Lo Squalo, i 50 anni di un mito immortale

L’1, il 2 e il 3 settembre Adler Entertainment riporterà al cinema, in occasione dei suoi cinquant’anni, “Lo Squalo” di Steven Spielberg. È interessante, oggi, provare a riflettere su questo film, soprattutto alla luce del modo in cui ha influenzato – direttamente o indirettamente – la settima arte di tutto il mondo. “Lo Squalo” nasce dal libro di Peter Benchley. Eppure riesce, per tanti motivi, a essere una cosa completamente differente. Perché trova la sua strada, il suo linguaggio; perché la storia, nel caso del film, si concentra solo su determinati elementi e aspetti. E poi, ovviamente, per la visione di Spielberg. Una produzione complicata “Lo Squalo” fu un film difficile fin dal primo giorno. L’idea di girarlo in mare aperto era estremamente rischiosa. Però rappresentava anche un’occasione per sperimentare. “Lo Squalo” ha dato i natali ai moderni blockbuster estivi, ed è stato una delle grandi prove – probabilmente la più difficile e importante – della carriera di Spielberg. I riferimenti al cinema di Alfred Hitchcock sono ovunque, e lo stesso Spielberg, più di una volta, non ha negato di aver provato a seguire le lezioni del regista inglese in fatto di tensione e costruzione del racconto. “Lo Squalo” si affida ai silenzi, ai lunghi momenti di sospensione, ai primi piani e a queste zoomate all’indietro. Un mostro che si vede poco Spielberg è stato costretto a rivedere i suoi piani quando gli squali meccanici che erano stati costruiti per il film hanno cominciato a non funzionare bene. A quel punto, è diventato fondamentale mostrarli il meno possibile. E così Spielberg si è concentrato su altro, ha giocato con la linea dell’orizzonte ; ha seguito i bagnanti, le loro gambe, ha cercato la tensione nella schiuma del mare e nelle reazioni dei singoli personaggi. Lo squalo, inteso come strumento narrativo, è stato sostituito da inquadrature che fissano le persone dal basso, risalendo dalle profondità del mare, e dalla colonna sonora – straordinaria – composta da John Williams Responsabilità, incubi e attacchi di panico In “Jaws @ 50”, documentario diretto da Laurent Bouzereau e disponibile in streaming su Disney+, vengono raccontati tantissimi aneddoti legati al film di Spielberg, a cominciare dalla prima volta in cui il regista ha letto l’adattamento del libro di Benchley e se ne è subito innamorato. Spielberg temeva di essere visto solo come “il regista dei camion e degli squali” . Ma alla fine si decise comunque a provarci. E per molti anni è stato perseguitato da incubi e da attacchi di panico, proprio per il peso delle responsabilità di cui, specialmente dopo l’aumento del budget e i continui ritardi nel piano di riprese, si fece carico. Un successo straordinario “Lo Squalo” fu un successo incredibile. Solo “Star Wars”, due anni dopo, nel 1977, riuscì a superare i suoi incassi. Prima dell’uscita del film, Spielberg era convinto che nessun altro gli avrebbe offerto una possibilità del genere. Le lezioni de “Lo Squalo” però non si fermano al cinema. Vanno oltre, anche nel marketing. Il modo in cui venne comunicato al pubblico non solo incrementò il numero di spettatori, ma fu addirittura in grado di alimentare e di sostenere il passaparola. “Lo Squalo” era una vera e propria esperienza. Che andava vista sul grande schermo, che invitava alla discussione e che non si limitava a essere un film di genere, ma che, al contrario, si appropriava del genere per poter parlare di altro. Di solitudine, di ricordi, di sfide. Anche di guerra. Dell’esperienza dei veterani. Le persone oltre il mostro Quando lo squalo scompare, quando la sua presenza si allontana e per un po’ regna la pace, restano le persone. E quello che si dicono e che si confessano; il modo in cui interagiscono tra di loro, l’intimità che raggiungono o che cercano. “Lo Squalo” è uno dei grandi capolavori della settima arte ed è il coronamento del talento di un regista come Steven Spielberg. È la quintessenza di un certo cinema che vuole intrattenere ed essere spettacolare, che punta tutto sui personaggi, sugli attori, e che allo stesso tempo non si dimentica del pubblico e del suo punto di vista. Poterlo rivedere al cinema, oggi, rappresenta un’occasione. Soprattutto per quegli spettatori che, nati dopo rispetto all’uscita in sala del film di Spielberg, hanno potuto recuperarlo solo in home video o in televisione. “Lo Squalo” è un film pensato e girato per il grande schermo.

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Lo Squalo, i 50 anni di un mito immortale

Gianmaria Tammaro