Le gemelle Kessler e il cinema, i due cameo cult accanto a Walter Chiari e Alberto Sordi

La scomparsa di Alice ed Ellen Kessler, icone dello spettacolo europeo, illumina oggi con una luce nuova i frammenti preziosi che le due sorelle hanno lasciato nel nostro immaginario. Non solo televisione, non solo varietà: anche il cinema italiano custodisce due piccoli gioielli che raccontano – forse meglio di molte biografie – chi erano le gemelle della nazione, cosa rappresentavano e perché continuano a parlarci. Sono apparizioni brevi, ma talmente riuscite da diventare la lente perfetta per guardare a un’epoca. Due momenti distanti un anno, due sguardi diversi sullo stesso Paese in trasformazione. E proprio oggi, mentre Germania e Italia salutano due figure simbolo, quei cameo tornano a vibrare di significati, quasi fossero minuscoli tasselli di memoria collettiva. Walter Chiari, un padre in crisi e due Kessler che parlano tedesco In Il giovedì di Dino Risi – commedia malinconica che racconta una giornata fra un padre sbruffone e un figlio troppo lucido – le Kessler compaiono in uno dei momenti più affettuosamente crudeli del film. Walter Chiari, nel suo ruolo forse più fragile e umano, porta il piccolo Robertino dentro gli studi Rai per impressionarlo. E lì, davanti a un numero musicale scintillante, appare la magia: Alice ed Ellen, perfette, sincronizzate, luminose. Sono ancora all’apice della loro fama, e Risi le usa come simbolo di un’Italia che sogna, che s’illude, che vola alto anche quando inciampa. Dino, naturalmente, si vanta come solo un italiano anni Sessanta può vantarsi davanti a un figlio: «Le conosco benissimo, le Kessler!». Una spacconata tenera, quasi un gesto disperato di un padre che cerca un varco nel cuore del bambino. Ma il cinema, si sa, ama le figure retoriche folgoranti. Finito il numero, le due gemelle commentano qualcosa tra loro in tedesco. Dino chiede al figlio la traduzione. Il piccolo, con la calma spietata dell’infanzia, risponde: «Hanno detto che non ti conoscono e che sei il solito pappagallo italiano». È un colpo di grazia poetico. Le Kessler diventano così lo specchio di un’Italia che aspira al luccichio dell’occidente ma non ha ancora imparato a stare davvero allo specchio. E la loro lingua madre, improvvisa, è come un bisturi che taglia l’illusione del protagonista. Una presenza di pochi secondi che cambia il senso della scena.. Alberto Sordi, un dentone irresistibile e un duetto che profuma di varietà Un anno dopo, le Kessler ricompaiono nel nostro cinema. Questa volta accanto a un altro gigante: Alberto Sordi, protagonista di Guglielmo il dentone, l’episodio più celebre del film a episodi I complessi. La scena è un piccolo capolavoro di leggerezza. Sordi, aspirante lettore del telegiornale, entra in ascensore negli studi della Rai e si ritrova faccia a faccia con le due gemelle. L’incredulità lascia il posto a un’educata eccitazione: scambia con loro sguardi, mezzi sorrisi, e poi – come solo Sordi sapeva fare – rompe il ghiaccio entrando in musical mode. Attacca a canticchiare Pollo e champagne, il loro primo 45 giri del 1961 , con quel suo tono da seduttore caricaturale: «Oh mon chéri, non vedo l’ora di tornare a Paris…» E la magia accade: le Kessler rispondono, lo seguono, armonizzano. Un ascensore che diventa palcoscenico, una scena che si fa varietà puro, televisione anni Sessanta condensata in cinquanta secondi. È l’Italia del boom, dove tutto è possibile: anche che Sordi, con i denti sporgenti e l’ironia in tasca, diventi l’uomo che canta con le due star più desiderate del momento. Alla fine della sequenza, quando Sordi le saluta sperando di rivederle, il film gli regala un colpo di scena tenero e molto italiano: diventato volto del telegiornale, le ritrova all’uscita degli studi. Le gemelle lo attendono, gli danno il programma della serata, e lo invitano a “cena, ballo e un wiskino a casa mia. Wunderbar!”. Quasi una fiaba pop. E sulle note di La notte è piccola – sigla del 1965, firmata Castellano & Pipolo con musica di Bruno Canfora – i tre si allontanano cantando, come se l’Italia fosse davvero un enorme palcoscenico dove tutto finisce con una canzone. Un anno dopo, le Kessler ricompaiono nel nostro cinema. Questa volta accanto a un altro gigante: Alberto Sordi, protagonista di Guglielmo il dentone, l’episodio più celebre del film a episodi I complessi. La scena è un piccolo capolavoro di leggerezza. Sordi, aspirante lettore del telegiornale, entra in ascensore negli studi della Rai e si ritrova faccia a faccia con le due gemelle. L’incredulità lascia il posto a un’educata eccitazione: scambia con loro sguardi, mezzi sorrisi, e poi – come solo Sordi sapeva fare – rompe il ghiaccio entrando in musical mode. Attacca a canticchiare Pollo e champagne, il loro primo 45 giri del 1961 , con quel suo tono da seduttore caricaturale: «Oh mon chéri, non vedo l’ora di tornare a Paris…» E la magia accade: le Kessler rispondono, lo seguono, armonizzano. Un ascensore che diventa palcoscenico, una scena che si fa varietà puro, televisione anni Sessanta condensata in cinquanta secondi. È l’Italia del boom, dove tutto è possibile: anche che Sordi, con i denti sporgenti e l’ironia in tasca, diventi l’uomo che canta con le due star più desiderate del momento. Alla fine della sequenza, quando Sordi le saluta sperando di rivederle, il film gli regala un colpo di scena tenero e molto italiano: diventato volto del telegiornale, le ritrova all’uscita degli studi. Le gemelle lo attendono, gli danno il programma della serata, e lo invitano a “cena, ballo e un wiskino a casa mia. Wunderbar!”. Quasi una fiaba pop. E sulle note di La notte è piccola – sigla del 1965, firmata Castellano & Pipolo con musica di Bruno Canfora – i tre si allontanano cantando, come se l’Italia fosse davvero un enorme palcoscenico dove tutto finisce con una canzone. Le Kesssler, due cameo, due epoche, un’eredità che resiste Rivedere oggi questi momenti significa ripercorrere il modo in cui le Kessler erano percepite nell’Italia del boom: non semplici showgirl, ma simboli di un’eleganza europea, di una femminilità disciplinata e giocosa, di una cultura pop che iniziava a respirare oltre i confini. In Il giovedì diventano lo specchio che smaschera un padre fragile. In Guglielmo il dentone sono le muse che illuminano un Paese in trasformazione. Piccoli ruoli, immense suggestioni. Oggi che Alice ed Ellen non ci sono più, quei frammenti di cinema tornano ad avere il valore di un saluto. E forse anche di una promessa: la memoria non si misura in minuti di scena, ma nella capacità di restare. E loro, così vicine e così identiche, resteranno a lungo.

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Paolo Nizza