Sono la storia. Son un orgoglio italiano. Sono sul podio delle band più longeve al mondo. Sono i Nomadi, il primo gruppo che ha annunciato la ripartenza. Racconta tutto la loro anima, Beppe Carletti
Bisogna ripartire. Questo è l'undicesimo comandamento, quello che qualcuno, a livello politico, fatica a comprendere. Perché la musica è stata la compagnia della quarantena e ora che l'Italia sta ripartendo la sensazione è che la musica deve aiutarsi da sola. I primi ad annunciare che non avrebbero lasciato la gente, la loro gente, senza una colonna sonora per l'estate sono stati i Nomadi. Beppe Carletti, 74 anni ad agosto, è l'anima, il cuore, la testa di questa straordinaria band che nel 2023 celebrerà i suoi primi sessanta anni di storia. L'11 luglio saliranno sul palco a Carmignano di Brenta. Poi arriveranno San Vincenzo la Costa, Casumaro e molti altri, tutti segnati sul sito ufficiale della band di Novellara. Con Beppe Carletti, amico da anni, abbiamo chiacchierato su questa mondo che non si/ci comprende più. Ma che resta comunque straordinario.
Beppe ci siamo, pochi giorni e si riparte.
Ho chiamato i ragazzi e ho detto: basta stare a rimuginare è l'ora di ripartire.
Siete stati i primi ad annunciarlo.
Bisogna ritrovare un paese, anche noi dobbiamo ritrovarlo. Ho incontrato un sindaco coraggioso che ci è venuto incontro. Ci tengo a sottolineare che è un concerto a pagamento, sarà in sicurezza ed è una reale ripartenza.
Stessa squadra del pre-covid (tutte le news sul coronavirus)?
Certamente. E anche se guadagneranno di meno sono tutti felici. Spero che arrivi quanche data anche nella mia Emilia.
E dire che c'è chi vi ha definito giullari.
Che vuoi che ti dica...per altro il ministro Dario Franceschini lo conosco bene. Ma questa volta poteva agire diversamente.
Resta il fatto che c'è bisogno di musica.
Eccome. Non importa il genere. Dal liscio al rap...che la musica torni in piazza. La situazione resta inquietante sotto alcuni punti di vista e dobbiamo collaborare tutti a ritrovare una bella normalità.
Stato di salute dei Nomadi?
Ottimo. Certo che 57 anni di attività sono tanta roba.
Stai per caso valutando l'ipotesi di ritirarti?
Sto valutando più cose. Anche discograficamente. A volte mi viene da dire: basta essere indipendenti. Siamo un gruppo che riscuote interesse. Comunque vi assicuro che almeno alla festa dei 60 anni ci arriveremo. Voglio amplificare il mercato e vedere se trovo una etichetta con la nostra stessa filosofia. E poi mi dedico a una mia grande passione, la scrittura di colonne sonore.
Nostalgia del passato?
Quello che posso dirti è che siamo un team vincente. Dispiace per Augusto Daolio e altri che non ci sono più perché è anche grazie a loro che è stata scritta la nostra storia.
Ti manca Augusto?
Molto. E sono felice quando la gente urla il suo nome. Una volta parlando venne fuori l'idea dei Nomadi come l'uono nero: ci saranno sempre proprio come lui.
L'Italia è popolata da gruppi che suonano i vostri brani.
Abbiamo circa 150 cover band che custodiscono la nostra memoria.
Se avessi vent'anni oggi?
Forse sarei disoccupato. Però posso dirti che a volte mi sento 16 anni e ragiono come quando li avevo.
Dove vorresti tornare?
Al 1963 dei caffé concerto. Io all'improvviso da Novi di Modena mi sono ritrovato a Riccione che all'epoca era come andare a New York. Salimmo su un furgone con Onelio Barbati, direttore di una delle agenzie teatrali più importanti del paese, a suonare in Romagna circondati da bellissime ragazze.
Nostalgia canaglia?
I tempi sono cambiati è innegabile ma le band restano una forma di aggregazione che attraversa ogni generazione.
Oltre ad Augusto, hai il ricordo di un'altra voce unica?
Demetrio Stratos. Nessuno mai come loro.
Chi sono i Nomadi?
Basta sfogliare un libro che racconti la storia della musica. Noi ci siamo.