Peso morto, 21 anni in cella da innocente: la storia di Angelo Massaro in un docufilm

Cinema

Diletta Giuffrida

Ventuno anni di ingiusta detenzione a causa di un’intercettazione telefonica trascritta male. È la storia di Angelo Massaro, 56enne tarantino, assolto per non aver commesso il fatto dopo la revisione di una condanna per omicidio. La sua odissea giudiziaria è raccontata oggi nel docufilm “Peso Morto”, realizzato dall’associazione non profit Errorigiudiziari.com per la regia di Francesco Del Grosso

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Le porte del carcere di Catanzaro si aprono una mattina del 23 febbraio 2017. Dopo un’attesa durata 21 anni in cella da innocente. Quel giorno fa freddo, ma dopo l’abbraccio con la moglie riprendersi la propria vita assume la forma del mare. Dei ciottoli freddi e ruvidi sotto i piedi, di un tuffo nell’acqua gelida di febbraio. Quel giorno Angelo Massaro torna a vivere così, tuffandosi nel suo mare. La sua odissea umana e giudiziaria ora è diventata il docufilm Peso Morto, scritto da Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, fondatori di Errorigiudiziari.com, diretto da Francesco del Grosso e di cui lo stesso Massaro è il protagonista. Un viaggio fisico ed emozionale nella sua storia attraverso i luoghi che hanno fatto da cornice alla sua ingiusta detenzione e alle persone che con lui ne sono state più o meno consapevoli protagoniste: la moglie anzitutto, Patrizia, i figli e gli amici, il cappellano, lo psicologo e la direttrice di uno degli istituti in cui è stato detenuto. E poi ancora i compagni di cella e i docenti universitari della facoltà di giurisprudenza a cui – durante la detenzione – Angelo si era iscritto e che ancora oggi lo chiamano per portare la sua testimonianza agli studenti.

L’arresto e il processo

Massaro viene arrestato il 15 maggio 1996 per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di un suo amico, Lorenzo Fersurella, ucciso in provincia di Taranto nell’ottobre del ‘95. A lui si arriva sulla base di una dichiarazione di un collaboratore di giustizia e soprattutto di un’intercettazione telefonica che però si scoprirà poi essere stata equivocata nella trascrizione. A una settimana dall’omicidio, intercettato nell’ambito di un altro procedimento giudiziario per droga mentre parlava con la moglie, Massaro aveva infatti detto: “Tengo stu muers”, che in dialetto tarantino voleva indicare un macchinario particolarmente ingombrante attaccato al gancio della sua vettura e che Massaro in quel momento stava trainando. Quella frase però venne tradotta e trascritta come “tengo stu muert”, morto appunto, per gli investigatori la prova che si trattava del cadavere di Fersurella. La condanna definitiva a 24 anni, che divennero poi 30 per cumulo di pena con l’altra condanna per associazione finalizzata allo spaccio, arriva nel 1997. 

Angelo Massaro
Angelo Massaro

Il carcere

Inizia così la sua odissea nelle carceri italiane, prima a Foggia, poi a Carinola (Caserta), Taranto, Melfi e Catanzaro. Ventun’anni in cella, lontano dalla moglie e dai due figli piccoli, duranti i quali Angelo inizia a studiare il suo caso, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza ottenendo ottimi risultati, scrive lettere indirizzate al ministero della Giustizia, al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, all’Associazione “Antigone” e all’Associazione “Bambini senza sbarre”. Soprattutto, 21 anni in cui non smette di urlare la propria innocenza e in cui non si arrende. Dopo una lunga battaglia giudiziaria, il suo caso viene riaperto nel 2015 quando la Cassazione accoglie la richiesta di revisione del processo. Il suo legale Salvatore Maggio riesce a dimostrare con nuove prove che il suo assistito si trovava in una località diversa da quella dell’omicidio di Fersurella e il 23 febbraio del 2017 la Corte d’Appello di Catanzaro emette la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Angelo torna libero. Dopo 21 anni dietro le sbarre. 

“Sto ancora aspettando le scuse di chi ha indagato su di me e di chi mi ha condannato a 24 anni di carcere solo per un'intercettazione telefonica”, accusa oggi Massaro. “È inaccettabile vedersi rubare un pezzo di vita lungo 21 anni senza che nessuno abbia mai pagato per questo colossale errore”. Angelo Massaro non è ancora stato risarcito dallo Stato per l’ingiusta detenzione patita per 21 anni. 

Gli errori giudiziari in Italia

In Italia oggi non esiste una vera e propria statistica degli errori giudiziari, non c’è un archivio presso il ministero della Giustizia e poche e frammentarie informazioni arrivano da quello dell’Economia. A scattare però una fotografia attendibile del fenomeno è l’associazione non profit Errorigiudiziari.com, che da oltre 25 anni approfondisce il fenomeno in Italia. In base ai dati da loro elaborati dal 1991 al 31 dicembre 2021, i casi sono stati 30.231 considerando quelli di ingiusta detenzione e le assoluzioni conseguenti a revisioni del processo: in media significa poco più di 975 l’anno. Il tutto – calcola Errorigiudiziari.com – per una spesa complessiva che ogni anno si aggira intorno ai 28 milioni 880 mila euro. Nel solo 2021 le ingiuste detenzioni sono state 565, per una spesa complessiva di indennizzi di cui è stata disposta la liquidazione di 24.506.190 euro. 

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