Angelina Jolie alla Festa del Cinema: “Il mondo ignora i diritti umani, serve cambiamento"

Cinema

L’attrice e attivista al red carpet romano per “Couture”: denuncia l’inerzia sui diritti umani e racconta la sua battaglia contro il cancro, che l’ha ispirata nel ruolo

Angelina Jolie è tornata a Roma per presentare “Couture”, il nuovo film della regista francese Alice Winocour, alla Festa del Cinema. Sul red carpet, l’attrice e attivista ha colto l’occasione per lanciare un messaggio forte e diretto: “Ho visitato i rifugiati palestinesi per molti, molti anni. Vivono in quelle condizioni da decenni, e onestamente penso che sia arrivato il momento di mettere davvero in discussione il sistema internazionale, le leggi internazionali, e di capire cosa stia impedendo al mondo di aiutare le persone più bisognose: dal Sudan all’Afghanistan, fino a Gaza” (LO SPECIALE).

“Sappiamo cosa sono i diritti umani, ma non li applichiamo”

Jolie, ambasciatrice delle Nazioni Unite, ha sottolineato come la consapevolezza globale sulle sofferenze umane sia aumentata, ma senza tradursi in azioni concrete: “Parliamo di questi temi da moltissimi anni, siamo tutti più consapevoli che mai della sofferenza delle persone a livello globale. Sappiamo cosa dovrebbero essere i diritti umani e le pratiche fondamentali: la protezione dei bambini, degli ospedali, il diritto al cibo e il divieto di usarlo come arma. Tutto questo lo conosciamo bene. Eppure non vediamo che ciò che abbiamo detto e stabilito venga davvero applicato per proteggere le persone”. Poi ha aggiunto, con tono critico verso la politica internazionale: “Non vediamo un cambiamento reale sul campo. Dobbiamo quindi chiederci quanto siano inetti i sistemi internazionali e cosa possiamo fare, come cittadini del mondo, per cambiare le cose”.

“Couture” e la forza di rinascere dopo la malattia

Parlando del film che l’ha riportata sul grande schermo, Jolie ha raccontato di essersi riconosciuta nel personaggio che interpreta: “Penso di essere simile al mio personaggio in alcuni aspetti, soprattutto per ciò che ho vissuto riguardo alla salute delle donne e al cancro. È una regista, una madre, ma non l’ho interpretata solo perché mi identificavo con lei. L’ho fatto pensando a tutte le persone, uomini e donne, che hanno affrontato malattie o tumori e hanno sentito che quella fosse la fine della loro vita o della loro identità”. Il film, ha spiegato, “parla della vita che continua, del modo in cui continuiamo a lavorare, vivere, amare, sentirci completi anche nella nostra dimensione sessuale nonostante tutto quello che attraversiamo con i nostri corpi. Lo trovo bellissimo e molto importante”. Alla domanda se preferisca recitare o dirigere, ha risposto con un sorriso: “Non credo di sentirmi meglio a recitare, preferisco quando dirigo. Amo dirigere. È ciò che mi fa stare davvero bene”.

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