Claudia Cardinale, addio all’attrice unica e irripetibile che ha reso immortale il cinema

Claudia Cardinale se n’è andata il 23 settembre 2025, a Nemours, in Francia. Nata a Tunisi il 15 aprile 1938, con il nome di Claude Joséphine Rose Cardinale, è stata non solo una delle più grandi attrici italiane, ma una figura che ha incarnato la metamorfosi stessa del nostro cinema: dal bianco e nero della commedia all’italiana ai colori solenni del kolossal, dall’intensità drammatica dei maestri europei alla leggerezza delle avventure hollywoodiane. Unica, irripetibile, inconfondibile: “Una bellezza solare e notturna, delicata e incisiva, enigmatica e inquietante”, come la definì la critica. Con lei, il cinema italiano trovò un nuovo volto femminile: non più la musa distante o la diva da piedistallo, ma una donna emancipata, volitiva, che aspirava a libertà e indipendenza. Le radici di un mito Cardinale nasce e cresce in Tunisia, in una famiglia di origine siciliana. Le prime lingue che impara sono il francese e il dialetto dei genitori; l’italiano arriverà più tardi, come una conquista, quasi un atto d’amore verso il cinema che l’aveva scelta. Il suo ingresso nel mondo del cinema è segnato dal caso, o dal destino: un concorso che la proclama “la più bella italiana di Tunisia”. Da lì, la strada verso Roma, il contratto con Franco Cristaldi, il debutto con Monicelli in I soliti ignoti e l’inizio di un percorso che diventa presto leggenda. Già in quel film, il terzo della sua luminosa carriera, bastarono poche battute nel ruolo di Carmelina Nicosia, sorella di “Ferribotte” e sogno d’amore del ladro Mario , per far intuire che non sarebbe stata una comparsa di passaggio ma un volto destinato a restare. Fellini, Mastroianni e la ragazza della fonte In 8½ Cardinale compare per la prima volta in una saletta di proiezione, avvolta dalla luce tremolante del proiettore e da un boa nero. La sua prima battuta, rivolta a Marcello Mastroianni, è un semplice “E come stai?”, ma pronunciata con un sorriso che incanta. È il cinema stesso che prende corpo. Segue il dialogo indimenticabile tra Guido e Claudia: l’uomo che non sa scegliere, che vuole arraffare tutto, che non sa voler bene; la donna che lo guarda e, con dolce fermezza, gli mostra la verità. Lei non è solo un personaggio, ma una rivelazione: “È bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, solare”. E infine, quel primo piano illuminato dai fari di un’auto spider, prima che il carosello finale di Nino Rota sciolga tutto in una confusione gioiosa. Perché alla fine siamo noi quel caos, e Claudia Cardinale ci ha tenuto per mano fino all’ultimo, accompagnandoci alla salvezza. Tra Cinecittà e Hollywood La sua carriera attraversa generi e continenti. Con Blake Edwards brilla in La Pantera Rosa, con John Wayne cavalca l’epopea del western classico, con Sean Connery vive la stagione dorata del cinema internazionale. In Italia, però, firma la sua pagina più indimenticabile: C’era una volta il West di Sergio Leone. Jill McBain diventa un’icona assoluta, l’unica vera protagonista femminile del regista romano. “Con Sergio mi sono sentita sempre perfetta. Mi ha regalato un personaggio magnifico”. Anche nei film più piccoli o meno riusciti, come Il comune senso del pudore, dove interpreta la moglie insoddisfatta e curiosa di un pretore, la Cardinale riusciva a lasciare il segno. Una voce, una forza, un’eredità Quella voce roca, inconfondibile, inizialmente percepita come difetto e poi trasformata in sigillo di autenticità, è diventata parte integrante del suo mito. Cardinale non interpretava i personaggi, li abitava: con loro condivideva le fragilità, le ambizioni, le contraddizioni. Ma oltre al cinema, la sua vita fu anche una battaglia per l’indipendenza. Cresciuta sotto l’ombra di