Elisa svela i suoi Diari aperti: ecco l’intervista

Musica

Marco Agustoni

Elisa Toffoli
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Con il nuovo album Diari Aperti, Elisa Toffoli regala ai fan una serie di tracce intime e delicate, in attesa del tour nei teatri. L’artista di Pipes & Flowers e L’anima vola ce ne ha parlato in un’intervista

Elisa Toffoli, sulla scena musicale ormai da più di vent’anni, è ormai da tempo una certezza. Eppure, la cantante che ha esordito nel 1997 con Pipes & Flowers non ha mai smesso di mettersi in gioco sperimentando nuove vie. In questo caso, stiamo parlando di un cambio di etichetta, che dopo la storica collaborazione con Sugar Music l’ha portata in Universal, per il quale è appena uscito il nuovo album Diari aperti. Un disco intimo, nato dalle pagine dei diari e degli appunti tracciati su carta nel corso degli anni, in cui Elisa si racconta in maniera inedita: ecco come ce ne ha parlato in un’intervista.


Da dove nasce questa necessità di condividere le sue pagine personali?

Nasce dal desiderio di ritrovare una centralità. Dopo il concerto all'Arena di Verona, i festeggiamenti del ventennale della mia carriera, i miei 40 anni, mi sono ritrovata a fare i conti in maniera naturale con tante cose. Per me è stato come una specie di kolossal, l'Arena e tutto il resto, e ho sentito il desiderio di fare le cose più in piccolo. Con questo disco ho deciso di lasciare da parte gli esercizi di stile e di andare dritta all'essenziale. Sono partita dalle parole, che sono uscite molto più dirette e sincere che nei miei precedenti lavori, e queste hanno trainato la musica.

Le canzoni sono tutte in italiano...

Ne avevo pronte anche in inglese, ma ho deciso di lasciarle fuori perché temevo che si percepissero come uno strato in più, che risultassero meno dirette e quindi fuorvianti.

In queste canzoni mette in luce la sua fragilità: è stato difficile?

Per me dire la verità, prima di tutto a me stessa, è sempre qualcosa di terapeutico. E penso che la musica debba scuotere, altrimenti ne viene fuori qualcosa di annacquato. La propria fragilità è un argomento difficile da affrontare e viviamo in un'epoca in cui sui social si sente il dovere di mostrare di vivere una bella vita, ma si nasconde la propria fragilità, la si nega. Questo per me è pericoloso, perché quando poi ti senti fragile, sei solo, perché non lo racconti a nessuno.

Dopo l'Arena, come live per questo album ha optato per i teatri (nda: Elisa sarà in tour nei teatri italiani a partire dal 18 marzo): pensa che si adatterà facilmente a questa dimensione più intima?

Lo scoprirò presto. Ho scelto il teatro perché per me rappresenta la profondità, perché rappresenta, anche per l'ascoltatore, un'esperienza più introspettiva rispetto ai club o ai palasport. Voglio mettermi alla prova senza gli strumenti aggiuntivi dei megaconcerti, le luci e tutto il resto. Solo la musica e la mia voce.

Se piovesse il tuo nome è scritta anche da Calcutta: come vive la nuova ondata cantuatoriale italiana?

Per me è stata linfa vitale. Non sentivo della musica così autentica dai tempi in cui sono venuti fuori Gazzè, Fabi, Silvestri e i Tiromancino. E questo secondo me mancava, negli ultimi anni. Oltretutto, tornando al discorso di prima, sono tutti autori che non temono di mostrare la propria fragilità.

E poi c'è Quelli che restano con Francesco De Gregori...

Sicuramente l'apice della mia carriera assieme a Django Unchained con Morricone. Sono stata una settimana intera a scrivere e riscrivere la mail per proporgli la canzone. Ero spaventata e tesa, ma mi ha risposto in maniera ultrapositiva. Ero a pezzi, piangevo dalla gioia, come se avessi vinto la lotteria!

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