Iron Maiden, un concerto che racconta una leggenda lunga 40 anni

Musica
Bruce Dickinson
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In 20mila all'Ippodromo di Milano per gli Iron Maiden. Un viaggio lungo due ore nella storia della band manifesto del metal. Prima di loro sul palco The Raven Age e Mark Tremonti. Il nostro racconto della serata

(@BassoFabrizio)


La faccia cattiva del metal è paura e apocalisse, mostri sul palco, ali metalliche che planano minacciose sui 20mila che hanno affollato l’Ippodromo di Milano per essere protagonisti del ritorno in Italia degli Iron Maiden. Una quarantennale carriera per il gruppo guidato dal bassista Steve Harris. Il tour di quest’anno, il The Legacy of the Beast, prometteva fin dall’annuncio un viaggio nell’intera discografia del gruppo inglese, partendo dai capolavori degli anni ’80, scolpiti nei cuori metallici di tutti gli appassionati, fino ai successi più recenti. È la seconda apparizione della Vergine di Ferro in Italia quest’anno dopo quella di Firenze Rocks davanti a quasi 50mila persone. Prima sul palco The Raven Age e il gruppo di Mark Tremonti.


E' L'ORA DEGLI IRON MAIDEN


Stanno per scoccare le 21 quando si spande nell’aria Doctor Doctor, canzone degli UFO che da tempo la Vergine di Ferro utilizza come tema d’apertura dei propri concerti. Due militari in uniforme entrano sul palco e svelano parte della scenografia: una trincea con filo spinato e siepi. Sui maxischermi si rincorrono immagini di guerra, battaglie aeree, bombardamenti e le parole di Winston Churchill che incoraggia i piloti della Seconda Guerra Mondiale. I fan più attenti capiscono subito la canzone in arriivo, prima ancora dell riff di Aces High, una dei pezzi più veloci della Vergine di Ferro. Steve Harris, Dave Murray, Adrian Smith, Janick Gers e Nicko McBrain vengono accolti da un boato che diventa epico quando Bruce Dickinson, il cantante del gruppo, appare. All’alba dei sessant’anni e reduce da un cancro alla lingua, questo signore inglese brizzolato trascina il pubblico con i suoi acuti e le sue grida, e sembra incredibile che riesca ad azzeccare ogni tono e ogni nota. E' il protagonista indiscusso della serata. Le chitarre di Murray, Smith e Gers si sfidano a colpi di riff e di assoli quaqndo un gigantesco aeroplano decolla sul palco. È solo la prima delle imponenti scenografie che si accompagneranno lo show. Legacy of the Beast Tour non colpisce solo per la scaletta e per la prova perfetta dei Maiden, ma anche per il grandioso impianto visivo: giochi di luce, fiammate, artifizi pirotecnici e pupazzoni giganteschi animano le canzoni. Uno spettacolo raro in un concerto e che solo la band heavy metal più importante del mondo può permettersi.



BRUCE DICKINSON, POCHE PAROLE IN UN MARE DI MUSICA. E C'E' EDDIE

La macchina è partita ora arriva l’assolo di batteria di Nicko McBrain, 66 anni, introduce Where Eagles Dare, primo estratto dall’album dell’83 Piece of Mind. Un brano che viene raramente proposta live, reso unico da un bellissimo assolo di Murray. Ecco un altro classico cantato a  da tutto il pubblico, Two Minutes to Midnight, dall’album Powerslave del 1984. Ora parla, tra le ovazioni del pubblico, il frontman: saluta i 20mila spettatori ed è l’unico momento in cui si dialoga con il pubblico. Da quel momento solo musica. Anche la canzone successiva è rara da ascoltare in concerto: si tratta di The Clansman dall’album Virtual XI del 1998. Il disco non ha avuto un successo enorme, ma ai maiden interessa poco, almeno oggi: questo tour è una celebrazione e allora spazio ai brani che ripercorrono tutta la carriera, anche quelli ospitati negli album meno amati. Dopo i 9 minuti abbondanti del pezzo, ecco che parte uno dei riff più famosi del metal tutto e il pubblico si scatena, alzando un polverone enorme. È il momento di The Trooper, uno degli inni classici dei Maiden, anche questa cantata in coro dal pubblico. Bruce sul palco saluta Milano sventolando una gigantesca bandiera italiana. Durante la canzone appare Eddie, il mostro-zombie mascotte della band, un robot alto quasi tre metri che ingaggia una feroce battaglia a colpi di sciabola con il cantante, mentre il bassista e leader del gruppo, Steve Harris, dirige l’epica tenzone.


DALLA TRINCEA ALLA CATTEDRALE, SUL PALCO CALA L'APOCALISSE

E' tempo di un cambio palco. La trincea, scenario dei pezzi più battaglieri, si trasforma in un’immensa cattedrale, le cui vetrate riproducono le iconiche copertine dei dischi degli eighties, tra candelabri e bracieri. È il tempio in cui viene celebrato il gruppo. Si parte con Revelations del 1983 e ispirato al libro dell’Apocalisse, ammalia con i suoi passaggi trascinanti, sempre ad opera del duo Murray-Smith. Il solo calo di tensione in tutta la serata si chiama For the Greater Good of God dall’album A Matter of Life and Death del 2005. Si tratta del brano più recente proposto e forse l’eccessiva lunghezza, quasi 10 minuti, stanca un po’ il pubblico. A far ritrovare ai presenti l’entusiasmo ci pensa The Wicker Man, brano dall’album del 2000 Brave New World. Anche l’epica Sign of the Cross, conquista tutti, dall’intro lenta e inquietante fino al ritornello veloce in cui un incappucciato Bruce Dickinson gira sul palco trascinando una grande croce luminosa, 11 minuti che tutti i presenti si ricorderanno a lungo, dato che questo pezzo non veniva proposto da 18 anni.


VERSO IL FINALE CON I CLASSICI DELLA VERGINE DI FERRO


Il finale è soprattutto classici che il pubblico accoglie con boati e cantando in coro ogni singolo verso Flight of Icarus, accompagnata da un gigantesco Icaro che prende il volo sopra il palco, mentre Bruce brandisce un lanciafiamme; Fear of the Dark di cui il pubblico canta anche le linee di chitarra; The Number of the Beast, dall’album omonimo del 1982, tra fiammate e bracieri ardenti; si chiude con l’inno Iron Maiden, del 1980, con un Eddie in versione demone che spunta minaccioso da dietro le quinte oscurando l’intero palco. Bis è tre classiconi: The Evil that Men Do, unico estratto da Seventh Son of a Seventh Son del 1988. Seguono Hallowed Be Thy Name e Run to the Hills, entrambe da The Number of the Beast. Ora i sei signori inglesi salutano e lasciano il palco, dopo il consueto lancio di plettri, polsini e bacchette. Dopo quasi due ore il tempio degli Iron Maiden ritrova il silenzio.

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