contratti “all’americana”, controllata da produttori e manager, trovò libertà e vitalità accanto a Pasquale Squitieri. “Da diva, mi sono scoperta donna” dirà. La disciplina e l’incanto del Gattopardo “Luchino era il maestro assoluto sul set, l’ultimo principe del cinema” ricordava Cardinale. Girare con Visconti significava entrare in un tempio: “Si poteva venire solo con il permesso, altrimenti nulla da fare. Lì dentro, Visconti era davvero un dio”. Sul set de Il Gattopardo la Cardinale, splendida Angelica, vive la sacralità di un film che è diventato Storia. Con Alain Delon c’era un’amicizia profonda, ma anche tensioni: “Si amavano e si odiavano, con Luchino litigavano di continuo. Per Alain fu difficile, per me no: con me non fu mai cattivo”. E poi Burt Lancaster, il Principe di Salina. All’inizio intimidiva l’attrice, ma presto nacque un legame: “Mi prese per mano, mi condusse nel suo appartamento e mi trattenne a bere champagne. Mi ero convinta di non essere all’altezza, invece nacque una complicità straordinaria”. Il lavoro era durissimo: costumi pesantissimi, giornate infinite, trucco e pettinature che richiedevano ore. “Avevo una vitalità incredibile, non mi slacciavo mai il busto neanche per un attimo. Luchino studiava ogni dettaglio, dai sali profumati nella borsetta ai lacci delle scarpe”. La donna più forte della diva “Ho sempre considerato la donna molto più forte dell’uomo, perché la donna dà la vita”, diceva. Cardinale è stata premiata con cinque David di Donatello, cinque Nastri d’argento, tre Globi d’oro e riconoscimenti internazionali come il Leone d’Oro e l’Orso d’Oro alla carriera. Ma ciò che resta non si misura con i premi: resta un sorriso che conteneva malinconia e fierezza mediterranea, uno sguardo che univa il mito e la verità. “Vivi non come se fosse l’ultimo giorno della tua vita, ma il primo”. Ed è così che la ricorderemo: come un inizio che non si spegne mai. Le interpretazioni più belle di Claudia Cardinale I soliti ignoti – l’esordio che la impose al pubblico. Un maledetto imbroglio – la scoperta del mestiere di attrice. La ragazza con la valigia – struggente e autobiografica. Il Gattopardo – Angelica, la bellezza che danza nella Storia. 8½ – la ragazza della fonte che salva Guido. C’era una volta il West – Jill McBain, l’archetipo femminile del western. Il giorno della civetta – simbolo di coraggio civile. Claretta – la maturità drammatica premiata a Venezia. La scena-simbolo: l’incontro con Mastroianni in 8½ “Con Federico mi sentivo sempre al centro dei suoi pensieri”, ricordava Cardinale. In 8½ Fellini le chiese di usare la sua vera voce: “Mi aveva messo addosso un atteggiamento, una tecnica che mi rendevano la donna misteriosa che desiderava”. Sul set con Marcello Mastroianni, provavano all’infinito. “Dopo dieci volte, Marcello non ne poteva più e sbottò. Fellini però mi guardava e diceva: ‘Claudina, tu sei perfetta così’”. Quella scena non è solo cinema: è la prova che Claudia Cardinale poteva incarnare insieme sogno e verità. Claudia Cardinale, un sorriso che appartiene all’eternità Claudia Cardinale non è stata soltanto un volto o una voce del cinema: è stata la dimostrazione che un’attrice può attraversare le epoche senza mai smarrire la propria verità. Ha saputo essere ragazza e regina, contadina e dea, amante e giudice, incarnando ogni volta un frammento di vita universale. E come in 8½, quando appare avvolta dalla luce del proiettore per dire un semplice “E come stai?”, Claudia continua a guardarci con quel sorriso che sa di promessa e di destino. Il cinema italiano e mondiale le devono una parte della loro anima. Noi spettatori, invece, dobbiamo a lei la certezza che l’arte, quando è autentica, resta per sempre.

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Paolo Nizza