Pacifico, un romanzo in musica chiamato Bastasse il Cielo

Musica

Fabrizio Basso

Gino De Crescenzo in arte Pacifico (foto di Daniele Coricciati)
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Sette anni dopo Pacifico torna, venerdì 8 marzo, con un nuovo disco, Bastasse il Cielo, e un nuovo tour in partenza sempre l'8 marzo da Piove di Sacco (Padova). Nell'attesa lo abbiamo intervistato

(@BassoFabrizio)

Un album fatto di fusi orari. Di amicizia. Di parole che sono colpi di pennello. Sette anni dopo Una voce non basta, Pacifico, all'anagrafe Gino De Crescenzo, torna con un nuovo album intitolato Bastasse il Cielo. L'appuntamento è l'8 marzo, stesso giorno in cui dalla provincia di Padova debutterà il suo tour. Lo ho intervistato per accompagnarvi con qualche giorno di anticipo in quel mondo fantasticamente vero che ha creato con le sue canzoni.

Gino abbiamo aspettato sette anni.
Lo so. Per fare questo ho scritto tanto, avrei potuto fare diversi dischi ma non sempre ho portato a termine il lavoro.
Il meccanismo come è partito, dunque?
Devo molto ad Alberto Fabris il quale mi ha detto: tu fai il tuo, poi lo mandiamo nei cloud e aspettiamo le risposte.
Sono arrivate?
Eccome. I musicisti che hanno ricevuto il messaggio lo hanno colorato con le loro idee e i loro strumenti e mi è tornato indietro in modo inaspettato. Confesso che mi è sembrato di ascoltare degli inediti.
Tante belle collaborazioni, insomma.
Mi ha molto colpito la disponibilità generale tenendo presente che non c'era budget. Sono state fatte per amicizia e perché credevano nel progetto.
Le canzoni sembrano racconti da leggere.
Volevo evitare il registro esistenziale. Ora cerco di guardare le persone.
C'è tanto di lei?
Rivedo la mia storia. Non ho mai scritto con nostalgia ma sto in mezzo al mio tempo.
In Bastasse il cielo parla di suo padre e di come lo ricorda: lei come vorrebbe essere ricordato da suo figlio?
Io il mio lo ricordo con molta gratitudine, ricordo cose fuori luogo e inappropriate ma poi ho fatto pace con la famiglia e mi è rimasto un saldo positivo. Io cerco di stare molto con lui.
Che tipo è suo figlio?
Ha sette anni e manifesta forme emotive molto belle, già ora mi si contrappone bene e dunque prevedo una adolescenza bella impegnativa.
Come vorrebbe essere ricordato?
Allegro anche se poi non lo sono tantissimo.
In Salto all'indietro parla di cose c'era nei cassetti di casa sua.
Poter sbirciare lì dentro mi dava la sensazione di entrare in un ambito dal quale i genitori mi estromettevano.
Cosa vuol dire osare?
E' un lascito dei miei genitori. io tendo a non indietreggiare mai anche se seguo i miei tempi.
Le parole vanno usate con cautela?
Io mi sforzo di parlare bene, anzi sottolineo che per me parlare bene è un atto importante. Quando sento vecchie interviste a Primo levi o Federico Fellini ecco respiro il parlare bene.
In A Casa parla dei nuovi poveri.
Abito vicino a un bosco dove si è formata una comunità che vive in tenda perché uscite complicate dal mondo del lavoro o separazioni famigliari li hanno messi all'angolo. E' un fenomeno in crescita, di un benessere passato resta spesso solo la memoria.
Il tour?
Ci sto lavorando. Abbiamo fatto un po' di prove e i pezzi hanno suonato tutti subito. Ci divertiremo, sul palco porterò il mio lato anarchico.




 


 

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