Rebecca Miller: "In Mr. Scorsese ho intrecciato la vita e i film del maestro"

Dietro la macchina da presa di "Mr. Scorsese" c’è Rebecca Miller, regista, scrittrice, figlia del drammaturgo Arthur Miller e moglie di Daniel Day-Lewis. Una cineasta capace di sguardi poetici e profondamente umani che, con questo documentario in cinque capitoli disponibile su Apple TV+, costruisce un ritratto del maestro italoamericano capace di fondere cinema e vita, arte e memoria. "Volevo che i film fossero intrecciati alla sua esistenza — spiega — perché in Scorsese non c’è confine tra ciò che vive e ciò che filma". Un film che diventa cinque capitoli: la genesi di Mr. Scorsese "All’inizio pensavamo di fare un solo film — racconta Rebecca Miller — ma ho capito presto che non sarebbe bastato. Serviva più tempo". "Mr. Scorsese" nasce così, come un mosaico di capitoli, un’opera che cresce e si dilata fino a diventare un ritratto totale. "Mi rendevo conto della portata di ciò che ha realizzato e di quanto della sua storia personale mi stesse raccontando". Il risultato è un documentario che scorre come un romanzo visivo: il bambino che disegna le sue prime inquadrature, l’adolescente che respira cinema nelle sale di New York, il giovane regista che sfida la morale cattolica e i tabù hollywoodiani. Il documentario non mostra solo la violenza e il senso di colpa che hanno plasmato il suo cinema, ma anche l’ironia e la dolcezza. "Una delle cose che mi ha colpito di più — rivela Miller — è vederlo bambino, a nove o dieci anni, mentre disegna un’inquadratura che ancora oggi utilizza. Era già un artista formato, perché comprendeva il linguaggio del cinema". Scorsese, confinato dall’asma, trova nella sala buia la sua prima casa. E la sua malattia diventa la scintilla di un destino. Spielberg, De Palma e la furia di Scorsese contro lo studio C’è un episodio raccontato nel documentario che ha il sapore del mito. Steven Spielberg ricorda la telefonata concitata ricevuta in ufficio da Scorsese: "Steve, Steve, sono Martin… puoi venire a casa?". Brian De Palma, più diretto, riassume lo stato d’animo: "Voleva uccidere il capo dello studio". A chiudere il cerchio è lo stesso Scorsese, che confessa con un misto di ironia e rabbia: "Stavo per comprare una pistola". Poi spiega il vero piano, tutt’altro che criminale ma altrettanto incendiario: entrare negli uffici, trovare il rough cut di "Taxi Driver", mandare in frantumi le finestre e portarlo via. "Lo avrebbero distrutto lo stesso — dice — allora lasciate che lo distrugga io". È la scena che racconta meglio lo scontro eterno tra creatività e industria: quando il film è in gioco, il regista è pronto a tutto pur di salvare la sua visione. E poi tocca all’asma, che per Scorsese, non è solo una malattia ma una metafora del suo cinema: il respiro corto, l’urgenza di trovare ossigeno nella finzione. "Non poteva respirare senza aria condizionata — ricorda Miller — e così passava le giornate nei cinema. È una di quelle sfortune che diventano una benedizione". In quelle sale, con le immagini che scorrevano come visioni, Scorsese impara a guardare il mondo attraverso il montaggio, l’inquadratura, la musica. Da lì nascono "Taxi Driver", "Toro scatenato", "Quei bravi ragazzi", "The Irishman": film che parlano di colpa e redenzione, di uomini feriti, di padri spirituali e fantasmi urbani. La famiglia come specchio dell’uomo dietro il mito Oltre a Robert De Niro e Leonardo DiCaprio, nel documentario trovano spazio le voci dei familiari e degli amici d’infanzia, che restituiscono l’uomo dietro l’icona. "Sono stata molto toccata da come parlavano di lui — racconta Miller — non volevo un elenco di traguardi, ma la sensazione di conoscere davvero la persona. Desideravo che chi guarda "Mr. Scorsese", uscendo dal cinema o spegnendo la TV, provasse quell’intimità". È un ritratto pieno di affetto, ma anche di verità: lo Scorsese fragile, nevrotico, ironico, quello che sa ridere della propria ossessione. La regista aveva già affrontato la figura paterna nel documentario dedicato ad Arthur Miller, suo padre. "Fu un’esperienza particolare: conoscevo bene mio padre, ma ho dovuto raccontarlo prima di conoscerlo davvero. Con Scorsese ho adottato un approccio simile: analizzare le opere ma anche indagare l’uomo, il marito, il padre, l’essere umano". In fondo, spiega, "non si può separare l’artista dalla persona: sono cuciti insieme". Un ritratto viscerale: l’artista e l’uomo intrecciati per sempre La musica, nel documentario, è il filo invisibile che unisce le epoche. "Michael Rohatyn ha composto brani fondamentali per le transizioni tra i capitoli", spiega Miller. Accanto a lui, la potenza del rock — dai Rolling Stones a The Band — riporta alla memoria le immagini dei film più iconici. "Volevo che il documentario parlasse allo stomaco, non solo alla testa". E in effetti "Mr. Scorsese" vibra come un lungo assolo jazz: sincopato, viscerale, pieno di improvvisazioni e pause improvvise. "Mr. Scorsese" su Apple TV+ è un film sull’identità e sul tempo. Un atto d’amore verso il cinema e verso la fragilità umana. "In fondo — conclude Miller — non puoi togliere l’uomo dall’artista né l’artista dall’uomo. Sono un tutt’uno". Tra testimonianze intime, canzoni rock, disegni infantili e confessioni di famiglia, "Mr. Scorsese" costruisce un ritratto che è allo stesso tempo monumentale e vulnerabile. Rebecca Miller ne fa un film sull’urgenza di creare e sulla paura di perdere il controllo. E come Travis Bickle davanti allo specchio in "Taxi Driver", Scorsese sembra rivolgersi ancora al suo pubblico con la domanda che non smette di riecheggiare: "You talkin’ to me?". Se "Mr. Scorsese" fosse un cocktail Sarebbe un Manhattan peccatore, nato tra Little Italy e il Village, servito in un bicchiere con la pellicola che si riflette sul bordo. Rye whiskey come sangue italoamericano, vermouth dolce per la memoria e un goccio di angostura come il senso di colpa cattolico. La ciliegina al maraschino? La fede nel cinema, che non smette mai di sanguinare eleganza e disperazione. Rebecca Miller lo agita come un film di Scorsese: ritmo jazz, visioni febbrili e una dolcezza che arriva solo dopo la scossa. È un cocktail da bere lentamente, con le luci basse e la colonna sonora dei Rolling Stones in sottofondo — il sapore dell’America vista da chi non ha mai smesso di sentirsi un ragazzo del quartiere.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Rebecca Miller: "In Mr. Scorsese ho intrecciato la vita e i film del maestro"

Paolo Nizza