato?
Di base sono sempre di corsa, la vera sofferenza c’è stata quando ha rallentato il mondo e io di conseguenza. Ne sto soffrendo anche perché non posso suonare dignitosamente nel rispetto della musica. Dopo quasi otto mesi si sente sempre più la mancanza dei live. Il post lockdown invece è stato un giro veloce, è bastata l'autocertificazione per riprendermi il tempo. E non mi sono ancora fermato.
Hai la consapevolezza di essere il collante tra due mondi che non si amano, rap e trap?
C’è nonnismo nella nostra cultura. Da anni cerco, anche incosapevolmente, di comunicare una coesione tra i due mondi. Il mondo è uno e si chiama musica e cultura della musica. Sono un rapper e ci sto in mezzo, sono il plug tra le due cose. La sola cosa che conta è la buona musica: i Pink Floyd li amo e mi ispirano e ascolto anche il country se mi piace. Dal bello ne trae vantaggio la mia musica.
I motori come metafora della vita, uno stereotipo del genere che con te ha preso un nuovo valore.
Racconto la mia ripartenza. L'auto è un cliché dei rapper. Mi intendo di questo mondo, ho portato roba da intenditore a livello musicale, scegliendo un modello partciolare, una raccolta unica.
Nell’ep si percepisce una grande urgenza narrativa…
A questo giro c’è stata una voglia speciale, una miccia nuova, mi divertivo. Basta ascoltare le tracce a livello metrico, i mutamenti di voce e di rime. Volevo mettermi in gioco con cose meno pesanti ma con più piccole, perle.
Vivi la creazione dei testi in termini psicanalitici?
Li faccio per me stesso, per capire meglio la mia vita. Racconto molto attraverso la realtà. Gli amici mi ascoltano e quando trovi tanta gente dietro al tuo ragionamento è fantastico entrare in sintonia con chi mi segue. Molti vogliono capire come mi evolvo e dove posso arrivare restando come baricentro. Utilizzo un immaginario più vasto visivo.
Sei ancora quello di Giro Veloce o sei già oltre?
Io sono già avanti, il mondo va veloce. Avevo venti pezzi con la stessa potenza e ho scelto quelli che non mi stancano. La musica per me è uno sfogo. Il gioco è dare ai brani il loro posto nel mondo.
Tra i tuoi featuring mi hanno colpito soprattutto quelli con Salmo e TrediciPietro.
E' un Ep costruito naturalmente, a volte la mia parte era sufficiente poi ho captato dove potessero risiedere le energie giuste per dare un valore altrettanto giusto al pezzo. Tutto è nato spontaneamente.
Come curi la tua immagine: credi che il presentarti essenziale, minimalista sia lo specchio della credibilità?
Di certo è lo specchio di me stesso. Sono stato uno dei primi nel 2016 ad avere collana di diamanti e a comprare la Mercedes. La gente si appassione al percorso. Ma lo scorso anno anziché fare acquisti ho investito su lavoro e passione e ho creato un studio.
Cosa è rimasto del Vegas Jones di Chic Nisello?
Rimane quel disco del 2016 dove vivevo una vita completamente diversa, poi sono successe cose pazzesche che mi stupiscono qutodianamente. La cattiveria e la voglia di rivalsa è quello che lo rende grande. Mi fa sorridere a pensare da dove siano partiti.
Oggi da cose staccheresti il plug?
Eliminerei le persone e i mood negativi, qualunque cosa che non mi fa vivere col sorriso. Ci ho messo tempo e dischi e ho capito che lavorare con chi non sorride è deleterio, non mi fa concentrare.
Il rap è ancora la voce della gente oppure siete in pochi che preservate le sue radici?
Molti raccontano cose che non conoscono. Io faccio uno sforzo per restare aderente alla realtà suburbana. Cinisello da tanta ispirazione. Da acerbo è più semplice sfruttare l’immaginazione, è facile raccontare cose che non sono. Uno si sente anche più al sicuro. Il nostro pensiero viaggia, io sono felice di fare un lavoro legato alla mia persona e alla mi città, ci tengo che sia riconosciuta non per quello che raccontano i tg ma perché ispira la gente e la vita. Mi accorgo se qualcuno mente sulle periferie. In Italia ci sono realtà pesanti ma pure eleganti che mi affascinano. E giusto condividere, l'importante è che siano fatte bene.
Come vivi l’assenza dei concerti e che soluzione avresti?
Bisogna far convivere idee a normative. La nostra visibilità non ci permette di fare cose segrete. Ho in mente un paio di cose e le farò. Sono attivo sul palco, il mio mestiere è l’assembramento e far divertire la gente ma troverò una soluzione nel rispetto del periodo.